Patti Smith e il lievito madre nell’arte di Sandra Knecht

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Sandra Knecht davanti alla Casa Caminada. La sua attuale mostra “Home Is A Foreign Place” è visitabile dal 10 gennaio al 27 aprile presso la fondazione Kulturstiftung H. Geiger nella città di Basilea.


Www.tinasturzenegger.com

L’opera dell’artista svizzera Sandra Knecht si ispira alla convivenza con gli animali, alla cucina e ai diversi sapori della natura.

Nel villaggio di Buus, nelle campagne della Svizzera nord-occidentale, le galline chiocciano nel freddo invernale, le pecore belano e i cani abbaiano. E nel mezzo di questo idillio rurale, una bandiera LGBTQ sventola da un balcone.

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Questa è la casa in cui Sandra Knecht e la sua compagna vivono con i loro tre cani Lupina, Gazul e Almaz. È il punto di partenza da cui l’artista interroga il tema della “Heimat”, dell’appartenenza a un luogo, in primo luogo attraverso la cucina e la fotografia, ma anche con installazioni, sculture e suoni.

È un progetto a lungo termine. “Voglio scoprire che cosa mi dà sicurezza e che cosa evoca il sentimento di sentirsi a casa, indipendentemente dal luogo in cui vivo e da quello in cui sono cresciuta”, afferma l’artista.

Foto prato e casa

Nel 2024, nell’ambito della mostra Social Club di Basilea, durante Art Basel, Knecht ha allestito un alveare di oltre 100 anni, in cui erano ospitate due colonie di api. L’installazione fa parte della sua ricerca a lungo termine “My Land is Your Land” (La mia terra è la tua terra).


Kulturstiftung Basel H.geiger / Kbh.g

Nel centro di Basilea, la mostra di Sandra Knecht “Home Is a Foreign Place” (La casa è un luogo straniero) presenta l’arte nata tra cani e galline. E permette al pubblico di gustare la cucina dell’artista.

Con una formazione in pedagogia sociale, Knecht ha conquistato attraverso la cucina prima la scena artistica svizzera e poi quella internazionale.

Inviti a Londra, Barcellona e alla Biennale di Venezia

È diventata famosa nel 2016 nel locale temporaneo “Chnächt” a Basilea, dove serviva cinque portate e una grappa al motto di “Immer wieder sonntags” (sempre di nuovo la domenica). Ogni serata era dedicata a un animale, un vegetale o un metodo di preparazione.

Ha cucinato salsicce confezionate con animali morti in incidenti stradali, ha preparato mucche intere “dal naso alla coda” e ha sperimentato ricette dimenticate. E ha colpito nel segno, in un’epoca in cui gli abitanti delle città sono alla ricerca dell’originale, del genuino e del sostenibile.

Gli esperimenti culinari hanno attirato l’attenzione di curatori locali e internazionali come Samuel Leuenberger e Koyo Kouoh, e presto sono arrivati gli inviti alla Biennale di Venezia, al Kunsthaus di Zurigo, al Kunsthaus di Basilea Campagna, alla Fundació Joan Miró di Barcellona e alla Serpentine Gallery di Londra. Ha esposto al “Social Club” durante Art Basel e ha viaggiato a Berlino e in Messico.

Nonostante le sue attività internazionali, Knecht rimane saldamente ancorata alla sua vita quotidiana a Buus. “Sono una persona sedentaria”, dice mentre prepara una tisana con le erbe dei prati circostanti.

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Sandra knecht con due montoni

Sandra Knecht, dalla monografia “Babel”, 2021. Questa fotografia fa anche parte del progetto a lungo termine “My Land is Your Land”.


Tina Sturzenegger

La sua vita è caratterizzata dagli animali: cani, capre, galline, una coppia di tacchini e il gregge di pecore della sua compagna. Qui, in armonia con gli animali, le piante e le stagioni, crea opere che sono più di semplici prodotti estetici: sono il riflesso del suo dialogo personale con il mondo.

Lo studio al piano superiore si presenta come un gabinetto di curiosità: teschi di animali, bambole voodoo, serpenti in formaldeide e una slitta di legno attorniata da vespe sono posati accanto alle fotografie delle sue capre.

“Il mio modello è la vespa”, dice Knecht. “Conquista un luogo senza essere utile a noi umani”. La bizzarra struttura formata dalle vespe, che avviluppa la slitta, diventa una metafora dell’arte di Knecht: un atto di conquista silenzioso e persistente.

Il tronco del suo albero preferito, artefatto della transitorietà

La vita quotidiana di Knecht a Buus è il suo materiale artistico. Per l’attuale mostra “Home Is a Foreign Place”, trasforma il suo universo personale in un’opera d’arte complessiva: un alveare, parzialmente smontato, è installato nello spazio espositivo. Simboleggia un rifugio, ma allo stesso tempo, ridotto in frammenti, mostra la sua fragilità. Il tronco del pero preferito dall’artista è adagiato sul pavimento, ricoperto da una sottile pelle di bronzo. È stato abbattuto da una tempesta. Sembra un artefatto della transitorietà, tematizza contemporaneamente la stabilità e la perdita. Le fotografie della vita rurale di Knecht sono esposte in cornici di legno che la sua partner ha ricavato da un unico tronco.

Nella mostra attuale Knecht presenta anche un progetto fotografico sviluppato insieme al fotografo Lukas Wassmann e ad abitanti di Buus. La sua musica preferita, dal punk hardcore a Joan Baez, può essere ascoltata su LP. Il pubblico entra di fatto nella casa di Knecht.

