“Mps-Mediobanca è un’operazione politica, con poco senso industriale”

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È un’operazione che lascia molti dubbi quella che coinvolge Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca. La banca senese, che negli ultimi anni ha vissuto un travagliato percorso di risanamento, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca con l’obiettivo di creare un “terzo polo” bancario in Italia. Secondo gli esperti, però, è difficile ipotizzare che ci sia una logica industriale dietro a questa mossa. “Non c’è affatto l’idea di fare un terzo polo, è un’operazione speculativa finanziaria”, ha detto ad Huffpost Giulio Sapelli, già professore di storia economica e politica a Milano e in importanti università straniere. Le perplessità sono condivise anche dall’ex commissario Consob Salvatore Bragantini, per cui si tratta di “un’operazione a sostegno di Del Vecchio e Caltagirone, pensata e autorizzata dal governo”.

Il governo italiano, attraverso il Ministero dell’Economia, è il principale azionista di Mps, di cui detiene l’11 per cento delle quote. Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, ne possiede il 9,8 per cento, mentre il Gruppo Caltagirone è terzo con il 5 per cento. È proprio questa composizione dell’azionariato a suscitare dubbi sulla natura politica dell’operazione. “Faccio di tutto per scacciare l’ipotesi che ci sia un intervento governativo, di cui non capirei l’obiettivo, se non quello di aumentare il potere di pressione sugli affari. Se è questo, siamo messi molto male”, ha proseguito Sapelli. “Dopo esserci sgolati per vent’anni sulla buona governance, adesso siamo tornati a un patto di sindacato nascosto”.

Uno dei principali motivi di perplessità riguarda il divario dimensionale tra Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca. Mps, una banca commerciale che dopo anni di difficoltà ha intrapreso un percorso di risanamento, si propone di acquisire il controllo di Mediobanca, banca d’affari tra le più solide e strategiche nel panorama finanziario italiano. “È il gatto che si mangia il cane”, ha sintetizzato Bragantini. Sebbene Mps abbia parlato di una “forte complementarità di prodotti e servizi” e di “rilevanti sinergie industriali” per giustificare l’operazione, diversi analisti hanno obiettato questa ricostruzione. “Riteniamo difficile identificare sinergie, mentre emerge il rischio di potenziali dissinergie. Inoltre, intravediamo difficoltà nel mantenimento e nell’apporto di nuove professionalità all’interno del gruppo risultante, con il rischio di una diluizione delle specificità distintive di Mediobanca”, è il parere degli esperti Equita.

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Dello stesso parere è il professor Giulio Sapelli, per cui Mps “dovrebbe proseguire sulla strada tracciata da Luigi Lovaglio (l’amministratore delegato che ne ha guidato il risanamento, ndr), tornando a essere una banca radicata sul territorio che aiuti le piccole e medie imprese, soprattutto in vista di un periodo di prevedibile crisi per la politica economica nordamericana”. Avventurarsi in operazioni di questo tipo, secondo il professore, non solo avrebbe poco senso, ma sarebbe perfino dannoso. “Teniamoci cara Mediobanca così com’è, che di tutto ha bisogno meno che di essere di nuovo oggetto di scalate”.

Un ulteriore aspetto critico dell’operazione riguarda le condizioni particolarmente complesse fissate per il suo successo, a partire dalla necessità di ottenere l’adesione di almeno due terzi degli azionisti di Mediobanca. “Questi vincoli che fanno di tutto perché sia difficile la riuscita di questa operazione, se non indebitandosi e quindi creando un istituto che ha in sé un vizio d’origine”, ha spiegato Sapelli. Anche per questo motivo l’offerta pubblica di scambio di Mps resta “inspiegabile”. “Mi colpisce che la Banca d’Italia non abbia alzato la voce, soprattutto considerando che a guidarla è un uomo solido come Panetta. Un tempo senza Bankitalia non si muoveva niente ed era giusto così: le banche centrali devono sorvegliare e punire”, ha detto Sapelli.

Sullo sfondo resta il ruolo centrale di Generali, il gigante assicurativo di cui Mediobanca è azionista di riferimento. Secondo Bragantini, “il controllo di Generali è certamente negli obiettivi di Mps. Anche perché il consiglio di Generali si rinnova adesso, in aprile o maggio, quindi è un bersaglio grosso”.



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