Ispirazione o plagio? Lo scontro Apple-Gregorini sulla serie “Servant”

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Il provvedimento depositato il 25 novembre 2024 dalla Corte del Distretto Centrale della California[1] in un caso di asserito plagio di un’opera cinematografica preesistente (“The Truth About Emmanuel” dell’anno 2013[2], scritto e diretto da Francesca Gregorini[3]) da parte di Apple Inc. che ne avrebbe ripreso i contenuti per realizzare i primi tre episodi della serie audiovisiva “Servant[4], distribuita sulla sua piattaforma digitale Apple+ a cominciare dall’anno 2019, rappresenta una delle più interessanti decisioni rese dai tribunali statunitensi in materia di violazione dei diritti d’autore nel corso dell’anno 2024.

Raccolta delle prove e valutazione dei giudici

Si discute infatti di un tema, quello del plagio, che implica, per essere adeguatamente affrontato, la raccolta e la selezione di prove idonee a fare valere i diritti da parte di chi agisce in giudizio e che, di riflesso, richiede ai giudici un’analitica e rigorosa valutazione dei fatti. Come si vedrà nel seguito di questo articolo, la casistica passata sinteticamente in rassegna è variegata e le decisioni emesse dai tribunali non sono sempre coerenti fra loro.

Il rigetto del “Summary Judgment”

La domanda di concessione di un “Summary Judgment” richiesta dai convenuti – che erano usciti vittoriosi nel giudizio di primo grado[5] – sulla base dell’asserita sufficienza degli elementi di prova portati in giudizio per demolire le pretese attoree, è stata rigettata dalla Corte del Nono Circuito di Appello e, pertanto, il processo ordinario proseguirà per cinque giorni consecutivi di udienza con inizio il 13 gennaio 2025, salvo che nel frattempo le parti non trovino un’intesa transattiva.

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Similitudini tra le opere in giudizio

I fatti portati all’attenzione del giudice californiano riguardano l’originalità dei primi tre episodi della serie televisiva “Servant” che, secondo la parte attrice costituirebbero invece plagio del film “The Truth About Emmanuel” della stessa Francesca Gregorini. Le storie narrate nelle due opere audiovisive sono connotate da un fil-rouge che presenta diversi punti in comune.

Nella serie di Apple una coppia di persone benestanti assume una misteriosa bambinaia che deve prendersi cura di una bambola che la madre pensa sia sua figlia[6].

La nurse rivolge molta attenzione alla bambola, partecipando ininterrottamente alla delusione della madre, non senza causare confusione nei confronti del padre. Al termine del primo episodio una bimba si risveglia al posto della bambola, tanto che il marito, scosso da questo avvenimento, inizia ad investigare sul passato oscuro della bambinaia.

Nel film della regista Francesca Gregorini, opera audiovisiva che ha preso parte al Sundance Film Festival dell’anno 2016 e ha ottenuto diversi riconoscimenti nel corso di varie kermesse cinematografiche, una madre assume una bambinaia (che presenta età e somiglianza fisica con quella protagonista di “Servant”) perché si prenda cura della bambola che la madre crede sia la sua bimba scomparsa. La complicità della nurse con la madre delusa, motivata dalla perdita della propria madre da parte della bambinaia, rende possibile una tenera relazione fra le due, accomunate dal reciproco dolore.

Analisi del copyright e creazione indipendente

La parte attrice ha quindi agito in giudizio per violazione del copyright sulla sua opera filmica che, secondo la Corte, è stata registrata all’U.S.C.O.[7] in maniera “non inaccurata”, contrariamente a quanto avevano eccepito i convenuti, trattandosi di un’opera originale della sceneggiatrice, la quale aveva solo tratto spunto dall’idea di un’amica, Sarah Thorp, che risulta comunque indicata quale co-autrice del film nei suoi credits.

Criteri di “sostanziale similarità”

 Le questioni che devono essere decise in questa causa riguardano la valutazione circa la “sostanziale similarità” fra le due opere[8] per la cui complessa determinazione il Nono Circuito ha adottato e pubblicato le proprie istruzioni[9] atte a stabilire i criteri, il più possibile oggettivi.

Test estrinseco e test intrinseco

Il giudizio di “somiglianza sostanziale” deve essere svolto effettuando un test che si articola in due parti: il test estrinseco ed il test intrinseco. Il primo implica un’analisi approfondita dell’opera facendo ricorso a perizia di parte, per stabilire se ci sia somiglianza fra i contenuti complessivi delle opere prese in esame; nel caso in cui non sia possibile addivenire alla prova in base a tale indagine, non si procede con il test di somiglianza intrinseca.

