si applica sulle locazioni alle aziende?

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Secondo la Cassazione l’agevolazione fiscale spetta anche se l’inquilino è una società o un altro tipo di impresa, ma l’Agenzia delle Entrate si oppone a questa interpretazione.

Parecchi lettori ci interpellano per sapere se la cedolare secca si applica sulle locazioni alle aziende. Se la risposta fosse positiva, il proprietario avrebbe diritto all’agevolazione fiscale che consente di pagare la flat tax del 21% sui canoni percepiti, anziché la maggior aliquota applicabile in base ai redditi complessivi.

Secondo la Corte di Cassazione la cedolare secca deve essere riconosciuta anche quando l’inquilino è una società o un altro tipo di impresa; ma l’Agenzia delle Entrate si oppone a questa tesi, richiamando il dettato normativo che non la prevede, né consentirebbe di estenderla a situazioni non espressamente previste dalla legge.

Cerchiamo di approfondire questi importanti aspetti, tentando di eliminare le incertezze che affliggono numerosi contribuenti italiani in questa situazione.

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Cedolare secca: i requisiti applicativi

Per poter applicare la più favorevole tassazione mediante la cedolare secca sugli affitti, con il prelievo fiscale fisso del 21% (che in alcuni casi può essere ridotto al 10%), anziché l’imposta sui redditi ordinaria, è necessario soddisfare alcuni requisiti, che riguardano sia l’immobile dato in affitto sia la persona del locatore nonché la tipologia di contratto, e precisamente:

  • l’immobile deve avere una destinazione d’uso abitativa, essere locato per fini abitativi, rientrare nelle categorie catastali da A/1 ad A/11 (esclusa A/10 – uffici e studi privati) e situato in Italia;
  • il locatore deve essere una persona fisica che non agisce nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni (quindi non può essere una società) ed inoltre deve essere titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’immobile (ad esempio, l’usufrutto);
  • il contratto di locazione deve essere stipulato per iscritto e registrato presso l’Agenzia delle Entrate; sono ammessi sia i contratti a canone libero (quelli con la formula 4+4) sia quelli a canone concordato (3+2), i quali, nei Comuni ad alta densità abitativa, beneficiano della cedolare secca al 10% anziché al 21% se l’accordo è stipulato conformemente al modello ministeriale di contratto e con l’assistenza delle associazioni locali maggiormente rappresentative dei proprietari e degli inquilini;
  • anche le locazioni brevi possono beneficiare della cedolare secca, con aliquota che, dal 2024, è rimasta al 21% per gli affitti di un solo immobile, mentre per i successivi aumenta al 26% e fino a un massimo di 4 appartamenti: oltre tale soglia, l’attività si considera esercitata in forma imprenditoriale e l’agevolazione non spetta più.

Cedolare secca: caratteristiche e regime

Inoltre, quanto alle caratteristiche di funzionamento ed al regime applicativo, bisogna ricordare che:

  • la cedolare secca è un’imposta sostitutiva dell’IRPEF (e delle relative addizionali regionali e comunali);
  • si applica sull’intero importo del canone di locazione annuo stabilito dalle parti; questo ammontare viene escluso dal reddito complessivo del percipiente, pertanto, su di esso non possono essere calcolati e fatti valere oneri deducibili o detrazioni d’imposta;
  • la cedolare secca è facoltativa, non obbligatoria (quindi il locatore può decidere se applicare il regime ordinario di tassazione, che in alcuni casi particolari potrebbe risultare più conveniente);
  • l’opzione per la cedolare secca va esercitata all’inizio del contratto (anche barrando l’apposita casella in fase di registrazione) o al momento di ogni successiva proroga o rinnovo; in questo modo la cedolare secca ha effetto per durata per tutta la durata del contratto, salvo revoca e contestuale passaggio nel regime fiscale ordinario, se il contribuente così preferisce.

Quando secondo la Cassazione la cedolare secca si applica alle aziende

La questione dell’applicabilità della cedolare secca alle locazioni di immobili ad uso abitativo a favore di aziende è stata oggetto di diverse interpretazioni e dibattiti.

L’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto, sin dall’entrata in vigore della norma, nel 2011, che la cedolare secca non fosse applicabile quando il conduttore era un’azienda, in quanto in tali situazioni si riteneva che la locazione fosse effettuata nell’esercizio di un’attività d’impresa.

Tuttavia la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 12395 del 7 maggio 2024, ha stabilito che la cedolare secca può essere applicata anche quando l’inquilino è una società, a condizione che che l’immobile sia destinato ad uso abitativo dei dipendenti o collaboratori dell’azienda e che il locatore non agisca nell’esercizio di un’attività d’impresa.

Ecco il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte nell’occasione: «In tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, D. Lgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni».

In sostanza, la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dal contribuente contro l’Agenzia delle Entrate, ha chiarito che il divieto normativo di applicare la cedolare secca riguarda esclusivamente il locatore che agisce in qualità di imprenditore, e non il conduttore o inquilino.

Quindi, alla stregua di questa importante precisazione giurisprudenziale, se il locatore è una persona fisica che non agisce nell’esercizio di un’attività d’impresa, può optare per la cedolare secca anche se il suo inquilino è un’azienda. Questa è la soluzione al nostro quesito di partenza.

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Cedolare secca per immobili affittati ad aziende: condizioni

È importante sottolineare che, alla stregua dell’orientamento espresso dalla Cassazione, per poter ottenere questo risultato favorevole al locatore – che beneficerà della tassazione agevolata al 21%, anziché essere sottoposto all’imposizione ordinaria in base ai consueti scaglioni di reddito IRPEF, ed alle relative aliquote, che partono dal 23% ed arrivano al 43% per la parte di reddito eccedente i 50mila euro annui – :

  • la finalità della locazione deve essere abitativa, quindi l’azienda conduttrice deve utilizzare l’immobile per fornire alloggio ai propri dipendenti, collaboratori, o clienti;
  • il locatore non deve essere un’impresa che affitta l’immobile nell’ambito della propria attività, altrimenti la cedolare secca non è mai applicabile.

La tesi opposta dell’Agenzia delle Entrate

Come abbiamo detto in apertura, l’Agenzia delle Entrate osteggia questa posizione interpretativa espressa dalla Corte di Cassazione e dunque tende a non riconoscere l’agevolazione della cedolare secca nelle situazioni sopra rappresentate.

Ad oggi, il riferimento normativo e di prassi per i funzionari rimane ancora la circolare n. 26/E/2011, che era stata emanata all’indomani dell’entrata in vigore della norma di legge introduttiva della cedolare secca, e non è stata modificata neppure dopo la sentenza del 2024.

Addirittura, a quanto consta, esiste un blocco automatico operato dal software dell’Agenzia in fase di registrazione dei contratti di locazione, che impedisce di optare per la cedolare secca quando il conduttore risulta essere un’impresa.

Le prospettive favorevoli ai contribuenti nel contenzioso tributario

Tuttavia si ritiene che questa opposizione verrà presto superata, in quanto la giurisprudenza di merito delle Corti di Giustizia Tributaria è orientata, in massima parte, ad aderire alle posizioni espresse dalla Corte di Cassazione nella sentenza sopra richiamata. Del resto la motivazione del provvedimento giurisprudenziale che abbiamo riportato è coerente e convincente, sicché l’interpretazione restrittiva non risulta più giustificata.

Pertanto l’Agenzia delle Entrate è consapevole che, in caso di contenzioso con i contribuenti, sarebbe con elevata probabilità destinata a soccombere nella lite, stante il suddetto orientamento ormai prevalente nelle Corti tributarie.



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