La giornata è di quelle destinate ad uscire dalla cronaca per entrare nei libri di storia. O almeno così dovrebbe essere in un Paese degno di essere chiamato civile.
Lo scorso mercoledì 22 gennaio il cielo bigio sulla Capitale rilascia a brevi intervalli quella che i romani chiamano “gnagnarella”, la pioggerellina lenta e fastidiosa che tutto rallenta e tutto avvolge. E proprio lentamente, a due a due o a piccoli gruppi, si ritrovano davanti Palazzo Giustiniani i familiari delle vittime innocenti delle mafie.
Sono qui perché chiamati a raccolta dalla senatrice Enza Rando e da Libera. L’avvocato Rando oggi siede tra i banchi del Senato, ma da sempre accompagna i familiari nelle aule di tribunali o nelle stanze di prefetture e ministeri perché sia riconosciuta dignità al dolore che attraversa le vite di quanti hanno perso i propri affetti per mano della violenza mafiosa. Con la stessa attenzione e la stessa vicinanza che, in trent’anni di impegno, Libera ha costantemente assicurato. Ad accogliere chi arriva, ci sono don Luigi Ciotti e Daniela Marcone e con loro Francesca Rispoli (da novembre co-presidente di Libera) e Nando dalla Chiesa e altre donne e uomini dell’ufficio di presidenza, della direzione e dello staff nazionale.
Se l’ingresso in Senato è serrato e contingentato per ragioni di orario e di spazio, non manca il tempo per un grande abbraccio collettivo, per uno scambio ricco di sorrisi e saluti e carico di affetti, nonostante aleggi una sorta di tensione invisibile, legata sicuramente alla consapevolezza dell’importanza del momento, ma anche al ricordo del flash mob del 18 febbraio 2020, in Piazza Montecitorio – che suscitò grandi aspettative fin qui, purtroppo, non corrisposte.
Ecco perché il fatto che questa volta ad entrare nei palazzi della politica non sia una delegazione agguerrita ma una folta rappresentanza, altrettanto motivata, segna un punto di non ritorno nella battaglia per il riconoscimento di quelli che sono stati chiamati “diritti vivi”. “Diritti vivi” perché pur afferendo alla tragedia delle vittime delle mafie, in realtà la piattaforma elaborata da Libera punta a tutelare le esistenze delle famiglie che hanno pagato un tributo altissimo con l’uccisione dei propri cari e ad inquadrare le tante storie in un perimetro di riconoscimento civile e valorizzazione storica.
I lavori procedono spediti e sono ricchi di spunti. Libera Informazione ospita la registrazione curata da Radio Radicale e l’intervento di Daniela Marcone.
E se non serve una ricostruzione dettagliata di quanto è stato detto in quasi due ore di lavoro, puntiamo però a fissare alcune parole chiave, alcune istantanee dell’intenso pomeriggio romano, perché sono quelle che resteranno scolpite nella memoria dei partecipanti e, ci auguriamo, serviranno da perenne bussola per monitorare l’effettivo percorso delle richieste avanzate.
L’emozione e il diritto
Ci piace porre l’accento innanzitutto sull’emozione della giornata. Emozione autentica come espressione di condivisione, diventata con il trascorrere degli anni compassione: sentire cioè il dolore degli altri come se fosse proprio e cercare, in tutti i modi, di ristorarlo con azioni concrete. Non tanto seguendo il registro della consolazione, ma ricorrendo piuttosto a quello della speranza. Come definire altrimenti quanto è stato fatto in questi decenni da quanti hanno ascoltato e poi aiutato con ogni forza le tante donne e i tanti uomini piegati dalla sofferenza loro inflitta dalle mafie?
Ecco allora perché ancora una volta, prima Enza Rando e poi Daniela Marcone, appunto non senza profonda emozione, si fanno carico di un lungo elenco che non sono sterili doglianze, ma legittime richieste. Norme e procedimenti che, qualora fossero accolti, cambierebbero non solo il corso della vita di chi è rimasto, dopo che un omicidio efferato o una strage violenta ha piegato innaturalmente famiglie e vissuti, ma anche la storia ufficiale di un Paese che non ha mai voluto fare fino in fondo i conti con il proprio passato.
“Diritti vivi” come ha ribadito Daniela Marcone e non benefici o elargizioni, più o meno sostanziosi in ragione del luogo o del tempo in cui i fatti criminali sono avvenuti, che lo Stato è da tempo chiamato a riconoscere per fare un passo in avanti nella strada di una civiltà dove il crimine organizzato sia sempre di più relegato ai margini.
La sostanza giuridica della piattaforma presentata è poi l’ulteriore elemento di valore emerso nel corso della giornata. Proprio dai contributi competenti e appassionati di due magistrati come Franca Imbergamo della Direzione Nazionale Antimafia e Giovanni Roberto Conti della Corte di Cassazione emerge l’importanza del salto di qualità richiesto nell’affrontare la questione.
Imbergamo richiama prima il valore di quello che si chiama “diritto alla verità” e che, pur con tutte le cautele del caso, richiede un rafforzamento giuridico e sottolinea anche l’apporto insostituibile che può essere offerto dai collaboratori di giustizia, a condizione che rieducazione e controllo siano effettivi, soprattutto a seguito di concessione di benefici penitenziari.
Conti ribadisce la necessità di un riconoscimento giuridico del diritto alla verità, evidenziando come altri soggetti possano concorrere alla sua tutela e al suo raggiungimento: associazioni, giornalisti e gli stessi familiari, come dimostrato dalle sentenze relative ad Ustica o all’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio.