Contesto del giudizio e Lay Observer’s Test

Quest’ultima valutazione compete ai giurati, i quali devono essere preventivamente istruiti circa la presenza di: a) elementi non tutelati nell’opera della persona che agisce in giudizio asserendo che la propria opera è stata violata; b) standard di identicità o di similarità da applicare; c) la valutazione complessiva dell’opera dell’attore effettuata dal tribunale. Questa indagine implica altresì la determinazione dell’eventuale appropriazione abusiva dell’opera altrui facendo leva sul c.d. “Lay Observer’s Test” che può essere assimilato al giudizio della persona di media diligenza, ovvero a quello del “bonus pater familias”[10].

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Esame della titolarità dei diritti e giudizio interinale

Sulla scorta dei criteri dettati dal Nono Circuito di Appello, in sede di giudizio interinale, il giudice ha esaminato anzitutto se Francesca Gregorini avesse provato la titolarità dei propri diritti e il fatto che essi fossero stati oggetto o meno di copia e di illecita appropriazione da parte dei convenuti, alla luce dell’asserita creazione indipendente dell’opera “Servant” fatta valere da questi ultimi.

Analisi delle opere e originalità

In primo luogo, circa la titolarità del copyright sull’opera il giudice è pervenuto alla conclusione che Sarah Thorp non possa essere considerata co-autrice del film, in quanto essa si sarebbe limitata a “prestare un’idea” alla sua amica Gregorini.

Possibilità di visione e accesso alle opere

Avuto riguardo al fatto che ci troviamo di fronte a una copia di un’opera precedente, il giudice ha osservato che nonostante l’affermazione dei convenuti secondo cui si tratterebbe di loro opera originale, la Gregorini ha titolo per dimostrare il plagio attraverso una serie di eventi che colleghino l’opera all’accesso alla stessa da parte dei resistenti in giudizio, dando evidenza che la sua opera è stata ampiamente disseminata al pubblico. In altri termini – dice il giudice – deve sussistere una “ragionevole possibilità” che i convenuti abbiano avuto visione dell’opera protetta prima di realizzare la propria.

Prove di accesso e somiglianza sostanziale

Sulla base degli elementi confluiti negli atti di causa il giudicante ha rilevato che alcuni degli autori e co-produttori esecutivi convenuti disponessero di personale addetto alla visione dei film posti sul mercato e che, oltre alla distribuzione di “The Truth About Emmanuel” nei cinema, su alcune piattaforme digitali e in supporti home-video, esistesse l’evidenza che almeno uno dei convenuti avesse avuto accesso diretto al film mentre la serie “Servant” era in fase di sviluppo creativo. Per tali ragioni, pur non avendo la parte attrice fornito una prova inconfutabile della conoscenza del proprio film da parte dei convenuti, la Corte ritiene improbabile che né la Apple, né Tony Basgallop (l’autore del plot) avessero avuto una ragionevole opportunità di vedere il film della Gregorini.

Applicazione del test della somiglianza e difesa dei convenuti

Sul punto dell’appropriazione illecita, il ragionamento della Corte si è conformato ai principi che sono stati sopra brevemente tratteggiati con riferimento alla “sostanziale somiglianza” delle opere.

Conclusioni preliminari del giudice

Seppure il “Ninth Circuit” abbia considerato che una persona di media diligenza possa giungere a conclusioni diverse circa la similarità delle due opere oggetto di causa, esso stesso ha condotto un’analisi indipendente sul punto e ha concluso che la Gregorini ha portato in giudizio elementi atti a supportare la tesi della “sostanziale somiglianza” fra il suo film e la serie “Servant”.

Poiché nel “Summary Judgment” la Corte non può che applicare il solo “test estrinseco”, paragonando le somiglianze di specifici elementi espressivi nelle due opere, l’analisi svolta nel caso di specie si è rivolta anzitutto ad eliminare i contenuti proteggibili da quelli che non lo sono, questi ultimi in quanto facenti parte della categoria delle idee generiche che fanno parte della trama, le scene che si ripetono in molte storie, e i fatti che sono naturale conseguenza di una determinata premessa.

