Pfas, in Italia è contaminato il 79% delle acque potabili

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Lo rivela l’indagine Acque senza veleni di Greenpeace Italia che ha raccolto 260 campioni in 235 città. Tra le Regioni più a rischio Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Liguria. I valori peggiori a Castellazzo Bormida in provincia di Alessandria

In 206 dei 260 campioni d’acqua potabile in Italia, pari al 79% del totale, è stata registrata la presenza di almeno una sostanza riconducibile al gruppo dei PFAS. Sono i dati presentati da Greenpeace, che per verificare lo stato della contaminazione da PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) nelle acque potabili italiane ha condotto l’indagine indipendente “Acque senza veleni” nei mesi di settembre e ottobre 2024 durante la quale ha prelevato 260 campioni in 235 comuni italiani di tutte le Regioni e le Province autonome. Le analisi, condotte da un laboratorio indipendente e certificato, hanno determinato la presenza di 58 molecole PFAS.

Cosa sono gli PFAS?

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. I PFAS vengono impiegati dagli anni ’50 per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi. L’utilizzo più noto di questi composti è probabilmente per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina (Teflon®) e nella produzione dei tessuti tecnici (Gore-tex®, Scotchgard™). I PFAS sono una classe di composti costituiti da una catena alchilica idrofobica completamente fluorurata di varia lunghezza (in genere da 4 a 16 atomi di Carbonio). Gli acidi prefluorurati sono i composti fluorurati maggiormente riscontrati nei campioni ambientali. Tra gli acidi perfluorocarbossilici il più diffuso è l’acido perfluorottanoico (PFOA), il quale ha numerose applicazioni sia industriali che commerciali, un altro esempio è l’acido perfluorottanosulfonato (PFOS), intermedio chimico impiegato nella produzione di polimeri fluorurati e come tensioattivo nelle schiume degli estintori.

La mappa della contaminazione delle acque in Italia

I risultati mostrano una diffusa presenza dei composti inquinanti nelle reti acquedottistiche, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni. Le maggiori criticità si registrano in quasi tutte le Regioni del Centro-Nord e in Sardegna. Scendendo nel dettaglio a livello regionale, elevati livelli si registrano in Lombardia, a esempio in molti dei campioni prelevati a Milano, così come quelle di numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (comuni fuori dall’area rossa – zona nota da anni per essere tra le più contaminate d’Europa – come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.  Il Comune di Castellazzo Bormida (in provincia di Alessandria) ha mostrato i valori più elevati in assoluto sulla presenza di TFA – il Pfas più abbondante al mondo – seguito da Ferrara (375,5 nanogrammi per litro) e Novara (372,6 nanogrammi per litro).

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Al netto del numero differente di campioni analizzati per ogni Regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 campioni contaminati su 8 analizzati), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono, nell’ordine: Abruzzo (3/8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di Pfas, seguita da Sicilia (9/17) e Puglia (7/13).

Le molecole più diffuse sono risultate il cancerogeno Pfoa (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta Tfa (in 104 campioni, il 40% del totale, il PFAS presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22 % del totale).

Regole e parametri

A oggi la presenza dei PFAS non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche e dalle valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA). Tanto che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato i futuri limiti inadeguati a proteggere la salute umana. Diversi Paesi europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi. Secondo l’associazione, in Italia milioni di persone ricevono nelle loro case acqua che in altri Stati non è considerata sicura per la salute. Confrontando i risultati con i valori vigenti in altri Paese, è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti.

Nell’indagine Greenpeace sottolinea: “È paradossale che di fronte a prove inconfutabili circa i danni sanitari dei PFAS (alcuni sono noti per essere cancerogeni) e la diffusa contaminazione che interessa le acque potabili italiane il nostro Governo continui a non intervenire su questa emergenza, non tutelando efficacemente salute e ambiente. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile per Governo e Parlamento. Il governo Meloni non può continuare a nascondersi dietro un silenzio assordante. La popolazione ha diritto a bere acqua pulita e non contaminata”.

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L’indagine Acque senza veleni di Greenpeace con campioni in 235 città. Tra le Regioni a rischio Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Liguria

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