«Il Veneto è esplosivo per il centrodestra. A Venezia conflitto d’interessi sublimato»

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Marco Travaglio, direttore del “Fatto Quotidiano”, giornalista, saggista e volto televisivo, sarà al Teatro Goldoni martedì 28 gennaio, alle 21, con il suo recital “I migliori danni della nostra vita”. Da Venezia alla politica nazionale, ha risposto alle nostre domande. 

Cosa dobbiamo aspettarci dallo spettacolo?

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È il racconto della politica degli ultimi cinque anni, con un excursus anche su ciò che è successo prima. Forse i meno stupiti di ciò che succede in Europa siamo noi italiani: con le elezioni europee la gente aveva votato per un cambiamento radicale e si è trovata con la stessa presidente, con la stessa maggioranza allargata alle destre che dovevano cambiare l’Europa, e che invece fanno quella politica che era stata bocciata alle elezioni: più soldi per le armi, meno per il welfare e per la transizione ecologica. In Francia Macron perde ma manda al governo rappresentanti di partiti che non hanno voti. In Romania siamo al parossismo, all’annullamento delle elezioni. In Georgia vince il partito anti-Europa e l’Europa minaccia sanzioni al popolo: sosteniamo una golpista che fa esattamente ciò che ha fatto Trump nel 2021.

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E in Italia?

Siamo una cavia della post democrazia in Occidente, l’abbiamo inaugurata stabilmendo il principio che finché gli elettori votano “bene” è tutto ok, se invece deviano dalle aspettative dell’establishment ci sono strumenti per neutralizzare il loro voto. Abbiamo già vissuto tutto questo da Berlusconi in avanti, per paura dei grillini: fin dal 2013, quando per tenerli all’opposizione Napolitano si fece addirittura rieleggere contro ogni prassi, pensando di avere così neutralizzato i barbari. Hanno continuato a governare contro il loro popolo. Poi a un certo punto non era più possibile fare l’ammucchiata degli sconfitti ed ecco il governo Draghi (con il consenso di Grillo, tra l’altro, la sindrome di Stoccolma delle vittime). Di fatto è stato deciso che il nostro voto non vale niente. La Meloni il cambiamento lo ha abolito ancora prima delle elezioni: capita l’antifona, si è messa agli ordini delle tecnocrazie e degli Usa, e si è rimangiata tutto ciò che di ribelle era rimasto nella destra post fascista. L’ultima cosa che faccio è stupirmi che la gente non vada più a votare: sono anni che diciamo che il voto non conta.

Draghi, Meloni, Gentiloni, Renzi… insomma, sono stati tutti governi così terribili? 

Tutti hanno fatto danni ai cittadini e tradito le aspettative di cambiamento. Renzi si presentava come rottamatore, aveva praticamente lo stesso programma di Grillo. Però quando ha proposto Nicola Gratteri come ministro della Giustizia è intervenuto Napolitano che l’ha sostituito con Orlando. Lo stesso adesso con la Meloni, che la gente ha votato sperando fosse l’ultima possibilità di cambiare. Invece fa le stesse politiche di Draghi. Non c’è più voto popolare, rimane solo il voto controllato e di scambio. Le periferie sociali non votano, restano solo le Ztl che voteranno sempre per i partiti di governo e di potere. Che rivoluzione sarebbe se al sud andasse a votare il 70% degli elettori? Chi fa l’autonomia differenziata per affamare il sud, chi abolisce il reddito di cittadinanza, prenderebbe una batosta.

