Roma, 24 gennaio 2025 – Non bastava il referendum sul Jobs Act a spaccare il Pd sul fronte delicato del lavoro. Ora anche la proposta della Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alla “vita” delle imprese, approvata con un voto storico in Commissione Lavoro alla Camera, finisce per aprire una nuova lacerazione tra i dem. Ma le nuove regole sull’ingresso (non obbligatorio, ma affidato alla contrattazione) dei dipendenti negli organismi consultivi o gestionali delle imprese, dividono anche il sindacato e la stessa Confindustria. Ma partiamo dal fronte del sì. A essere soddisfatto è innanzitutto il leader della Cisl, Luigi Sbarra, che chiude il suo mandato con un risultato indubbio. “Si tratta – spiega – di un passo di enorme importanza per il Paese, per il riconoscimento e l’applicazione di un diritto sancito dalla Costituzione e per un modello di relazioni industriali e sociali moderno, costruttivo e democratico. Un grazie a chi sta contribuendo alla realizzazione di questo percorso”.
E il grazie del numero uno del sindacato di Via Po, che lascerà l’incarico a Daniela Fumarola a breve, è per i partiti della maggioranza, ma non certo per il Pd. “La mia posizione – avvisa non a caso il vicepremier Antonio Tajani – è stata favorevole sin dall’inizio proprio perché si tratta di una scelta volontaria, non di una imposizione”. Il partito di Elly Schlein, come sul Jobs Act, si ritrova stretto e diviso tra la posizione di netta contrarietà di Maurizio Landini e il favore di una fetta rilevante del partito (tutta l’area cattolica e riformista) alla proposta Cisl, anche se a conti fatti il voto in commissione Lavoro è stato contrario senza defezioni. Ma, del resto, appare paradossale per la maggior parte degli addetti ai lavori la posizione di chi dichiara di votare contro per difendere i contenuti della proposta originaria quando addirittura chi la ha fatta sottoscrivere a 400.000 cittadini, la Cisl, chiede con forza al Parlamento di votarla, anche nella versione emendata dalle Commissioni Lavoro e Finanze della Camera. Altrettanto singolare, del resto, è anche che Pd e Confindustria contestino la legge sostenendo due tesi totalmente opposte: il Pd critica l’eccessiva piegatura alle imprese dopo gli emendamenti, che hanno enfatizzato la natura volontaria della partecipazione, mentre Confindustria sostiene che la legge non va bene perché troppo vincolante e schiacciata sui lavoratori.
Ma, d’altra parte, come nel caso dei Dem, anche tra le grandi imprese di Viale dell’Astronomia le posizioni sono molteplici. Imprenditori di peso, come Antonio Gozzi di Federacciai, e associazioni di primo piano, come Assolombarda (che ha recentemente pubblicato un paper proprio sulla partecipazione) guardano con interesse alla nuova legge. Tanto più che, alla fine di questa tappa del percorso parlamentare, il testo che va al voto in aula il 27 gennaio si presenta – come spiega Emmanuele Massagli, presidente della Fondazione Tarantelli – come un punto di equilibrio, che non impone ma incentiva le forme volontarie di partecipazione definite dalla contrattazione. “È stata enfatizzata – puntualizza – ancor più la natura facoltativa degli accordi partecipativi, eliminando le norme “speciali” immaginate per le pubbliche amministrazioni e le partecipate pubbliche, sopprimendo la figura del Garante per la sostenibilità e semplificando le procedure connesse alle forme organizzative e consultive della partecipazione. Di contro, lo stanziamento previsto di 20 milioni è superiore a quello inizialmente stimato dalla Cisl e, soprattutto, è stata preservata l’ossatura tecnica e culturale della proposta: soft law di sostegno alla contrattazione collettiva, quattro forme di partecipazione (per la prima volta definite in un atto di legge), incentivi economici per premiare le aziende che accetteranno modelli partecipativi”.
Con il corollario – insiste Massagli – che “dopo 77 anni, finalmente, per la prima volta viene realizzato uno dei principi più rilevanti della nostra Costituzione e per quanto possa essere perfettibile (ci sarà modo di emendarla, se dimostrerà di funzionare), questa legge è meglio dell’assenza di regolazione precedente”.
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