Segreti e non misteri
L’altra istantanea di giornata viene dall’intervento di Ilaria Moroni dell’Archivio Flamigni. Nel ricordare il percorso della Rete degli Archivi per non dimenticare, di cui è coordinatrice, Moroni segnala l’urgenza di non disperdere il patrimonio di conoscenze che è legato alle storie delle vittime innocenti delle mafie, per saldarlo necessariamente a quello delle vittime del terrorismo e delle stragi. Infatti, la lettura storica dei decenni dell’Italia repubblicana deve procedere tenendo insieme fenomeni quali terrorismo interno, stragismo e criminalità mafiosa. Solo così si può comprendere l’anomalia dell’Italia nel contesto internazionale e il fatto che non esistano misteri, ma piuttosto segreti ai quali hanno concorso anche pezzi di istituzioni. Le conoscenze oggi di quei fatti non sono poche e non sono tutte in sentenza, ma il lavoro delle associazioni dei familiari è stato di fondamentale importanza. E visto che la tenuta dei familiari non è scontata, dobbiamo farci portatori di verità e giustizia anche per loro.
Il ritardo della politica è invece l’istantanea che prendiamo dall’intervento di Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Dopo aver ringraziato Enza Rando, con la quale – confida – è in essere una sorta di “compromesso storico” perché sia messa in campo una memoria condivisa con azioni concrete, Colosimo evidenzia il legame tra terrorismo e mafie nell’aver fatto guerra allo Stato, ammazzato innocenti, lacerato la nazione. Denuncia inoltre come l’elenco delle vittime di mafie non trovi una totale corrispondenza nell’archivio della Commissione: sono storie che non esistono formalmente e che i commissari dell’antimafia non conoscono. Ma vi è però un lavoro che viene rivendicato dalla presidente dell’Antimafia: dalla revisione del principio che esclude i “benefici” per chi sia “parente o affine entro il quarto grado” di sottoposti a misure di prevenzione o coinvolte in procedimenti per mafia, al riconoscimento del percorso di “Liberi di scegliere” per sottrarre donne e giovani dai contesti criminali. E la chiusura strappa con facilità gli applausi dei presenti: “Grazie e perdonateci se fino adesso non abbiamo fatto abbastanza..”.
Le parole stanche e la felicità ostinata
Dall’intervento di don Luigi Ciotti invece è più difficile estrarre alcune parole chiave, ma proviamo, correndo il rischio di tralasciare qualcosa di più importante di quello evidenziato.
Il presidente di Libera, ribadendo l’importanza della presenza in Senato di un numero così elevato di familiari delle vittime innocenti delle mafie, sgombra subito il campo da ogni equivoco: “Non si parli di ‘compromesso storico’, guai se su questi temi la politica si divide. Davanti alla Camera dei Deputati qualche anno fa si sono fatte le stesse richieste e allora alcune parole sono un po’ stanche, stanche perché da anni chiediamo le stesse cose”.
Dal sacerdote arriva l’invito a trasformare la memoria del passato in etica del presente, rivendicando quelli che devono essere diritti e non benefici o favori: “Il diritto alla verità acquisti il giusto peso nel Paese per non perpetuare l’impunità e rafforzare la democrazia”. E ancora ricorda che “l’80% dei familiari delle vittime non conosce la verità”. Ecco perché “dobbiamo continuare a denunciare le troppe coscienze dormienti, eticamente silenti, se non complici di questi ritardi; dobbiamo collaborare con le istituzioni se fanno le cose giuste ed essere una spina nel fianco se non fanno quello che devono fare”.
In chiusura c’è il tempo anche per una carezza all’anima dei presenti che conosce uno ad uno, quando don Luigi esprime gratitudine per la “felicità ostinata dei familiari” che è nata in ragione della condivisione interna alla rete delle proprie storie e si esprime anche, per alcuni di loro, nei percorsi di dialogo con i reclusi nelle carceri: è così che la disperazione e il dolore lasciano il posto alla speranza.
“Parole di carne, parole vere” quelle del presidente di Libera che ciascuno dei partecipanti porta con sé all’uscita dal Senato, diretti ai treni e agli aerei verso casa: “ne è valsa la pena essere qui oggi insieme” e pur sapendo che la strada è ancora lunga, sono tutte e tutti consapevoli di aver scritto una nuova pagina importante di memoria collettiva, nel segno di un impegno che non può e non deve venire mai meno.
Diritto alla verità e vittime innocenti di mafia. Tra memoria e diritti mancati
Roma, Senato della Repubblica – Mercoledì 22 gennaio 2025
Ore 14:30 Durata: 1 ora 58 min – A cura di Carmine Corvino
Intervengono: Don Luigi Ciotti (Presidente Libera), Chiara Colosimo (deputata e Presidente Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere), Giovanni Roberto Conti (Magistrato Corte Cassazione), Franca Maria Rita Imbergamo (Sostituto Procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo), Daniela Marcone (Referente nazionale Memoria per Libera), Ilaria Moroni (Coordinatrice Rete archivi Per non dimenticare), Vincenza Rando (Senatrice e Coordinatrice Comitato Cultura Legalità e Protezione Minori della Commissione Antimafia).
Convegno “Diritto alla verità e vittime innocenti di mafia. Tra memoria e diritti mancati”, registrato a Roma mercoledì 22 gennaio 2025 alle 14:30.
Fonte: Radio Radicale
I familiari delle vittime di mafie portano le loro istanze in Senato
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