Morte del padre e richiesta di pagamento di banche e finanziarie

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Come gestire i debiti lasciati da un genitore dopo il suo decesso e quando si può evitare di pagarli.

Il padre di un nostro lettore, alla propria morte, ha lasciato alcuni debiti con tre banche (per mutui e scoperti di conto corrente) ed altrettante finanziarie (per prestiti personali). Ci viene chiesto come gestire tale situazione debitoria ed evitare che i creditori possano rivalersi sul patrimonio del figlio. La morte del padre e la richiesta di pagamento da parte di banche e finanziarie sarà l’oggetto di questa guida. Vedremo come possano tutelarsi eredi e familiari. Ma procediamo con ordine.

Quali debiti passano agli eredi?

La morte di una persona non determina il passaggio automatico dei debiti in capo ai suoi eredi. Affinché ciò avvenga è necessario un atto di accettazione dell’eredità. Prima di tale manifestazione di volontà (che deve avvenire dinanzi al notaio o al cancelliere del tribunale) i creditori non possono pretendere un pagamento, neanche nei confronti dei familiari conviventi.

Vero è, comunque, che l’accettazione dell’eredità può avvenire anche in forma tacita, ossia con comportamenti concludenti che manifestino l’intenzione di disporre del patrimonio del defunto (come la vendita o la locazione dei relativi beni, il prelievo dal conto, ecc.: leggi l’elenco completo degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità).

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Si tenga poi conto che la dichiarazione di successione – da farsi obbligatoriamente entro un anno dal decesso all’Agenzia delle Entrate – non costituisce atto di accettazione dell’eredità, avendo una valenza esclusivamente fiscale.

Dunque, con l’accettazione dell’eredità, gli eredi subentrano nei debiti del defunto. Ma non in tutti. Non si trasmettono:

  • le sanzioni fiscali;
  • le sanzioni amministrative e le multe stradali;
  • le sanzioni penali;
  • i debiti alimentari e gli assegni di mantenimento;
  • i debiti che, nel frattempo, sono caduti in prescrizione;
  • i debiti di gioco;
  • le obbligazioni di tipo personale (ad esempio la realizzazione di un quadro).

Quali sono gli effetti dell’accettazione dell’eredità?

Con l’accettazione dell’eredità:

  • gli eredi rispondono di tutti i debiti del defunto, esclusi quelli indicati sopra;
  • gli eredi sono responsabili, nei confronti dei creditori, anche con il proprio patrimonio personale, che pertanto può essere pignorato;
  • tale responsabilità, però, non è solidale ed è limitata alla singola quota: ciò significa che ciascun creditore potrà pretendere da ogni erede solo una parte del debito proporzionale alla quota da questi ricevuta in successione, senza poter pretendere anche quanto dovuto dagli altri.

L’accettazione dell’eredità è irrevocabile. Non è, inoltre, possibile un’accettazione limitata solo a determinati beni.

I debiti con banche e finanziarie si trasmettono agli eredi?

Tutti i debiti contratti dal defunto con banche e finanziarie si trasferiscono agli eredi ma solo dal momento dell’accettazione dell’eredità, non prima.

Anche l’obbligazione derivante da una eventuale fideiussione stipulata dal de cuius si trasferisce agli eredi. Ad esempio, se il padre ha firmato come garante per un figlio, alla sua morte l’altro figlio, in qualità di erede, sostituirà il genitore in tale ruolo e dovrà rispettare la fideiussione, con tutte le conseguenze patrimoniali che deriveranno in caso di mancato pagamento del debito da parte del debitore principale.

Se non avviene il pagamento spontaneo dei debiti lasciati dal defunto, la banca può pignorare i beni dell’erede: sia quelli ricevuti in successione, sia quelli personali di cui questi era titolare in precedenza (casa, terreni, conto corrente, stipendio, pensione, ecc.).

La prima casa è pignorabile: non lo è solo per i debiti con il fisco, sempre che sia adibita a civile abitazione, luogo di residenza e non di lusso.

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La banca è tenuta a interrompere i termini di prescrizione (che sono di 10 anni) prima che questi si compiano. Deve farlo con una diffida inviata, nel primo anno dal decesso, presso l’ultimo indirizzo di residenza del de cuius, con una lettera raccomandata indirizzata a tutti gli eredi impersonalmente (ad es.: «eredi del sig…»). Dopo l’anno, la lettera interruttiva andrà recapitata presso la residenza personale di ciascun erede. Nulla toglie, però, che quest’ultima possa essere spedita già dopo il decesso (senza dover attendere il compimento dell’anno).

Come evitare di pagare i debiti del defunto con banche e finanziarie

Solo con la rinuncia all’eredità è possibile evitare di pagare i debiti del defunto. La rinuncia deve essere fatta prima di un eventuale atto di accettazione tacita, diversamente è inefficace; essa non deve essere portata a conoscenza dei creditori ma può essere opposta non appena questi dovessero avanzare richieste di pagamento.

La rinuncia all’eredità, per essere efficace nei confronti dei terzi – e dunque dei creditori del defunto – va trascritta nel registro delle successioni. Per maggiori dettagli leggi la nostra guida pratica sulla rinuncia all’eredità.

Non c’è un termine massimo per fare la rinuncia all’eredità. Al contrario, esiste solo un termine per l’accettazione dell’eredità che è di 10 anni. Decorso tale arco di tempo, l’eredità si considera come rinunciata. Quindi potremmo dire che, in questo secondo caso, si verifica una rinuncia tacita all’eredità. È tuttavia necessario che nel frattempo non sia intervenuto un atto di accettazione tacita dell’eredità.

Regole speciali sono dettate per i conviventi del defunto e per coloro che sono nel possesso dei suoi beni. In tali casi, per rinunciare all’eredità è necessario rispettare termini molto più brevi:

  • entro 3 mesi dal decesso bisogna fare un inventario con il notaio;
  • nei 40 giorni successivi è necessario eseguire la rinuncia all’eredità dinanzi al notaio o al cancelliere del tribunale.

Chi rinuncia all’eredità non perde la pensione di reversibilità, l’assicurazione sulla vita e il TFR del de cuius. Perde, invece, ogni diritto ai beni caduti in successione.

Accettazione con beneficio di inventario: come limita la responsabilità degli eredi

Una soluzione intermedia tra l’accettazione e la rinuncia all’eredità è l’accettazione con beneficio di inventario. In questo caso, l’erede risponde dei debiti del defunto non già con il suo patrimonio personale, ma soltanto con quello ricevuto in successione e quindi entro il limite di valore di quest’ultimo. In pratica, non si rischia più di quanto si acquisisce.

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Tuttavia, per l’erede nel possesso dei beni del defunto, l’accettazione con beneficio di inventario deve avvenire negli stessi termini visti sopra per il rinunciatario. In particolare:

  • entro 3 mesi dal decesso bisogna fare un inventario con il notaio;
  • nei 40 giorni successivi è necessario eseguire la rinuncia all’eredità dinanzi al notaio o al cancelliere del tribunale.

Negli altri casi, tale adempimento può essere effettuato entro 10 mesi dall’apertura della successione.

Per ulteriori informazioni, leggi quali sono i pro e i contro dell’accettazione con beneficio di inventario.



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