Almasri: tutta la storia del trafficante di migranti arrestato, liberato e riportato a casa con un volo dei servizi segreti «per un cavillo»

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L’arresto a Torino su ordine della Cpi. La mancata comunicazione al ministero della Giustizia. La scelta di Nordio di non intervenire. E l’espulsione firmata da Piantedosi prima dell’aereo della presidenza del Consiglio per riportarlo a Tripoli

«Avete liberato un trafficante di migranti. Vi siete ammattiti?». Nelle parole di Matteo Renzi su Almasri c’è tutto l’assurdo del caso del generale libico fermato a Torino su richiesta della Corte Penale Internazionale. E poi incredibilmente rilasciato e riportato nel suo paese con un volo di Stato. Il governo che aveva promesso guerra ai trafficanti di esseri umani «su tutto il globo terracqueo» si è attaccato a un «cavillo», come ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Una decisione politica concordata con Palazzo Chigi. Per evitare guai con un elemento cardine della cooperazione italo-libica nel contrasto all’immigrazione. Nonostante i crimini, le torture, i lager.

La storia di Najem Osama Almasri

La storia di Najem Osama Almasri comincia sabato 18 gennaio. Al mattino la Cpi emette nei suoi confronti l’ordine di cattura. Che viene trasmesso a sei paesi tra cui l’Italia. Ma non arriva in tempo reale al ministero di Grazia e Giustizia. Il generale viene localizzato in Germania: sta prendendo un’auto a noleggio per arrivare in Italia e chiede di lasciare in deposito qui. Il sabato sera arriva a Torino per vedere Juventus-Milan. La mattina del 19 viene arrestato in hotel. A quel punto ci si rende conto che via Arenula non ha ancora parlato. E allora il procuratore generale di Roma, che ha ricevuto le carte da Torino, rilevando «l’irritualità» dell’arresto in assenza di una richiesta del ministero, scrive a Nordio chiedendo se intende proporla. Ma il ministro non risponde.

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La mancata convalida

In assenza di una nota del ministero il procuratore non può fare altro che chiedere di non convalidare l’arresto. E martedì 21 la Corte d’Appello presieduta da Flavio Monteleone dispone la scarcerazione. Alle 16 finalmente Nordio fa sapere di stare valutando «un caso complesso». Ma intanto il Viminale ha già deciso per l’espulsione. Sulla pista dell’aeroporto di Torino, dalle 12.30, c’è un Falcon 900 dei Servizi Segreti che attende il libico. Alle 19.51 l’aereo decolla, meno di due ore dopo Almasri è a Tripoli, atteso da una grande festa di piazza. Il problema, spiega oggi il Corriere della Sera, nasce negli uffici giudiziari della Capitale. La polizia italiana si è mossa sulla base delle norme sugli arresti a fini di estradizione. Mentre in questo caso andavano applicate due leggi di ratifica e attuazione della cooperazione con la corte dell’Aja.

L’interlocuzione

Norme che prevedono un’interlocuzione tra il ministero e la procura generale. La polizia non poteva arrestarlo di propria iniziativa: doveva aspettare l’autorizzazione del Guardasigilli. E a lui doveva rivolgersi la Cpi. Per questo il procuratore ha domandato a Nordio cosa fare. A quel punto via Arenula poteva muoversi subito. Nordio invece non ha nemmeno risposto al procuratore generale. E a quel punto ai magistrati non restava che provvedere alla scarcerazione del generale libico. Nell’impossibilità di convalidare l’arresto. A quel punto Almasri insieme ai suoi poteva essere caricato su un volo di linea. Ma il ministero dell’Interno ha invece optato per l’aereo della presidenza del Consiglio.

La decisione

Il motivo lo spiega oggi La Stampa. L’arresto, sostengono i giudici, avrebbe seguito «le procedure dell’estradizione» regolate dall’articolo 716 del codice di procedura penale. Invece di quelle previste dalla legge 237/2012 che regolano i rapporti tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale. In particolare il riferimento è all’articolo 2: «I rapporti con la Cpi sono curati in via esclusiva dal ministro della Giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito»

L’arresto e i retroscena

Repubblica spiega cosa c’è dietro l’arresto e la liberazione. Il fermo aveva creato fin da subito problemi nei rapporti tra Libia e Italia. Perché Almasri è uomo di fiducia del ministro dell’attuale governo di Tripoli. E il capo della polizia giudiziaria libica. Ma guida anche da anni il distretto militare dell’aeroporto di Mitiga e alcune delle principali strutture di detenzione del paese. Conosce quindi tutti i segreti di quei centri finiti sotto la lente di tutte le organizzazioni internazionali per le torture a cui erano sottoposti i detenuti. Mentre lo scalo di Mitiga è quello da cui si muovono i voli che controllano le coste. E dunque supervisionano le partenze verso l’Italia.

L’aereo pagato

Almasri — che in diverse occasioni sarebbe stato in Italia negli anni scorsi, quando non c’era un mandato di cattura a suo carico — conosce molti dettagli dei rapporti di questi anni tra la Libia e l’Italia. Anche per questo un ricercato della corte penale internazionale è stato riportato a casa, tra una folla festante, a bordo di un aereo pagato dagli italiani.



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