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Sequenze di elementi e tutela del copyright

Ciò nonostante – ha osservato il giudice – una particolare sequenza in cui l’autore metta assieme una serie significativa di elementi non proteggibili, può fare assurgere tale sequenza a elemento proteggibile. A tale fine è onere della parte attrice identificare una combinazione di elementi non proteggibili che possano assurgere a tutela, dimostrando che essi sono sufficientemente numerosi e la loro selezione risulti abbastanza originale da costituire opera autorale. In tal senso, il giudice ha rilevato che la circostanza che entrambe le opere audiovisive rappresentino una bambola che diviene una bambina vera, come pure quella che esse si articolino sulla presenza di una storia a tre che coinvolge madre, bambinaia e bambola, non sembra potere essere considerata una somiglianza casuale, cui si assommano in favore della ricorrente gli ulteriori parallelismi esistenti fra le due storie.

Difesa dei convenuti e prove prodotte

Da parte dei convenuti, fa osservare il giudice, la difesa si è prevalentemente cimentata nell’evidenziare le differenze fra le due opere[11], assecondando in tal modo il principio per cui “nessun plagiario può scusare l’illecito commesso mostrando quanta parte della propria opera non fosse pirata”[12], mentre le prove fornite per il tramite del deposito degli appunti di Tony Basgallop che tracciano la storia di “Servant” provano solamente che fino all’anno 2012 la serie prevedesse la presenza di un bimbo vero e non quella di una bambola, idea quest’ultima sviluppata da Apple tre anni dopo la premiere del film della Gregorini, cioè nel 2016.

Orientamento del giudice e risarcimento

Alla stregua di quanto è stato illustrato, l’orientamento del giudice, nella fase sommaria di questo giudizio, sembra essere volta a riconoscere alla parte attrice un risarcimento dei danni da provare e determinare nel corso della fase ordinaria del processo che è previsto abbia inizio nel mese di gennaio 2025.

Controversie recenti e difficoltà di prova

La difficoltà di dimostrare la sussistenza di un plagio che non sia palese[13] e che per questo richiede un’analisi approfondita alla stregua dei criteri che sono stati sopra tratteggiati, ha segnato molte delle controversie di plagio instaurate di recente negli Stati Uniti, fra cui quella transatta fra la Disney e tale Arthur Lee Alfred II, uno scrittore che, insieme con altri autori, aveva portato alla casa di produzione di Los Angeles la sceneggiatura del film “Pirati dei Caraibi”, che all’epoca l’aveva respinta in quanto non di suo interesse.

Tre anni dopo, con l’uscita dell’omonimo film al cinema, l’azione legale avviata dagli autori era stata respinta dalla Corte Distrettuale ma, una volta giunta in appello al Nono Circuito, a seguito dell’applicazione degli standard atti a determinare la sussistenza o meno della “somiglianza sostanziale” fra le due storie, la domanda è stata valutata come potenzialmente fondata, rigettando così la richiesta di “Summary Judgment” formulata dalla TWDC e le parti sono addivenute a una transazione[14].  

Plagio nei sistemi di civil law e common law

In Italia, paese di “Civil Law” in cui il ruolo della giurisprudenza non è vincolato ai “precedenti” – come accade negli Stati di “Common Law” – ma all’interpretazione delle norme di legge, il plagio delle opere tutelate, configurandosi come una riproduzione abusiva, totale o parziale di un’opera altrui, si configura come un’utilizzazione vietata dalle norme fondanti del D.A. e, in modo specifico, da quelle di cui agli Artt. 4, 18 e 20 della Legge Autore che attribuiscono all’autore l’esclusivo diritto, non solo di sfruttare la propria opera, ma altresì di elaborala, modificarla e trasformarla o tradurla, nel senso più ampio del termine.

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In tale contesto, più che giovare alla finalità di porre fine alla copia delle opere creative altrui, pare porsi su un piano differente rispetto al tema che qui si tratta il plagio-contraffazione regolato nella Sezione II del titolo III, Capo III della Legge 633/1941 sotto il titolo “Difese e sanzioni penali”. La norma di riferimento è data dall’art. 171 e, in particolare, dal suo terzo comma, il quale stabilisce che “La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa non inferiore a euro 516 se i reati di cui sopra [si tratta in sintesi dell’illecita riproduzione, distribuzione e messa a disposizione del pubblico di opere tutelate] sono commessi sopra un’opera altrui non destinata alla pubblicazione, ovvero con usurpazione della paternità dell’opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera medesima, qualora ne risulti offesa all’onore od alla reputazione dell’autore”.  

