GLI ATLETI di Vanni Schiavoni (Interno Libri Edizioni)

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“Gli atleti” di Vanni Schiavoni (Interno Libri Edizioni) – poesia

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di Carlo di Francescantonio

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“L’incontro fu dei nostri vizi / il più temuto / tenuto come debolezza prematura”, versi che servono da introduzione e conducono a una riflessione profonda. Iniziava così una mia “antica” nota al libro Guscio di noce, che ha segnato per me l’incontro sorprendente con la poesia di Vanni Schiavoni. Correva l’anno 2012 “di nostra vita”, per dirla con Guccini, e la scoperta del poeta di Schiavoni la riesco a riassumere bene solo prendendo in prestito alcuni suoi versi, quali: “Mi convinse l’idea che un’altra vita/ non sarebbe stata uguale e vagamente/ valeva la pena di imbrigliare l’urgenza/ alla pace gustosa dei luoghi noti”. Un senso di radici e appartenenza, lontano dal luogo comune. Otto anni dopo, un nuovo inizio o un ritorno più approfondito attraverso la plaquette Quaderno croato. Dodici poesie, che il poeta dedica curiosamente al proprio cognome, e la prima lirica che mi accoglie sono i versi “Il primo giorno precipita sempre nello stesso punto / quella rapida che arriva all’incontro / del fiume bianco col fiume nero”. E sarebbe dovuta iniziare così un’altra nota, che invece è rimasta solo nelle intenzioni (almeno sino ad oggi). E a leggere la prima poesia di Quaderno croato ho subito avvertito quanto di un canto antico vi sia nella ricerca di Vanni Schiavoni, un qualcosa di ormai raro nella poesia contemporanea. Ovvero un rispetto per quelle origini universali, che, come un mattone sopra a un altro mattone, vanno a comporre l’essenza ancestrale dell’umano. Quattro anni dopo, perché anche di tempo si nutre la ricerca, altra cosa che nel contemporaneo del “tutto e subito” si tende a perdere di vista, ricevo Gli atleti e a leggerlo sento di non aver sbagliato l’opinione che da anni nutro per Schiavoni. Valerio Grutt, nella centrata nota introduttiva, dice: “Questo è un libro bianco, di marmo e di sale, un libro mediterraneo, antico e futuro come il mito, scritto con intimo furore epico e abilità metrica”, e sono d’accordo perché i versi di Schiavone, in questa opera della piena maturità, appaiono realmente scolpiti. Il poeta si presenta qui nella veste intima di scultore, scolpendo appunto con perizia tecnica e empatia umana un paesaggio che affonda a piene mani dal mito. Accolti da un prologo apocalittico, che presenta “Un giovane che all’improvviso risorge / modella in due conchiglie di terra rossa e scura / le membra dilaniate da sorella e ancora il taglio / come trinciato da fumare è sparso sopra il mare / con lo schifo e il desiderio gonfio per Giasone”. Proprio Giasone, notoriamente conosciuto per il suo essere a capo della spedizione degli argonauti alla ricerca del vello d’oro, diventa così analogia tra la realtà del contemporaneo e la corrispondente rappresentazione poetica, ovvero dell’invisibile che aleggia intorno ad ogni essere ma che a non tutti è dato cogliere. Ed è proprio il compito del poeta l’occuparsi del dialogo con l’invisibile, il portalo alla luce nel fare da ponte tra un passato dal quale veniamo e un futuro verso il quale stiamo tutti precipitando. E come magistralmente rappresentato nell’illustrazione di copertina, a cura di Valeria Puzzovio,  l’ingresso per eccellenza, la porta che invita e accoglie il lettore, il poeta compie il gesto estremo del salto dalla scogliera per raggiungere le acque profonde, un lancio verso l’inconscio che “Raduna i suoi fuorilegge / e invade un entroterra acerbo / cavalca sfrontato verso est / e non conosce nostos / nessun richiamo lo distrae, nessuna boa / o meta o stanchezza ha previsto”. Il gesto antico, riemerso dalle acque, si estende al nostro presente, così caotico e frammentato, dove il canto di Schiavoni lo forgia come ferro battuto per poi trasformarlo in parola su carta che porta al lettore mondi lontani dai quali ognuno di noi proviene perché “Oggi il panorama ha strappi e i vuoti ingordi / dalle torri colombaie dismesse, il guano / che cola al passare dei secoli, / la messe a un sole che arroventa. / Allora invece a ognuno rimaneva / la sua patria da veleggiare / e ogni volta immancabile il ritorno / qualunque cosa accadesse, qualunque costa l’incanto / smuovesse dalla rada astuta di Corinto sull’altra / dove Taranto volgeva sempre al tramonto”. Gli atleti mette in scena un mondo sommerso, rallenta la velocità della vita, dona nuova linfa alla poesia e omaggia le radici mettendo il punto a quella Trilogia delle radici, iniziata con Salentitudine e proseguita con Guscio di noce.

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La scheda della silloge: “Gli atleti” di Vanni Schiavoni (Interno Libri Edizioni, 2024)

Gli atleti - Vanni Schiavoni - copertina

Una statua di bronzo che il mare riconsegna alla terraferma, uno scultore capace di rivoluzionare l’arte, un conquistatore sconfinato e un lottatore imbattibile: quattro atleti, quattro storie, quattro leggende. “Gli atleti” è un’opera neo-epica, radicata nel mito e nella storia, che evoca imprese e svela tutto il sudore versato dietro ognuna di esse. Un viaggio poetico nel cuore stesso della Magna Grecia, il cui argomento centrale è quello del superamento, del tempo, dei canoni prefissati, dei muri, dei propri limiti. Come descrive nella prefazione Valerio Grutt: «questo è un libro bianco, di marmo e di sale, un libro mediterraneo, antico e futuro come il mito, scritto con intimo furore epico e abilità metrica. Ogni verso è scolpito nella pagina, lavorato minuziosamente, monumentale ma eternamente in movimento. Il libro procede ritmicamente tra le onde, gli occhi lanciati alle scoperte, il clamore di tesori che riemergono nella luce. E ci parlano di noi. Un filo luminoso, un tremore, percorre i secoli e il poeta lo ritrova, lo raccoglie, tra clacson e insegne, alla periferia del tempo. Ne “Gli atleti” di Vanni Schiavoni tutto è vivo e politico, attuale e antico, tutto rimanda a qualcosa di minimo e sconfinato allo stesso tempo.» Prefazione Valerio Grutt.

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Vanni Schiavoni (Manduria, 1977). Laureato con lode in Lettere con una tesi sull’asemic writing e la scrittura di Marco Giovenale, ha pubblicato le raccolte poetiche Nocte. Nascita di un solstizio d’inverno (Firenze Libri, 1996), Il balcone sospeso (Lisi editore, 1998), Di umido e di giorni (Lietocolle, 2004), Salentitudine (Lietocolle, 2006), Guscio di noce (Lietocolle, 2012), Quaderno croato (Fallone, 2020). Ha curato l’antologia poetica Rosso. Tra erotismo e santità (Lietocolle, 2010). Ha pubblicato i romanzi Come gli elefanti in Indonesia (LiberArs, 2001) e Mavi (Emersioni, 2019). Come performer è autore degli spettacoli Quaderno croato e altre province (in solo), L(‘)at(t)itudine (in trio con la cantante Martina Alberi e il chitarrista Renato Minguzzi) e Gli atleti (in duo col chitarrista Gregorio Pasanisi, alias “Il figlio di Margaret”). Dirige insieme allo scrittore Giuse Alemanno il laboratorio di scrittura in versi (e altre creatività) SoloXpoetry.

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