Qui in Veneto c’è un centrodestra forte ma diviso

È una partita interessante. Il candidato forte è Zaia che però non può. La Lega rischia di perdere il Veneto, dopo che i risultati elettorali hanno già premiato Fratelli d’Italia. In più c’è la partita dell’autonomia differenziata che interessa soprattutto a Zaia, meno a Salvini perché è la negazione dell’aspirazione di fare un partito nazionale, che è fallita. Possono succedere tante cose, anche per il governo nazionale. La Lega che perde il Veneto, che perde l’autonomia differenziata (che non so come faranno a riscrivere, dati i paletti della corte costituzionale), Salvini che sui temi non ne azzecca una, come ministro è pessimo e non porta a casa niente. Se viene a mancare la gamba leghista la maggioranza rischia di spappolarsi. Il Veneto politicamente è la mina principale che può far detonare la maggioranza all’interno.

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Venezia, dieci anni dopo il Mose, si trova al centro di una nuova inchiesta giudiziaria per corruzione

Anche lì da voi c’è una bella tradizione: dalle inchieste sul Mose, sul sindaco e su Galan, a quella su Brugnaro. Brugnaro è proprio la sublimazione del conflitto di interessi quasi obbligatorio, consustanziale alla democrazia. È speculare al caso Santanchè e al caso Crosetto. Se non hai conflitto di interessi non puoi fare politica, pare una legge ferrea. Vedremo come andrà l’inchiesta. Ma il sistema, la frustrazione per l’aspirazione al cambiamento e alla legalità hanno fatto sì che crollassero tutte le dighe. È passata l’idea che i conflitti di interesse sono un’opinione, come Trump con le big tech (ma anche Biden); per non parlare di quelli in Europa con le lobby che la fanno da padrone, come von der Leyen con i colossi farmaceutici. Brugnaro è un ras che incarna perfettamente tutto questo e la commistione tra affari personali e politica. Al di là dei reati (aspetteremo il processo), già un giudizio politico lo si può dare sulla base dei fatti, che mi paiono gravi.

L’ex assessore Boraso ha chiesto di patteggiare

Siamo andati avanti per anni a spacciare le prescrizioni per assoluzioni. Poi con il caso Toti (ex presindente della Liguria, ndr) un altro passo in avanti: un patteggiamento equivale all’assoluzione. Eppure concordi una pena definitiva, ma anche quella è diventata un’opinione. Dico che uno che patteggia lo fa perché è colpevole, mi rispondono che sto affermando questo perché ce l’ho con Toti. Ma lo direi di chiunque patteggia. Ora ignoriamo perfino le condanne anche definitive. Il presidente della Repubblica ha beatificato un ex condannato a 10 anni per finanziamento illecito (Bettino Craxi, ndr), che dopo avere guidato il paese si era sottratto latitante in Tunisia. Ha partecipato ai funerali di Berlusconi, condannato per frode allo stato. Quindi anche le sentenze definitive per reati gravi dopo un certo numero di anni vengono dimenticate. Che li facciamo ancora i processi? E perché un cittadino dovrebbe accettare di farsi processare, se questo è il valore della giustizia?

Il sindaco Brugnaro potrebbe non dimettersi anche in caso di rinvio a giudizio. Sarebbe stato lo stesso, qualche decennio fa?

Come dice Piercamillo Davigo, ai tempi di Mani Pulite quelli che rubavano si vergognavano e si dimettevano. Adesso non è cambiato molto, ma non si vergognano più. Trent’anni di berlusconismo hanno sdoganato l’illegalità e hanno consentito di vantarsene, predicando una giustizia per cittadini di serie A e B. I cittadini di serie A non sono soggetti alle leggi che approvano.

Cosa vuole dire ai veneziani che verranno al Teatro Goldoni martedì sera?

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Spero di incontrarli a teatro, spero che usciti da questa serata gli succeda quello che succede a tutti coloro che assistono al recital: che si divertano perché è tutto raccontato con toni satirici, non è una predica. Ci fa vedere le enormità che ci passano sotto gli occhi, le fa notare negli aspetti paradossali e ridicoli. Di solito ridono molto, ma allo stesso tempo capiscono delle cose che non avevano notato e collegano dei fatti che visti singolarmente non dicono niente, ma nel loro contesto hanno tutti una logica unitaria. Ci spiegano dove stiamo andando.



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