Una selezione di fotografie dal progetto “Home is a foreign place” in collaborazione con Lukas Wassmann. A tutti i protagonisti e a tutte le protagoniste ritratte è stato chiesto: “Cosa significa casa per te?” :

Il catalogo della mostra dà un’idea del suo metodo di lavoro. Il libro combina testi sui concetti di “casa” e “binarietà” con fotografie degli animali di Knecht. Chi legge è immerso in una rete rizomatica di osservazioni, esperienze e associazioni.

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Il desiderio primordiale di vivere insieme agli animali

Un primo autoritratto mostra l’artista, oggi 56enne, all’età di 26 anni, già allora con una gallina in grembo e un cane sullo sfondo. All’epoca viveva in Francia con la sua compagna, una contadina, e fotografava la fattoria con le sue centinaia di animali.

A quel periodo risale una doppia esposizione onirica di un bosco dove gli agricoltori deponevano le pecore morte. Per Knecht si tratta di un’eco del “paradiso dei cani” evocato da Ernst Kreidolf nel libro per bambini “Fest der Hunde” (festa dei cani), un libro che l’artista apprezza particolarmente.

Le fotografie di Knecht sono documentarie e allo stesso tempo profondamente personali: crude, non abbellite e intime. Ricordano le opere di Nan Goldin – un linguaggio visivo che mostra la stretta coesistenza con gli animali e risveglia nel pubblico urbano desideri primordiali. Da anni Knecht pubblica queste immagini su Facebook.

Figura di fantasia con gallo

“Tschinn”, uno dei personaggi di fantasia di Knecht.


Sandra Knecht

Ci sono anche fotografie dei suoi “Tschinns” – figure fantastiche a grandezza naturale che simboleggiano demoni interiori o ricordi e sono connesse a immagini di rituali di danza indigena in Messico, i cui colori hanno una sorprendente somiglianza con Kurt, il tacchino policromo di Knecht.

“Chiamatemi ritrattista”, dice l’artista a proposito del suo lavoro. “Ritrattista di condizioni, di animali, di luoghi’. La sua biografia è eclettica quanto la sua arte. Knecht ha trascorso l’infanzia nell’Oberland zurighese. La sua famiglia seguiva una dieta macrobiotica, a 13 anni lei aiutava il macellaio del villaggio. Durante le vacanze ha imparato a cucinare dalle mogli dei contadini di una valle del canton Uri.

Als Gassenarbeiterin und DJ in der Stadt

Ma è sempre attratta dalla città. Ha fatto la DJ alle feste techno e ha lavorato come assistente sociale a Zurigo per 20 anni, prima come operatrice di strada per le prostitute tossicodipendenti durante l’epoca del Platzspitz, la scena aperta della droga, e poi come consulente per i giovani provenienti da contesti migratori. Si è occupata anche delle loro madri, che soffrivano per aver lasciato la patria. Cucinando insieme si creavano ponti e i sapori aprivano l’anima.

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Quando Knecht ha abbandonato il lavoro sociale, i sapori sono diventati il suo strumento artistico. Nel 2011, all’età di 43 anni, ha iniziato a studiare arte e ha conseguito un master. A quel punto è iniziata la sua seconda vita.

Casa, identità: questi termini sono oggi sono connotativi politicamente e molto controversi. Ma Knecht non ha mire politiche quando cucina, scrive e fotografa. Cerca la prossimità nell’estraneità e l’estraneità nella prossimità e lo fa per sé stessa.

Il suo approccio radicalmente soggettivo lascia spazio alle domande: ciò che è familiare è davvero così diverso da ciò che è estraneo? Gli animali sono forse più simili agli esseri umani di quanto pensiamo?

Per Knecht, il luogo di appartenenza, la “Heimat”, è un sentimento fluido che deve essere costantemente rinegoziato. Heimat è il luogo a cui sente di appartenere, che sia a Buus o in Messico. Durante la sua residenza a Casa Wabi nello stato di Oaxaca nella primavera del 2024 ha osservato rituali e processioni, ha cucinato con gli indigeni sul fuoco e ha cavalcato con i gauchos sulle montagne.

Tutto questo ha risvegliato in lei il sentimento di appartenenza. “La mia casa è sapore, è cucinare, è accendere un fuoco, è stare in una stalla. È una casa interiore”.

Donna cuoce cibi su una grande griglia

Knecht cucina nel “Chnächt” del porto di Basilea.


Sandra Knecht

I piatti che incarnano Georgia O’Keeffe, Kate Bush e Billie Holiday

Anche l’arte, la musica e la letteratura sono essenziali per il suo senso di appartenenza. Ispirandosi all’installazione “The Dinner Party” di Judy Chicago, un’opera pionieristica dell’arte femminista degli anni Settanta, Knecht ha selezionato 32 artiste che l’hanno influenzata o da cui si è sentita sfidata. Ha assegnato a ciascuna di loro un sapore, da cui sono emersi piatti unici: Georgia O’Keeffe è sinonimo di midollo osseo grigliato e brodo di ossa, Kate Bush di sorbetto alla cola e cioccolato bianco, Diane Arbus di croccante di arachidi, Billie Holiday di limoni, champagne e arance amare, Patti Smith di pane a lievitazione naturale e burro alpino.

Knecht servirà i 32 piatti d’artista per sei giorni ad aprile. Invita le persone del suo villaggio, gli amici, le amiche e tutti coloro che hanno contribuito alla mostra a unirsi a lei per il banchetto. In questo modo, la sua arte si fonde con la vita e con i sapori più diversi per creare un’esperienza complessiva che riflette sia il suo mondo creativo sia l’essenza della sua terra.

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A cura di Benjamin von Wyl

Traduzione dal tedesco di Andrea Tognina



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