IL COMMENTO I percorsi del vino – Il Golfo 24

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DI LUIGI DELLA MONICA

Mi rendo conto di calpestare un campo minato, anche perché non sono un esperto, un enologo oppure un sommelier, ma chi ha detto che per amare il vino, il territorio, il contadino, la cultura millenaria agricola delle vigne, per assaporare e commentare le diversità organolettiche del contenuto di un calice bisogni essere un blasonato critico di settore? Questo si sperimenta ogni anno a Rapolla (Pz) nelle “Cantine Camerlengo” di Antonio Cascarano, nel cuore del Sud Italia a circa 300 km di distanza in linea d’aria da “Aenaria”, l’isola del ferro nella baia di “Cartaromana” e del vino prodotto da schiavi e liberi in epoca romana, “din’su su le vette” delle parracine greche della collina di Campagnano, nonché sull’”insula minor”, oggi Castello Aragonese che compie 2.500 anni – non me ne vogliano i vignaiuoli di Panza ma ho citato il versante Sud Est solo per una licenza narrativa; li menzionerò nel seguito del mio articolo. L’aglianico prodotto nel Vulture melfese, ai piedi del Monte Vulture, vulcano spento che dona all’humus dei terrapieni le stesse caratteristiche del vino ischitano, assume una connotazione particolare, rispetto agli altri omologhi produttori del Sannio e dell’Irpinia, proprio perché ha una proprietà di gusto leggermente più sapida data per l’appunto dalla natura gassosa del terreno.

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In prossimità dei paesi di Barile, Rionero, Rapolla e Melfi vi sono le sorgenti di acqua Monticchio, la Toka, la Gaudianello, che ahinoi sono di proprietà Estera. Rifacendomi ad una citazione fatta da un ospite della kermesse, appartenente all’associazione “Slow food” di Potenza, spiego l’attinenza con la nostra realtà isolana: nella cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio: “Falerno Opimiano di cent’anni. Mentre eravamo impegnati a leggere, Trimalcione batte le mani urlando: Ahimè, dunque il vino vive più a lungo di un pover’uomo. Ma allora scoliamocelo d’un fiato! Il vino è vita e questo è Opimiano puro.” Satiricon 34. Abbiamo alle spalle 2.500 anni di storia vitivinicola (gli stessi anni del nostro Castello Aragonese), per cui il Falerno del Massico Bianco, che risale ai tempi della Roma Imperiale, viene prodotto in larga parte con le uve coltivate in una vallata ai piedi del vulcano spento Roccamonfina con esposizione Nord, Nord-Est. State notando le tante omologie? Ischia si inseriva perfettamente in questo contesto enogastronomico esperienziale dell’epoca romana. Allora mi domando, se un manipolo di amici, viticoltori, ristoratori, giornalisti di settore come Fabio Riccio, critico della guida dei ristoranti de “L’Espresso”, oppure semplici amatori dilettanti del buon vino come me, ovvero l’Avv. Raffaella Bisceglia da Bologna, esperta di registrazione dei marchi di vini, si riunisce davanti ad un tavolo rotondo per assaggiare vino aglianico, fermentato con processi naturali nell’anno 2012, il quale però al contatto con la lingua ed all’olfatto delle papille gustative differisce a seconda del tino, posizionato sul tavolo in linea simmetrica e “diagonale” (formato bottiglia 0.75 cl, 1,5 lt., 3 lt. e 6 lt.), evidentemente o Ischia non organizza simili iniziative per supponenza di superiorità assoluta agli altri produttori, oppure perché non se ne ha bisogno.

Non aveva bisogno un piccolo, nemmeno tanto, albergo di Rapolla, che ha aperto per ospitare tutti noi provenienti da tutta Italia nel cuore del mese di gennaio e soprattutto perché si doveva ribadire il concetto “bere bene, bene felicemente ed in sicurezza per il rispetto delle regole del nuovo codice della strada”, nel momento in cui improvvisamente ci siamo accorti al mattino successivo che sul crinale della montagna di fronte campeggiava il castello di Melfi, il sito delle costituzioni melfitane, al tempo di Federico II di Svevia. Una volgarissima serata fra amici e conoscenti in una sperduta cantina del Sud, quanti stimoli sensoriali e culturali ha potuto offrirmi la sera del 20 gennaio e quanto può rappresentare positivamente se sperimentata sulla patria degli antichi vini romani: l’isola d’Ischia! Ecco il problema dei nostri produttori isolani, che sono tra i migliori al Mondo, ma si rinchiudono nella propria torre di Babele, temono di aprirsi all’estraneo, al forestiero che possa costituire un arricchimento culturale, viceversa viene visto come un nemico, per certi versi uno scippatore dei suoi primati e delle sue metodologie.

Non intendo criticare iniziative come “Andar per cantine”, me ne guardo anni luce, ma ritengo che Ischia abbia tutte le potenzialità culturali e geomorfologiche, nonché recettive, per organizzare un vero e proprio festival del vino, del luogo del confronto, del simposio del modo di fare vino, in Italia, quindi nel Mondo, visto che temiamo solo la concorrenza francese. Qui torna il collegamento con Panza, non solo per la sua ideale e baciata da Dio posizione geografica per produrre vino, ma anche per la sua vocazione ad ospitare eventi, memorial e kermesse del settore della enologia. Immaginiamo ad esempio di poter ripetere la diagonale del vino ischitano nei giardini Ravino, sulla spiaggia al tramonto di Citara, nei giardini Poisedon, oppure sul faro di Punta Imperatore, o ancora nella tenuta Calitto: sorseggiare calici di aglianico, di falerno, di “pere e palumm”, confrontarli, commentarli, sentirli, spiegarne le antiche tecniche produttive nella storia. Vedete cari lettori, quando si parla di “italian style” si allude a questo: alla mente degli altri popoli del Mondo risulta enigmatica ed affascinante la capacità di comunicare una simbiosi fra uomo, terra ed antichissima cultura. Quando si beve un vino, si sta fondendo lo spirito del contadino, la sua gioia nel produrlo con quella che avverte il singolo o il gruppo di bevitori nel calice; esistono vini da pasteggio e vini da bere assoluti, ma nel momento in cui si gustano fanno avvertire al consumatore la mineralità del terreno, la lavorazione, la fermentazione, la botte, il tappo, il tannico, il balsamo, il frutto, in una parola lo stile italiano, l’isola. Se tutto questo si inserisce nella location dell’isola d’Ischia, con le sue bellezze e le sue capacità di ospitare turisti provenienti da tutto il pianeta, siamo solo di fronte a miopia, se non vogliamo organizzare eventi simili.





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