Pur essendo evidente che la disposizione penale sul plagio di cui alla sopra citata norma penale pone insormontabili problemi circa la sua applicazione ai casi concreti di volta in volta da affrontare, trattandosi di un precetto che prescinde dall’elemento soggettivo del reato e cioè dal dolo o dalla colpa[15], il ricorso a una tutela solamente penalistica in materia di plagio costituirebbe un’intollerabile limitazione all’esercizio di diritti che oggi vengono fatti valere in via d’urgenza di fronte a Tribunali specializzati che sono ampiamente in grado di valutare i casi di appropriazione abusiva delle opere altrui in base alle disposizioni generali in materia di diritto d’autore, ponendo fine alle violazioni, ove esse ricorrano.

Per questa ragione è necessario che le azioni civili si fondino sulle norme di diritto sostanziale d’autore che conferiscono ai titolari dei diritti la facoltà esclusiva di utilizzare e modificare la propria opera, secondo la regola dell’indipendenza fra loro di tali diritti sancita dall’art. 19 della L. 633/1941.

Sotto il profilo della casistica giudiziale, criteri analoghi a quelli indicati nelle linee guida che abbiamo visto contraddistinguere l’analisi fattuale comparativa svolta dai giudici statunitensi nei casi di asserito plagio illustrati in questo lavoro, sono stati adottati in alcuni arresti delle Corti italiane, le quali prendono l’abbrivio dai principi di diritto posti dalla Cassazione Civile con la sentenza n. 25173 del 28 novembre 2011.

Essa, ha – fra l’altro – stabilito che il concetto giuridico di creatività va inteso come riferito all’espressione oggettiva, personale e individuale, incorporata nelle opere appartenenti alle categorie elencate nell’art. 1 della Legge Autore. A tale stregua l’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che in essa sia riscontrabile un atto creativo, pure minimo, che però sia suscettibile di manifestazione verso l’esterno, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia oggetto di creazione.

Partendo da questo assioma, i giudici nazionali hanno escluso che sussista il plagio di un’opera protetta quando le connotazioni essenziali dell’opera anteriore non siano rinvenibili in quella successiva,[16] asserendo altresì che sia bene “possibile che un’opera si ispiri alla trama e al contenuto di un’altra, ma la diversa espressione con cui questa viene rappresentata fa escludere la contrattazione della prima” e che “un’opera riprenda un particolare non significativo secondario e minore di un’altra per trasformarlo ed inserirlo in un contesto del tutto diverso senza che in tal caso possa ritenersi sussistente alcuna contraffazione proprio perché la diversità con cui l’idea viene espressa attribuisce la titolarità della creazione ad un diverso soggetto”[17].

Ad ulteriore precisazione dello svolgimento dell’indagine sul plagio fra opere dell’ingegno, la Sezione Specializzata Imprese del Tribunale di Trieste, nella sentenza resa il 29 gennaio 2019 in una causa di inadempimento a un accordo di esposizione di opere d’arte che sono risultate essere state contraffatte da chi ne chiedeva l’allestimento al gallerista, ha chiarito che non sempre il test estrinseco o la perizia tecnica sono necessari ove la violazione dei diritti d’autore altrui risulti palese.

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Tanto era avvenuto attraverso la riproduzione e la trasposizione di opere di altro artista su differenti supporti materiali e con colore differente, così da determinare il giudice ad affermare: “(…) non occorre essere esperti d’arte (e per tale ragione non si è disposta la consulenza tecnica) per verificare sulla base di un esame comparativo degli elementi essenziali delle opere, che il risultato globale o l’effetto unitario del giudizio visivo è quello di una copia, di una riproduzione seriale, per quanto vi sia stata una difformità riproduttiva quanto a colori e materiali. Le opere sono quasi del tutto sovrapponibili.”[18]  

Si tratta, così come si desume dal pur sintetico excursus qui offerto sul tema del plagio, di una materia assai complessa, che richiede da parte di chi agisce in giudizio una particolare attenzione nel predisporre i documenti su cui potranno fondarsi eventuali perizie tecniche e prove testimoniali. Come è stato osservato dai giudici statunitensi, più che le differenze pesano, in questa materia, le somiglianze esistenti fra l’opera che si assume plagiaria e quella originale.

L’indagine dovrà essere quindi approfondita, analizzando anche l’identità dei dettagli che vanno contraddistinguendo la copia abusiva.

