Il nuovo articolo 54 del Tuir: novità e criticità

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Nella Riforma del reddito da lavoro autonomo, che passa da un solo articolo nella precedente versione del Tuir (articolo 54) agli attuali articoli da 54 a 54 octies, Tuir, occupa un ruolo molto rilevante il primo articolo, cioè l’articolo 54, Tuir, che contiene 3 passaggi chiave della Riforma:

Rimborsi spesa e ritenuta d’acconto

In merito al primo punto, abbiamo già segnalato come sarebbe opportuno individuare in modo inequivocabile la nozione di compenso, poiché questo componente positivo non sarà l’unico che concorre a formare il reddito da lavoro autonomo, ma diviene necessario isolarlo dagli altri componenti positivi che realizzano reddito da lavoro autonomo, poiché solo sui compensi il committente è tenuto (se non sia privato cittadino) ad operare la ritenuta d’acconto. Infatti, l’articolo 25, D.P.R. 600/1973, individua il perimetro dell’obbligo di operare la ritenuta, citando il termine “compensi comunque denominati”. Ma cosa si intende precisamente con compensi comunque denominati?

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Che la nozione sia più ampia rispetto alla prestazione professionale in senso stretto appare evidente, basti pensare che, secondo la prassi consolidata della Agenzia delle entrate, la ritenuta d’acconto va operata anche sul mero rimborso del costo per trasferta riaddebitato in forma analitica al committente, salvo l’ipotesi del rimborso eseguito a favore di un lavoratore autonomo occasionale, come ha ricordato la risoluzione n. 49/E/2013. Peraltro, questa applicazione della ritenuta ad un componente che certamente non può dirsi il corrispettivo di una prestazione “intellettuale” del professionista, è un “eccesso” che ha spinto il legislatore a modificare l’intero sistema della tassazione dei rimborsi. Infatti, i rimborsi per spese di trasferta analiticamente riaddebitati al committente vengono sottratti dalla base imponibile di ciò che produce reddito da lavoro autonomo.

Ma il caso sopra citato è l’emblema di una certa imprecisione che caratterizza la nozione di compensi; imprecisione che provocherà più di una incertezza in merito alla sussistenza o meno dell’obbligo di operazione di ritenuta. Infatti, mentre possiamo dire che certamente la ritenuta non sarà operata sulla somma versata al professionista per aver acquistato un suo bene strumentale (pur se la plusvalenza che eventualmente si genera in capo a quest’ultimo concorre a pieno titolo alla formazione del reddito da lavoro autonomo), questa certezza è del tutto assente rispetto ad altre casistiche. Per citare un esempio, pensiamo al riaddebito (da parte di un professionista al suo collega) di parte del costo del personale dipendente utilizzato da entrambi i professionisti. Che non si tratti di un compenso in senso stretto è convinzione diffusa, ma chi scrive non vede molte differenze concettuali rispetto al riaddebito delle spese per trasferte; ipotesi che pure determinava l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto (come ampiamente segnalato nella Relazione Illustrativa al D.Lgs 192/24), e quindi il dubbio sulla esistenza dell’obbligo sussiste.

 

Momento imponibile dei compensi bonificati a fine anno

Un tema destinato a modificare la prassi operativa quotidiana è quello della rilevanza fiscale delle somme percepite in un periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta. La nuova regola, peraltro avente efficacia retroattiva dall’1.1.2024, stabilisce che il percipiente deve inserire il compenso nel periodo d’imposta nel quale sorge l’obbligo di operare la ritenuta per l’erogante sostituto d’imposta. È noto che tale obbligo sorge al momento del pagamento del compenso e che tale momento (risposta ad interpello n. 77 data a Telefisco 2024: “si deve ritenere che, in applicazione del principio di cassa, il momento rilevante ai fini dell’effettuazione del bonifico bancario è quello in cui il professionista dà l’ordine di pagamento alla banca“) coincide con quello nel quale il sostituto d’imposta ha conferito l’ordine alla banca di esecuzione del bonifico. Ebbene, già è stata segnalata da più parti l’incongruenza della norma che condiziona un elemento così delicato, quale è il momento di imputazione di un provento nel reddito imponibile, ad una circostanza che non è nota al percettore, se non tramite un volontario e collaborativo atteggiamento dell’erogante.

Costui, infatti, non è tenuto in nessun modo a fornire al percettore l’indicazione del momento in cui ha dato ordine alla banca di eseguire il pagamento, mentre quest’ultima informazione è basilare per il percipiente al fine di determinare correttamente il proprio reddito. Certamente si potrebbe obiettare che questa informazione sarà prima o poi nota al percipiente tramite la consegna della Certificazione Unica, ma ciò non toglie che potrebbe essere interesse del percipiente sapere immediatamente se un certo componente partecipa al suo reddito imponibile, e non dopo alcuni mesi rispetto all’evento che ha generato il momento imponibile.

Inoltre, questa novità normativa (che certamente può dirsi non del tutto razionale) dimostra un mancato coordinamento tra la normativa Iva e quella delle imposte dirette. Ai fini di quest’ultimo comparto impositivo (II.DD), si genera una sorta di anticipazione del momento imponibile, nel senso che la somma che il percipiente vede accreditata nei primi giorni dell’anno X + 1, potrebbe essere, di diritto, un componente positivo dell’anno X, ma resta il fatto che l’accredito in capo al percipiente si manifesta nell’anno X + 1. Ciò comporta che, ai fini Iva, il momento imponibile non subisce alcuna anticipazione rispetto alla data in cui il percipiente vede l’accredito eseguito sul suo conto corrente, come del resto ha ricordato la Circolare n. 44/E/2012 in materia di Iva per cassa, in cui tale momento veniva fatto coincidere con l’avvenuto accredito del pagamento bonificato sul conto corrente del percipiente.

In sostanza si avrà uno scenario normativo veramente poco razionale nel quale, ai fini delle imposte sul reddito, una certa somma viene fatta affluire anticipatamente all’esercizio precedente, mentre ai fini Iva la stessa somma va fatturata nel periodo d’imposta successivo. E, ricordiamolo, per entrambi i comparti impositivi, viene applicato il medesimo principio, cioè quello di cassa.

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