La tentazione è forte. Leggere l’offerta pubblica di scambio di Monte dei Paschi su Mediobanca che ha in pancia, tra l’altro, un pacchetto consistente delle Generali soltanto come l’ennesima battaglia di potere. Poteri finanziari. Poteri politici.
Le premesse ci sono. Lo dimostra la stessa storia del Monte Paschi con la sua contiguità nel passato con la sinistra toscana. E lo dimostra poi il salvataggio avvenuto nel corso degli anni grazie ai soldi dei cittadini, ai governi di unità nazionale, definitivamente architettato ai tempi del governo Draghi e accompagnato infine da quello Meloni.
Ci sono i poteri finanziari e industriali, a cominciare da alcuni protagonisti come Caltagirone e la Delfin degli eredi Del Vecchio, presenti in posizioni di rilievo in tutte e tre le aziende coinvolte: Mps, Mediobanca e Generali. Più di una volta si sono detti insoddisfatti di come Mediobanca agisse, insofferenti anche alla gestione delle Generali. Dentro Mps c’è anche il governo, primo azionista, con poco più dell’11%. E con una forte presenza nel cda.
Troviamo poi anche i piccoli, medi e grandi investitori nazionali e internazionali. Spulciando il libro soci sono tutti lì. Si tratta di quel mercato che ha sinora consentito di governare un crocevia così decisivo come Mediobanca ad Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Vale a dire gli eredi di Vincenzo Maranghi a sua volta delfino di Enrico Cuccia, i due banchieri che hanno fatto la storia finanziaria e imprenditoriale, nel bene e nel male, del nostro Paese.
La storia peserà con l’elenco degli errori commessi dalle varie gestioni Mps. Peseranno le contiguità politiche. E una dialettica tra maggioranza e opposizione che per una volta potrebbe e dovrebbe prendere esempio da quanto accaduto in passato proprio nel settore bancario. E questo prima ancora di iniziare a dividersi e fare uso politico anche dell’Ops.
Di denaro gli italiani ce ne hanno messo tanto nel settore del credito. Forse perché più di altri sappiamo che quando fallisce una banca a pagarne le conseguenze sono le famiglie e le imprese che in quell’istituto hanno soldi e conti correnti. È per questo che oggi a differenza di altri Paesi possiamo contare su un sistema bancario solido. Da Mps alle popolari venete, ne abbiamo avute di potenziali mine. Le tante offerte nel settore, da Unicredit su Bpm, dallo stesso Bpm su Anima, di Ifis su Illimity, mostrano però la maturità del mercato italiano.
Quella architettata da Luigi Lovaglio, arrivato alla guida di Mps con Draghi a Palazzo Chigi e l’allora presidente della banca Patrizia Grieco, è una mossa che cambia il panorama finanziario italiano. Emerge l’ambizione del manager che impose un aumento di capitale dell’istituto nel 2022 che pochi pensavano potesse andare in porto e che fu invece punto di svolta per il rilancio di Mps. L’ambizione di fare un’operazione industriale.
Non si tratta solo della creazione di un terzo o quarto polo. Non è una questione di classifiche. O di sinergie. Piccoli e grandi investitori saranno chiamati a giudicare la congruità di un’offerta finanziaria che va ben al di là delle cifre.
Si tratta di mettere assieme una banca commerciale con una d’investimento attiva anche nel credito al consumo con a cascata la visibilità e presenza sulla terza compagnia assicurativa d’Europa. Sarà necessario il via libera dell’autorità di vigilanza: della Bce tramite la Banca d’Italia, visto anche il tipo d’azionariato che vede industriali importanti come soci (Caltagirone e Delfin).
Di sicuro non sarà questione né di giorni né di settimane. Servirà tempo per capire tutte le implicazioni della mossa senese. La stessa Mediobanca, pur facendo trapelare che si tratta di un’operazione ostile, ha annunciato la convocazione del consiglio d’amministrazione per i prossimi giorni prendendosi il tempo necessario.
Quali possano essere le eventuali contromosse di Piazzetta Cuccia è difficile dire. La finanza si nutre anche di creatività e visione. Il mercato ha intanto espresso un giudizio sul prezzo (facendo salire il titolo si chiede un rialzo dell’Ops). Cavalieri bianchi pronti a intervenire?
C’è chi ricorda l’opa immaginata a suo tempo di Intesa su Generali. Anche se erano altri tempi e altri prezzi. Unicredit è impegnato su fronti difficili. Operatori esteri? Chi vorrebbe affrontare quella geopolitica diventata ormai centrale in ogni operazione? Quali che siano le evoluzioni e l’esito, l’Italia e gli italiani hanno tutto il diritto di chiedere che un punto, figlio di un Paese che di passi in avanti in questo scorcio di secolo è riuscito a farne, sia inderogabile: la massima trasparenza.
24 gennaio 2025
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