La proroga COVID di 85 giorni sposta in avanti anche la decadenza

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Ieri, 23 gennaio 2025, mediante il decreto n. 1630 la Corte di Cassazione ha respinto la questione interpretativa sollevata in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c. relativa all’applicabilità, ai termini di decadenza di accertamento sia annuali sia infrannuali, della proroga ex art. 67 comma 1 del 18/2020.

Per effetto dell’art. 67 comma 1 del DL 18/2020, “Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori”.
Secondo la prassi “la sospensione introdotta dall’articolo 67 determinava lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione” (risposte Videoconferenza 27 gennaio 2022; circ. Guardia di Finanza 14 febbraio 2022 n. 0043494).

Prendendo il caso degli accertamenti imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 43 del DPR 600/73 gli avvisi di accertamento vanno notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Entro il 31 dicembre 2024, di conseguenza, avrebbero dovuto essere notificati gli accertamenti sull’anno 2018 (REDDITI, IRAP, 770, IVA 2019).
Se si applica l’art. 67 comma 1 del DL 18/2020, il termine viene spostato in avanti di 85 giorni sicché i termini in scadenza al 31 dicembre 2024 slitterebbero al 26 marzo 2025.

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Lo stesso per gli anni antecedenti e altresì per i termini infrannuali, ad esempio relativi al disconoscimento dell’agevolazione prima casa ove si applica l’art. 76 del DPR 131/86 (l’avviso di liquidazione va notificato, a pena di decadenza, entro tre anni dalla registrazione dell’atto).

In breve la Corte di Cassazione conferma la tesi della prassi avendo rigettato il rinvio pregiudiziale sollevato dalla C.G.T. I° Gorizia 13 novembre 2024 sez. II (per i tributi erariali, in primis imposte sui redditi e IVA) e dalla C.G.T. I° Lecce 19 novembre 2024 sez. 1 (in relazione, però, ai tributi locali).

L’art. 363-bis c.p.c. consente il rinvio pregiudiziale quando “1) la questione è necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di cassazione; 2) la questione presenta gravi difficoltà interpretative; 3) la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi”.
Nel decreto di ieri la Corte ha dichiarato inammissibile il rinvio di entrambe le Corti (quindi sia per i tributi erariali che per i tributi locali) in quanto la problematica risulta essere ormai stata risolta.

In quest’ultima pronuncia, al punto 1.1.3 viene stabilito: “Occorre pertanto interpretare la normativa sopra citata nel senso che i termini di sospensione si applicano non soltanto in relazione a quelle attività da compiersi entro l’arco temporale previsto dalla norma, ma anche con riguardo alle altre attività, nel senso che si determina uno spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione. In tal senso depone il dato letterale della disposizione dettata dall’art. 67 e l’espresso richiamo alla disposizione di carattere generale prevista dall’art. 12, comma 1, DLgs. n. 159 del 2015, il quale stabilisce che le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212”.

Non esaminati i nessi con l’art. 157 del DL 34/2020

Relativamente ai tributi erariali, si poteva affermare che la materia trova autonoma ed esaustiva disciplina nell’art. 157 comma 1 del DL 34/2020, secondo cui gli atti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 avrebbero dovuto essere emessi entro il 31 dicembre 2020 ma notificati dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022.
Questa tesi, non è, al momento, nemmeno stata presa in considerazione.

Implicitamente, è stata rigettata la tesi secondo la quale l’art. 67 comma 1 del DL 18/2020 avrebbe potuto riguardare solo le annualità caratterizzate dall’emergenza epidemiologica, e non anche le successive.



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