Note


[1] Si tratta del “Nono Circuito” delle Corti di Appello statunitensi: https://www.ca9.uscourts.gov/

[2] Qui le informazioni di base sul Film: https://www.imdb.com/title/tt1838520/

[3] Si tratta di una regista e scrittrice di origini italiane: https://it.wikipedia.org/wiki/Francesca_Gregorini

[4] Qui alcune informazioni sulla serie in dieci episodi “Servant” di Apple Inc.: https://www.imdb.com/title/tt8068860/

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[5] Nel corso del primo grado di giudizio la Gregorini aveva formulato domanda di plagio anche in riferimento alla sceneggiatura, per poi limitare nel successivo giudizio la richiesta di cessazione delle violazioni di D.A. alla sola serie televisiva. La Gregorini ha impugnato la decisione di primo grado, resa il 9 giugno 2020, il 29 giugno successivo.

[6] Nella storia, la piccola era morta a causa dell’abbandono da parte della madre nell’auto lasciata per molte ore sotto al sole.

[7] In base alle leggi interne statunitensi (17 U.S. Code, § 411) non può essere avviata un’azione legale per un’opera creata negli Stati Uniti, se la stessa non sia stata registrata presso il Copyright Office. In base alla Convenzione dell’Unione di Berna, cui gli U.S.A. hanno aderito nel 1989, non possono esservi formalità per ottenere la tutela di un’opera dell’ingegno, in quanto essa è protetta dal momento della sua creazione. Ovviamente, per le opere straniere la relativa tutela giuridica negli Stati Uniti deve prescindere dalla loro registrazione.

[8] Apple e gli altri convenuti in questa causa hanno chiesto il “Summary Judgment” affermando che a) la registrazione del copyright sul film fosse invalida; b) i convenuti non avrebbero avuto accesso all’opera della Gregorini; c) le due opere non sarebbero sostanzialmente simili; d) l’autore Tony Basgallop avrebbe creato autonomamente “Servant”.

[9] Il testo delle indicazioni cui il Nono Circuito deve attenersi per giudicare un plagio di opere tutelate dal diritto d’autore si trova qui: https://www.ce9.uscourts.gov/jury-instructions/node/276

[10] La dottrina statunitense ha adottato ulteriori criteri derivanti dalla giurisprudenza di common-law in materia di giudizio di somiglianza fra due opere di cui una si assume in violazione dell’altra: ci riferiamo al test di astrazione, di filtraggio e di paragone, nella consapevolezza peraltro che secondo quanto fu scritto nella sentenza Nichols vs. Universal Pictures Corp., “nessuno è mai stato capace di stabilire il confine fra un’idea e un’espressione e nessuno ci riuscirà mai” Si veda https://law.justia.com/cases/federal/appellate-courts/F2/45/119/1489834/

[11] Si vedano, ad esempio, le pagine da 16 a 25 della “Defendant Notice of Motion and Motion to Dismiss Plaintiff’s Complaint” del 23 marzo 2020 depositato dai convenuti.

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[12] Tale massima è tratta dalla causa Newton vs. Diamond che si può leggere qui: https://www.law.berkeley.edu/files/Newton_v_Diamond.pdf

[13] Assume in tal senso rilevanza il caso Salinger vs. Colting, nel quale un’opera del noto scrittore statunitense J.D. Salinger, “The Catcher in the Rye” pubblicata nel 1951, capolavoro che ha venduto oltre 35 milioni di copie ad oggi. Poiché Salinger non ha mai pubblicato – nonostante le richieste provenienti da più parti – né ha mai autorizzato alcun sequel della sua opera dando istruzioni in tal senso ai suoi avvocati, ha fatto scalpore l’uscita da parte di un piccolo editore inglese del libro “60 Years Later: Coming Through the Rye” a firma di tale John David California. L’autore di quest’opera che, per una serie di elementi emersi in corso di causa, si configurava come un plagio della storia di un ormai settantaseienne Holden Caulifield, era tale Fredrik Colting. La causa è stata decisa con l’emissione da parte del Tribunale distrettuale di un’ingiunzione preliminare, impedendo ai convenuti di promuovere, vendere o distribuire “Coming Through the Rye” negli Stati Uniti. I convenuti hanno presentato ricorso e la Corte d’Appello del Secondo Circuito nel mese di dicembre 2021 ha annullato l’ordinanza del tribunale distrettuale rinviando la causa per la valutazione della sussistenza nel caso di specie delle condizioni per l’emissione di un provvedimento interinale avverso tale pubblicazione.

