Milano ricorda i Levi, famiglia stroncata ad Auschwitz. “Tra loro Emilia, la bimba ricordata da Primo Levi”.

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MILANO. Una vecchia foto in bianco e nero. In primo piano il piccolo Italo Levi, con grandi occhiali tondi e le manine che stringono il manubrio di un monopattino. Alla sua destra, una bimba ancora più piccola, ha 4 anni e guarda fissa in camera. Dietro c’è una donna che accenna un sorriso e ha l’aria stanca. A stringere l’unico ricordo tangibile che le rimane dei Levi è la signora Paola Vita Finzi, amica stretta di una famiglia finita nella morsa delle leggi razziali fasciste e sterminata nel campo di concentramento di Auschwitz. Le mani della donna di 92 anni stringono forte la foto. La piccola che guarda in camera è proprio lei, il bimbo in primo piano è Italo Levi mentre la donna è la signora Emilia Viterbo Levi.

Per ricordare la famiglia milanese sterminata 80 anni fa sono state posate quattro pietre d’inciampo, proprio davanti al portone della casa di via Donatello 26/a. Il tempo non sempre lenisce le ferite, almeno per la signora Paola che sembra ricordarsi ogni momento di quello scatto fatto a pochi metri di distanza, in piazza Piola. «La foto è più o meno del 1936. Italo aveva un monopattino, io ho sempre sognato di averne uno», racconta la signora Paola, mentre un velo di tristezza e nostalgia le cala sugli occhi. «Ricordare questi miei amici è una cosa molto importante. È stata una famiglia normale e a differenza della mia non è riuscita a sopravvivere ai nazisti».

A 80 anni dalla liberazione del campo di sterminio più tristemente noto, Auschwitz, a Milano saranno posizionate 26 nuove pietre d’inciampo, per raggiungere quota 224 in tutta la città. Dietro ogni pietra c’è una storia che non può essere dimenticata. Come non si possono dimenticare le corresponsabilità dell’Italia con il governo fascista. Le leggi razziali hanno allontanato moltissime persone da luoghi di lavoro e dai banchi di scuola, come è accaduto al piccolo Italo. «Frequentava la scuola qui vicino, Leonardo Da Vinci», racconta la presidente del comitato pietre d’inciampo Alessandra Minerbi. Per ricostruire la storia di questo bambino, è andata nell’istituto. «Dai registri vediamo che Italo frequentava nell’anno scolastico 1937-1938, mentre nell’anno successivo non era più iscritto perché era stato espulso come tutti i bambini ebrei con le leggi razziali». 80 anni dopo, una classe della stessa scuola elementare, la quinta B, ha partecipato al momento della posa delle pietre, quattro come le vite spezzate di questa famiglia.

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Il padre Aldo era un ingegnere a capo dei servizi elettrici del Comune di Milano, aveva sposato Elena Viterbo e avevano avuto due figli, Italo e Emilia Amalia. Della più piccola della famiglia, morta a 5 anni, resta il racconto immortale di Primo Levi, in un passaggio del primo capitolo di Se questo è un uomo. «Emilia era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente, alla quale durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte».

Punto di svolta per i Levi come per tutti gli ebrei che vivevano in Italia sono state le leggi razziali del 1938. Dopo il censimento dei milanesi ebrei, Aldo Levi viene identificato ed espulso, perde il lavoro e con la famiglia cerca un primo appoggio a Lodi per fuggire in Svizzera ma a Como sono arrestati e deportati ad Auschwitz. «Per noi è stato un grande dolore sapete che sono finiti ad Auschwitz. L’ultima notte a Milano l’hanno passata in quella casa là, presso degli amici e poi sono partiti per Como. Non sono più tornati», racconta la signora Paola.

Di fronte a un abisso inspiegabile, ogni anno si rafforza l’esigenza di ricordare queste vite spezzate e da chi sono state spezzate. Lo stesso antisemitismo sembra non esser tramontato. In questi giorni la senatrice a vita Liliana Segre ha ricevuto gli ennesimi insulti sui social, questa volta in occasione delle proiezioni del documentario “Liliana” del regista Ruggero Gabbai. «C’è un rigurgito di antisemitismo, è indubitabile – commenta la presidente Minerbi -. Credo che molta parte di questo venga da un’ignoranza assoluta, dalla mancanza di conoscenza di quello che è successo. Proprio per questo il lavoro di scavo e informazione è fondamentale».

Anche il presidente provinciale di Anpi Milano, Primo Minelli, che ha partecipato alla posa delle pietre d’inciampo, ha condannato «molto fermamente» gli insulti ricevuti da Segre. «Queste forme di antisemitismo sono figlie di un clima generale che si sta creando». Intanto proprio il 27 gennaio il Consiglio comunale potrebbe votare la proposta di istituire una commissione contro i linguaggi d’odio, in linea con la commissione Segre, istituita al Senato con il medesimo scopo e presieduto dalla senatrice a vita.



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