Il governo riapre la porta all’energia nucleare. Il disegno di legge delega per autorizzare nuovi reattori sul territorio nazionale, anticipato pochi giorni fa, è stato trasmesso dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, al Consiglio dei ministri con la richiesta di mettere il tema all’ordine del giorno alla prima riunione utile. Sono quattro articoli che rinviano a decreti attuativi da licenziare entro due anni.
I DECRETI stabiliranno il quadro normativo per l’autorizzazione di nuovi impianti e per la vigilanza sulla sicurezza dell’intero ciclo. Le norme dovranno disciplinare lo smantellamento delle vecchie centrali dismesse negli anni Ottanta, la realizzazione e l’esercizio delle nuove centrali e degli impianti di fabbricazione e riprocessamento del combustibile e l’individuazione dei siti per lo «stoccaggio temporaneo» e lo «smaltimento definitivo» del combustibile esaurito, che rimane radioattivo per decine di migliaia di anni. Rimane aperta la questione del deposito nazionale per le scorie radioattive, che nessun governo finora ha avuto la forza politica di affrontare in modo definitivo.
PER VIGILARE su tutto il processo, l’articolo 3 prevede l’istituzione di una nuova «autorità per la sicurezza nucleare» di cui si garantirà «la massima indipendenza» e a cui saranno affidate «la validazione e la sorveglianza relativamente al rispetto della disciplina tecnica in materia di sicurezza». Il nuovo programma italiano non sarà a trazione statale come quello avviato negli anni Sessanta. Tra i principi direttivi della legge indicati all’articolo 3, al primo comma figura «fornire la cornice, non vincolante, per orientare le proposte dei privati finalizzate a ottenere i titoli abilitativi ed esercitare le attività nel settore nucleare».
SARANNO GLI OPERATORI privati, dunque, a installare i nuovi reattori, anche grazie a «eventuali modalità di sostegno alla realizzazione di impianti e alla produzione di energia», cioè sussidi di stato. I privati avranno una corsia preferenziale anche quando, per far spazio a un reattore, bisognerà cambiare un piano regolatore: secondo l’articolo 3, infatti, «i titoli abilitativi alla sperimentazione, alla costruzione e all’esercizio degli impianti (…) costituiscono anche variante ai vigenti strumenti urbanistici».
NELLA BOZZA abbonda il ricorso al green washing per giustificare il ritorno al passato. Secondo l’articolo 1, il nucleare consentirà di rispettare gli «obblighi europei e internazionali» e «gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050», riferimenti inusuali per un governo che tenta sistematicamente di smantellare la riconversione ecologica promossa dalla precedente Commissione europea.
E per ben sei volte il testo fa riferimento a un non meglio specificato «nucleare sostenibile». Quanto alla tipologia dei reattori, saranno «abilitabili» solo impianti «che utilizzino le migliori tecnologie nucleari, incluse le tecnologie modulari o avanzate». Il riferimento è ai mini-reattori modulari di potenza limitata che possono essere realizzati in fabbrica e assemblati in loco e alle centrali raffreddate a piombo, che però secondo l’agenzia internazionale dell’energia arriveranno fra almeno un decennio. Non saranno di ostacolo i referendum che Pichetto giudica superati: «Un referendum che riguarda la bicicletta non lo possiamo applicare alla Ferrari» dice con una metafora che tradisce scarsa dimestichezza con i temi green.
PRIMA ANCORA DELL’ATOMO, l’iniziativa del governo divide l’opposizione. Da un lato, i parlamentari di Azione da sempre favorevoli al nucleare chiedono al governo di accelerare. «Nella nostra proposta c’erano sei mesi di tempo per i decreti legislativi», dice il leader Carlo Calenda. Angelo Bonelli, anima ecologista di Avs, parla invece di «truffa ai danni dei cittadini». «Il nucleare non creerà nessuna indipendenza energetica perché la fonte energetica che alimenta le centrali è l’uranio di cui i grandi produttori sono Canada, Australia, Russia e Cina», denuncia. E boccia anche lo slogan dell’abbattimento delle bollette: «Il nucleare renderebbe più cara l’energia elettrica, con un costo ben maggiore rispetto a quello delle fonti rinnovabili. E i reattori ‘piccoli’ che vorrebbe utilizzare il governo sono ancora più costosi».
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