Non fu un raptus estemporaneo, ma una precisa strategia criminale: uccidere una donna anziana e sola, per altro debilitata da problemi alla vista, per strappare soldi e gioielli. Anzi, più precisamente: per rubare i soldi della cassa del figlio, l’imprenditore star di TikTok Donato De Caprio, che vanta un seguito di tre milioni di follower.
È questa la ricostruzione della Procura di Napoli, al termine del lavoro del pm Maurizio De Marco (aggiunto Pierpaolo Filippelli), che ha chiesto l’ergastolo a carico di Stefania Russolillo. È accusata dell’omicidio di Rosa Gigante, donna di 72 anni uccisa ad aprile del 2023, nella sua abitazione di Pianura. Un assssinio a freddo e brutale. Rosa Gigante si fidava di Stefania Russolillo, che – secondo l’accusa – non ha avuto esitazione ad aggredirla nel modo più brutale e violento possibile: Rosa Gigante venne immobilizzata con un tubicino di gomma, usato come doppio cappio alla gola, venne sbattuta con la testa alla parete, mentre la vicina di casa non esitava a rubarle la fede e alcuni soldi che aveva in casa.
Una ricostruzione che ieri ha fatto registrare momenti di tensione in Tribunale. Aula 114, Corte di Assise (presidente Giovanna Napoletano), prima della conclusione dell’istruttoria, l’imputata Russolillo chiede di parlare. Si tratta di una deposizione spontanea, che non prevede domande dei giudici o delle parti in causa. Fa appena in tempo a pronunciare poche parole, che scoppia la rivolta: «Chiedo perdono alla famiglia…», dice, quando dal pubblico si sentono urla di rabbia: «Assassina, sei una assassina, ma quale perdono? Sei una assassina…». Voci per lo più di donne, all’indirizzo dell’imputata. Nel pubblico, rigorosamente in silenzio, c’è anche l’imprenditore Donato De Caprio, il titolare della salumeria in zona Pignasecca “Con mollica o senza”, mentre nell’area riservata al pubblico fanno la loro comparsa esponenti delle forze dell’ordine. Animi, sedati, il processo può ripartire. Torna la parola alla imputata. Difesa dal penalista napoletano Alfonso Trapuzzano, la donna riprende la sua deposizione: «Voglio chiedere scusa, sono mortificata, non ho parole per i miei gesti, non riesco a dare un senso a quello che ho fatto». Ancora: «…non dormo la notte… non me ne sono resa conto di quello che stavo facendo, sono arrivata all’estremo, scrivo tutti i giorni a psichiatri e psicologi e sono spesso in visita, ma a distanza di tutto questo tempo non riesco a dare un senso a quello che ho fatto».
Le conclusioni
Era il 18 aprile del 2023, tra i primi ad accertare il delitto fu proprio il food influencer, costretto a prendere atto del trattamento spietato riservato alla madre. Aggressione a scopo di rapina, dice oggi il pm De Marco. Un delitto a freddo e premeditato. La donna era lucida e razionale, puntava ai soldi della vittima. Quanto basta a spingere il pm a chiedere il massimo della pena per l’imputata 47enne. Niente sconti, dunque. Quel giorno non vennero ritrovati 150 euro e la fede che la vittima aveva al dito. Spiega il pm: «Guardate le foto, manca la fede…». E ancora: «La Russolillo – ha detto il pm – aveva bisogno di denaro e andava alla ricerca di possibilità di guadagno: la notorietà acquista dal figlio della sua vicina di casa, il suo successo commerciale, poteva far pensare che la signora avesse denaro riferibile al figlio». Quindi, per il pm, l’omicidio di Rosa Gigante altro non è stato che «un evento programmato ai danni di una vittima facile» che però «si è difesa strenuamente, nel tentativo disperato di sottrarsi al cappio che aveva al collo». Ma qual è stata l’arma usata? Al di là della forza fisica, secondo la Procura, venne usato un tubicino di gomma (una sorta di laccio emostatico) che l’assassina «ha avvolto intorno al collo» dell’anziana «con l’intento di strangolarla…», poi «la donna si è divincolata e lei l’ha sbattuta contro il muro». Poi, dopo il delitto a scopo di rapina, la messa in scena. Russolillo sarebbe uscita di casa, per andare a fare la spesa, dopo aver tentato di rimuovere le tracce, salvo poi abbandonare carta igienica su un mobile. Infine, il tentativo di dare fuoco alla vittima con l’alcol, nel tentativo di cancellare le prove.
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