[14] In tema di plagio, i casi di transazioni concluse fra i contendenti dei diritti sulle sceneggiature dei film sono molteplici e hanno riguardato anche opere cinematografiche di grande rilievo. Un caso poco noto è quello che nel 1984 ebbe ad oggetto il film “Terminator” (https://www.imdb.com/title/tt0088247/) di James Cameron. Egli fu infatti accusato di plagio dallo scrittore e sceneggiatore Harlan Ellison, il quale gli contestò la somiglianza della storia del film “Terminator” con la trama del suo episodio “Soldier” della serie “The Outer Limits” pubblicata nel 1964 (https://www.imdb.com/title/tt0667824/), su cui lo stesso Ellison aveva basato il suo racconto. La vicenda si è svolta e conclusa in via stragiudiziale attraverso un compromesso raggiunto dalle parti a termini e condizioni che sono rimaste sconosciute.

Un’interessante vicenda di plagio cinematografico ha riguardato il film “Nosferatu”, diretto da Robert Eggers, che è uscito recentemente al cinema anche in Italia: https://www.imdb.com/title/tt5040012/

La prima opera cinematografica sul tema: “Nosferatu. Una Sinfonia dell’Orrore” fu realizzata nel 1922 (film muto in B/N) dal regista F. W. Murnau che aveva adattato, senza averne i diritti, l’opera letteraria “Dracula”, dello scrittore irlandese Bram Stoker che l’aveva concepita in forma epistolare e pubblicata nel 1897. A causa del plagio commesso da Murnau e dalla casa produttrice del film, la Prana, la moglie ed erede di Stoker, Florence, agì in giudizio nei confronti della Prana e nel luglio 2025 ottenne una sentenza declaratoria della contraffazione in base alla quale ella anche chiese – ed ottenne – la distruzione delle copie del film di Murnau. Non ostante ciò fosse effettivamente accaduto nel 1929 e la Prana fosse stata susseguentemente dichiarata fallita, alcune copie furono salvate ed una di esse fu acquistata dalla Universal Pictures. Nel 1931 la casa cinematografica produsse la propria versione di “Dracula”, con il riconoscimento dei diritti a Bram Stoker: https://www.imdb.com/title/tt0021814/

Del film tratto dall’opera letteraria dello scrittore irlandese, furono tratte due ulteriori versioni, una del 1979 con Klaus Kinski, “Nosferatu the Vampyre” di Werner Herzog: https://www.imdb.com/title/tt0079641/ e un’altra di Francis Ford Coppola del 1992 intitolata “Bram Stoker’s Dracula” https://www.imdb.com/title/tt0103874/

E siamo infine giunti alla versione di Robert Eggers per Universal Pictures, cui si è fatto sopra cenno.

[15] È noto agli esperti che per affrontare l’ampia casistica della “pirateria audiovisiva” si è dovuto procedere con l’introduzione di norme apposite capaci di fronteggiare un illecito che, all’inizio del corrente secolo, aveva assunto dimensioni incontrollabili: il riferimento è alla L. 248/2000 https://www.parlamento.it/parlam/leggi/00248l.htm e ai successivi provvedimenti emanati negli anni in materia.

[16] Sul punto: Sent. 20925 della Sez. III della Cassazione Civile in data 27 ottobre 2005

[17] I due incisi virgolettati sono tratti dalla decisione della Cassazione Civile, Sent. 28 novembre 2011 N. 25173, Sez. I. In linea con queste statuizioni, il Tribunale di Torino, Sezioni Specializzate Impresa, Pres. Barbuto, Est. Vitrò, in precedenza – con sentenza del 24 aprile 2008 – aveva deciso una causa, avente ad oggetto l’accertamento della sussistenza o meno del plagio di un cortometraggio appartenente a un autore il cui spunto narrativo sarebbe stato ripreso senza il suo consenso nello spot pubblicitario di una nota casa automobilistica. In tale fattispecie, il Tribunale ha accertato che vi fosse una sostanziale differenza fra gli elementi essenziali che ne caratterizzavano la rispettiva forma espressiva.

[18] Si tratta della decisione del Tribunale di Trieste, Sezione Specializzata Imprese, Sent. 47/2019 R.G. 2446/2016, la cui ratio si allinea al contenuto di una precedente sentenza della Corte di cassazione, la N. 2039 del 26 gennaio 2018, Sez. I, Pres. Di Palma, Est. Nazzicone. Questo arresto sottolinea il fatto che l’esame comparativo fra opera plagiata e opera plagiaria deve riguardare le differenze fra le caratteristiche essenziali delle opere in esame e deve essere al contempo complessiva e sintetica.



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