Affollata foto di gruppo dei promotori alla sala stampa della Camera dei deputati – –
Non “prima gli italiani”, come dice il centrodestra, ma “italiani prima”. Il Comitato referendario, che punta a modificare la legge 91 del 1992 per dimezzare i tempi di ottenimento della cittadinanza, esulta dopo il secondo successo. Prima le 637 mila firme, poi il via libera della Corte costituzionale che ha ammesso il quesito. Ora c’è da affrontare l’ostacolo più difficile, quello del raggiungimento del quorum, almeno la metà più uno degli elettori. I promotori mostrano ottimismo e determinazione. Circa 80 gli aderenti al comitato.
Alla conferenza stampa alla Camera è Antonella Soldo, coordinatrice del Comitato referendario, a introdurre i tanti interveti dei promotori, soprattutto organizzazioni della società civile tra cui tante realtà di figli di immigrati nati o cresciuti i Italia. «È il referendum più sottovalutato – dice la coordinatrice del Comitato Antonella Soldo – ma ce l’abbiamo fatta. Ora ci dicono che non raggiungeremo il quorum. In un paese in cui va a votare meno del 50% degli elettori, con un parlamento eletto dal 46% dei votanti, si vuole l’elezione diretta del premier. Allora il governo faccia un election day, la Rai svolga il suo ruolo di informazione, si dia la possibilità di voto ai fuori sede. Il governo faccia doverosamente tutto il possibile. Noi questa chance ce la giocheremo».
Riccardo Magi, di +Europa spiega che «ogni referendum è una doppia lotta: per abrogare una legge, ma anche per difendere il diritto al voto, la partecipazione, l’istituto referendario. Le cose da fare ora sono tre. Uno: chiederemo al governo una data, storicamente per boicottare i referendum si scelgono date impossibili, come il 1° maggio o il 25 aprile. Due: chiederemo alla Commissione di vigilanza Rai che non succeda che si faccia informazione solo negli ultimi venti giorni e in orari impossibili. Tre: che sia garantito il voto agli studenti e ai lavoratori fuori sede. Il governo su questo aveva raccolto le proposte delle opposizioni, hanno fatto una legge delega “per fare presto”, tanto presto che è ferma al Senato da mesi. È un’unica circoscrizione elettorale, basta organizzarsi ed è possibile». Poi Riccardi Magi attacca: «Il governo ha già iniziato con la campagna referendaria: sui social Fdi ha pubblicato il simbolo del comitato accanto alle immagini delle molestie sessuali nelle piazze fatte anche da persone con background migratorio. Non ci rassegneremo alla narrazione criminalizzante e razzista, parliamo di 5,2 milioni di persone oneste che lavorano. È un referendum patriottico, come ha detto Mattarella nel messaggio di fine anno: “È patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità”».
Angelo Bonelli di AVS si impegna a «mobilitare il suo gruppo per un passaggio estremamente importante, in quadro che preoccupante è dire poco: le politiche sulle persone che migrano ne calpestano i diritti, si parla di deportazioni, assistiamo al grande bluff della destra che ha raccontato balle, ci ha accusato di essere amici dei trafficanti, quando sono loro gli amici. Invece di inseguirli “per tutto il globo terracqueo”, allo0 stupratore e assassino Almasri hanno fatto fare il turista riportandolo a casa col volo di Stato. Bugie e fake news. Occorre una mobilitazione culturale che è mobilitazione politica».
«Una grande lezione di cittadinanza – sottolinea Ouidad Bakkalì del Pd – da chi la cittadinanza non ce l’ha. Io sono stata senza cittadinanza per 21 anni, sento fortissima questa responsabilità. Liberiamo il dibattito dalle polarizzazioni e delle strumentalizzazioni che hanno colpito la carne viva dei ragazzi, con una narrazione da destra che li criminalizza. In che società vogliamo ivere? in una che escludere e discrimina le nuove generazioni? Quei bambini, ragazzi, uomini e donne potrebbero essere italiani già oggi. Vogliamo una società di conflitto sociale, o di giustizia, inclusione, diritti riconosciuti?». La deputata italiana di origini marocchine sottolinea come «la riduzione effettiva non sarà da 10 a 5, ma da 14 a 9 anni, perché ne servono almeno altri tre o quattro, dopo il tempo richiesto. Il Governo dice di voler ridurre i tempi della burocrazia? Lo lascino fare a questo referendum».
Per Giulia Pastorella di Azione «la politica sta facendo un balletto su ius scolae e ius culturae. È un tema che tocca profondamente milioni di persone. questa riduzione è in linea con la maggior parte dei paesi europei». E definisce «vergognoso che la politica leghi questo tema alla criminalità. Non parliamo di immigrazione ma di persone che vivono a pieno titolo sul nostro territorio. La società è pronta, il governo resiste per motivi ideologici».
Benedetto Della Vedova di +Europa sottolinea che «è un referendum che guarda al futuro dell’Italia. Il paese avrà un futuro economico, sostenibile del modello sociale se saprà integrare chi viene da fuori. Penso al mondo produttivo, a chi pensa alle proprie aziende tra 10 o 15 anni, a chi guarda i dati del welfare. Sanno che dobbiamo scommettere su energie vitali nuovi. Da soli, con tutti i baby bonus del mondo non ci arriveremo».
Per Giuseppe Civati «dovrà essere sempre lodato Sergio Mattarella per la sua dichiarazione nel discorso di fine anno. Abbiamo sprecato 40 anni con code in questura e razzismo istituzionale. In consiglio regionale in Lombardia ricordo Salvini che voleva gli autobus divisi per bianchi e per neri. E oggi la destra continua a fare la destra, in Europa e in America, con deportazioni e modelli fascisti. Il campo democratico si deve muovere. È un momento di civiltà per la Repubblica».
«Dobbiamo e possiamo vincere. Questa possibilità è concreta», assicura Luigi Manconi. E cita due dati: «La legge 91 è del 1992, quando gli stranieri erano circa 500 mila, oggi sono 5,2 milioni e lavorano, pagano le tasse, si amano, tifano. La 91 oggi è un ferro vecchio». Il secondo numero è quello degli studenti di origine straniera nelle scuole: «Sono 928 mila, è un’integrazione già raggiunta. Ma è un oltraggio che non abbiano gli stessi diritti, garanzie, tutele dei compagni di banco». Poi aggiunge: «nella mia lunga vita ho partecipato a migliaia di riunioni politiche. Mai come in questa di oggi dai rappresentanti delle associazioni di “nuovi italiani” ho sentito parlare un italiano così buono, rotondo, attento, preciso. Un argomento formidabile per rivendicare il vostro diritto alla cittadinanza».
Tra gli altri sono intervenuti anche Daniela Ionita (Italiani senza cittadinanza), Deepika Salhan (Dalla parte giusta della storia), Marianna Kalonda Okassaka e Martina Chichi (Amnesty), Papia Aktar (Arci), Antonio Ferri (Action Aid), Gianpiero Cioffredi (Libera), Federica Corsi (Oxfam), Regina Catrambone (Moas), Francesca Moccia (Cittadinazattiva)
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