Non la scarica. Ma neanche la difende. Sull’opportunità di un passo indietro di Daniela Santanchè c’è «una riflessione», ammette Giorgia Meloni. E – è il messaggio – «non ho le idee chiare». La premier è appena scesa dal lunghissimo corteo di berline nere e suv che la scorta fino al porto islamico di Gedda, dov’è attraccato l’Amerigo Vespucci. E prima di percorrere la passerella del veliero (su cui domani salirà anche la ministra del Turismo, senza però che le agende saudite delle due si incrocino mai) si ferma sulla banchina a rispondere alle domande dei cronisti. Che, inevitabilmente, la incalzano sulla “Pitonessa”.
LE VALUTAZIONI
Sul cui possibile addio all’esecutivo per Meloni «c’è una valutazione che va fatta», e che «deve fare soprattutto il ministro Santanchè: la vedrò». In altre parole: bisogna capire quanto le vicende giudiziarie della ministra di FdI «possano impattare sul suo lavoro» nell’esecutivo. Ecco, quello su cui la premier in missione nella penisola non ha «le idee chiare». Il punto insomma non è tanto il fatto il processo in sé, sorte con cui del resto al governo hanno già dovuto fare i conti Andrea Delmastro (in attesa che il dibattimento cominci) e Matteo Salvini (assolto): «Non credo che un rinvio a giudizio sia un motivo di dimissioni», sottolinea Meloni. Di certo però non sarà «il cancan dell’opposizione» a far pendere la bilancia pro o contro la ministra: «Essere garantisti con la sinistra e giustizialisti con la destra anche no: non prendo lezioni da Giuseppe Conte e da Elly Schlein», attacca, citando esempi di esponenti di Pd e M5S condannati o arrestati. E poi «penso anche che il ministro stia lavorando ottimamente», aggiunge, smentendo le voci di «bracci di ferro» in corso e di «imbarazzi» che avrebbero portato a rivoluzionare l’agenda della missione saudita (modificata su richiesta dello staff di Bin Salman, hanno sempre ribadito da Chigi).
Oggi la premier avrà un bilaterale con il principe ereditario, con cui discuterà di Medio Oriente e firmerà accordi commerciali. Ma mentre dalle file renziane rimbalzano critiche sui giudizi espressi in passato da Meloni a proposito del governo saudita (e sui suoi rapporti con Renzi), a tenere banco per la leader a Gedda sono ancora le questioni nazionali. Dalla scarcerazione di Almasri, il dirigente della polizia giudiziaria libica su cui pendeva un mandato di arresto della Corte penale internazionale, fino alla protesta dei giudici, che ieri hanno abbandonato due diverse inaugurazioni dell’anno giudiziario: a Roma per non ascoltare Alfredo Mantovano, a Napoli per mandare un segnale al Guardasigilli Carlo Nordio, promotore del contestatissimo (dalle toghe) ddl sulla separazione delle carriere. E così all’Associazione nazionale magistrati che invoca il diritto a non «inchinarsi» ad altri poteri, la premier risponde con parole nette. Chiedendo, in sostanza, di non criticare a priori. «Mi rammarica – osserva – questo atteggiamento dell’Anm per cui qualsiasi riforma si provi a proporre in materia di giustizia viene letta come una specie di Apocalisse, una fine del mondo che bisogna rifiutare senza se e senza ma». Atteggiamento che – per quanto le proteste rappresentino una «legittima scelta» – finisce per «non giovare neanche ai magistrati», perché «anche tra le posizioni più distanti quando poi ci si siede a un tavolo e ci si confronta, dei punti di contatto si trovano». Ma è sul principio che la premier non ha intenzione di lasciar correre. «Non c’è un articolo, in quella Costituzione che viene ostentata, che dice che la giustizia non si può riformare», sbotta. «Sono i cittadini che si organizzano in partiti politici, che votano, e che attraverso i programmi di chi vince le elezioni quali debbano essere le scelte della politica», mette in chiaro, anche in tema di magistratura. «Quindi stiamo facendo qualcosa che è perfettamente adeguato a quello che c’è scritto nella Costituzione». Parole che innescano il botta e risposta, col sindacato delle toghe già sul piede di guerra (per il 27 febbraio i giudici hanno già indetto uno sciopero) che lamenta il mancato coinvolgimento sul disegno di legge per separare i percorsi di pm e giudici.
IL RIENTRO
Un nodo, quello della riforma, che attende Meloni a Roma, al rientro (domani sera) dalla tre giorni tra Arabia e Bahrein. Ma prima di tornare nell’albergo con vista sul Mar Rosso e di partire (questa mattina) alla volta della città storica di Al-Ula, per la premier c’è tempo per un saluto all’equipaggio del Vespucci, la nave scuola della Marina che domani raggiungerà il Villaggio Italia accanto alla Moschea galleggiante di Gedda. «L’Italia – chiude il suo intervento a bordo la premier – alla fine è come questa nave: se ognuno non fa la propria parte non si può navigare. E particolarmente non si può navigare quando il mare è tempestoso». Chissà se il messaggio verrà colto. Dai magistrati come, forse, da Santanchè.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link