I lavoratori a basso reddito sono il 10,7% degli occupati dipendenti, e guadagnano meno di 8,9 euro l’ora. Lo comunica Istat, che ha pubblicato il 20 gennaio i dati sulle retribuzioni in Italia nel 2022; si tratta di un’indagine ricorrente, armonizzata con il resto dei Paesi europei e che si basa su rilevazioni dirette e archivi amministrativi. Va detto che l’indagine riguarda le imprese da unità economiche pubbliche e private da 10 addetti in su, magari nelle imprese sotto quella dimensione va diversamente…
Nel 2022 la retribuzione lorda annua per dipendente, ricondotta ad anno intero e al tempo pieno, è pari in media a 37.302 euro, tutto compreso: la remunerazione in denaro e in natura ricevuta direttamente e regolarmente, incluse le trattenute fiscali e previdenziali (non netti eh…). In termini di media orari fanno 16 euro e 40 centesimi, sempre in media.
Con in testa questo risultato, vediamo dove stanno le disparità distributive (chi piglia di più e chi di meno), e cerchiamo di capire se sono accettabili o meno.
La prima, non giustificata, è che le donne guadagnano di meno, circa il 5,6% in media, ma se guardiamo i settori i divari sono molto più alti, ad esempio il 14% nei servizi di mercato.
La seconda disparità è fra pubblico e privato: nelle unità economiche a controllo pubblico prevalente la retribuzione lorda annua è pari a 39.670 euro e in quelle a controllo privato prevalente è di 36.034 euro. Accettabile o no? Ognuno giudichi, ma speriamo che ci si ricordi di questo dato alla prossima lamentela sul pubblico impiego.
La terza disparità è fra titoli di studio: titoli alti stipendi alti, titoli bassi stipendi bassi. Accettabile. Certe professioni richiedono maggiore preparazione e pagano mediamente meglio, i dati lo confermano. Certo, molta esperienza e risultati eccellenti colmano la mancanza di un titolo di studio, ma in pochi casi. Quindi, se vuoi guadagnare di più, studia!
Quarta disparità: i giovani sotto i 30 anni guadagnano il 36,4% in meno rispetto agli over 50 (38,5% tra gli uomini, 33,3% tra le donne). Parzialmente accettabile, l’esperienza conta, ma bisogna capire che forse una disparità così alta fa scappare la gente all’estero, oppure fa spostare i giovani dal sud al nord-ovest dove, ad esempio, un dirigente guadagna in media 144 mila euro contro i 78 mila che guadagnerebbe al sud.
Quinta disparità: i lavoratori con contratto a tempo determinato percepiscono il 24,6% in meno di chi ha un contratto a tempo indeterminato. Inaccettabile, dovrebbe essere il contrario, chi lavora a tempo determinato si assume più rischi e dovrebbe essere compensato meglio. Però il tempo indeterminato è spesso il risultato di una contrattazione individuale, dove la forza del lavoratore incide su salari e termini, oppure del risultato di un concorso pubblico che la legge e la prassi hanno reso immutabile nel tempo.
Sesta disparità: chi prende di più e chi di meno. Tra i lavoratori dipendenti, il 10% che guadagna di meno al massimo prende 8,8 euro l’ora, il 10% che guadagna di più prende 26,6 euro od oltre. Il rapporto fra le due cifre è maggiore di tre volte tanto, e testimonia che chi guadagna poco sta a livelli troppo bassi. Inaccettabile.
Settima disparità: settoriale. In alcuni settori si guadagna molto, in altri molto poco, e tutto dipende dal valore aggiunto pro capite, ovvero se c’è ricchezza o meno da dividersi. Non sempre accettabile, ma almeno comprensibile.
L’ottava disparità (la + uno) è quella territoriale. La metto come più uno perché dipende dalla dislocazione geografica dei settori e delle altre disparità di cui sopra.
Insomma i problemi salariali, come noto, ci sono. Se non si farà nulla al proposito non accadrà nulla, detassare non basta. Se spingi sullo sviluppo dei settori a basso valore aggiunto, cresce l’occupazione e non il salario. Il salario in Italia al momento non è agganciato alla crescita del valore aggiunto: non è agganciato a niente, non cresce! Tutto quello che finora s’è fatto, compresa la contrattazione, ci hanno portato alle disparità che abbiamo elencato. Agende politiche diverse hanno opinioni diverse rispetto a cosa è accettabile o meno. Io ho detto le mie, ognuno si faccia un’idea propria e ne tenga conto nelle proprie scelte individuali e in quelle collettive. Buon lavoro! (per chi ne ha uno).
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