Aumento della concentrazione di zolfo nei Campi Flegrei

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Negli ultimi anni, l’attività vulcanica dei Campi Flegrei è tornata al centro dell’attenzione scientifica e pubblica a causa di una serie di anomalie rilevate nel sistema vulcanico. Uno studio recente pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, intitolato “Escalation of caldera unrest indicated by increasing emission of isotopically light sulphur”, ha mostrato un aumento della concentrazione di zolfo nelle fumarole di questa vasta area vulcanica. Tale fenomeno, secondo gli scienziati, è attribuibile a un crescente contributo di gas magmatici, che fornisce nuove indicazioni sull’intensificazione della crisi bradisismica in corso.

Un complesso vulcanico

I Campi Flegrei, situati nell’area metropolitana di Napoli, rappresentano uno dei sistemi vulcanici più vasti e complessi al mondo. Questa caldera, formatasi a seguito di eruzioni catastrofiche avvenute decine di migliaia di anni fa, ospita un’ampia varietà di fenomeni geotermici, tra cui fumarole, sorgenti termali e terreni bradisismici. Il termine “bradisismo” si riferisce a un lento sollevamento o abbassamento del suolo causato da variazioni di pressione nel sottosuolo, spesso legate all’attività magmatica e idrotermale.

Dal 2018, le fumarole della Solfatara, uno dei punti più iconici e attivi dei Campi Flegrei, hanno mostrato un significativo cambiamento nella composizione chimica dei gas emessi. Questo dato ha suscitato l’interesse della comunità scientifica internazionale, spingendo ricercatori di diverse istituzioni a indagare sulle possibili cause e implicazioni di tali anomalie.

Le scoperte dello studio: l’aumento dello zolfo isotopicamente leggero

Il team di ricercatori, composto da scienziati dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Università degli Studi di Palermo, dell’Università di Cambridge e del Woods Hole Oceanographic Institute, ha condotto un’analisi dettagliata della composizione isotopica dei gas emessi dalle fumarole. I risultati hanno mostrato un incremento dello zolfo isotopicamente leggero, una caratteristica che indica un contributo predominante di gas di origine magmatica rispetto a quelli derivanti da processi idrotermali superficiali.

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Questa scoperta è di particolare rilevanza, poiché suggerisce che il magma presente nel sottosuolo stia giocando un ruolo sempre più significativo nell’attuale crisi bradisismica. Secondo i ricercatori, il rilascio di gas magmatici potrebbe essere correlato a una risalita del magma stesso o a un aumento della sua pressione all’interno del sistema vulcanico. Tale fenomeno è coerente con l’osservazione di un sollevamento progressivo del suolo, registrato negli ultimi anni, e con l’incremento dell’attività sismica locale.

Bradisismo e attività vulcanica

Il bradisismo è un fenomeno ben documentato nei Campi Flegrei, con cicli di sollevamento e abbassamento del suolo che si sono verificati nel corso dei secoli. Tuttavia, l’attuale crisi, iniziata negli anni Settanta e riacutizzatasi negli ultimi decenni, presenta caratteristiche che suggeriscono un coinvolgimento più diretto del sistema magmatico rispetto al passato.

Le deformazioni del suolo registrate attraverso reti di monitoraggio satellitare e geodetico indicano un sollevamento cumulativo di oltre 80 centimetri dal 2005. Questo movimento è accompagnato da un aumento della sismicità, con eventi localizzati principalmente a bassa profondità. L’incremento della componente magmatica nei gas delle fumarole rappresenta un ulteriore tassello che avvalora l’ipotesi di un’intensificazione delle dinamiche vulcaniche sotterranee.

Implicazioni per la gestione del rischio vulcanico

Le scoperte riportate nello studio hanno importanti implicazioni per la valutazione del rischio vulcanico nell’area dei Campi Flegrei. L’aumento del contributo magmatico nei gas potrebbe indicare una maggiore probabilità di eventi eruttivi nel futuro, anche se al momento non ci sono segnali imminenti di un’eruzione.

La caldera ospita numerosi centri abitati, tra cui Pozzuoli, Bacoli e parte della città di Napoli, con una popolazione complessiva di centinaia di migliaia di persone. Un’eventuale eruzione o una crisi vulcanica più acuta avrebbe conseguenze devastanti, rendendo cruciale un monitoraggio costante e un aggiornamento continuo dei piani di emergenza.

Collaborazione scientifica e monitoraggio avanzato

Lo studio pubblicato su Nature Geoscience rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione internazionale e multidisciplinare. L’integrazione di competenze geochimiche, geofisiche e modellistiche ha permesso di ottenere una visione più completa dei processi in atto nei Campi Flegrei.

L’utilizzo di tecniche avanzate, come l’analisi isotopica dei gas, è stato importante per identificare l’origine del contributo magmatico e per distinguere tra i diversi processi che influenzano la composizione delle fumarole. Questi approcci innovativi, combinati con il monitoraggio continuo tramite reti di sensori e satelliti, offrono strumenti preziosi per migliorare la comprensione del sistema vulcanico e per prevedere possibili scenari futuri.

Un sistema in equilibrio precario

L’aumento dello zolfo isotopicamente leggero rappresenta un segnale di allerta, ma non è sufficiente a prevedere con certezza l’evoluzione della crisi in corso.

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I ricercatori ricordano l’importanza di non sottovalutare i segnali provenienti dal sottosuolo, ma allo stesso tempo invitano a evitare allarmismi ingiustificati. La capacità di interpretare correttamente questi segnali dipende dalla qualità del monitoraggio e dalla collaborazione tra scienziati, autorità locali e comunità.

 

 

 

 

Patricia Iori



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