Il viceministro della Giustizia Sisto risponde a Fanpage.it ai magistrati che hanno annunciato proteste contro la separazione delle carriere, la riforma che ha ottenuto il primo ok alla Camera: “Se un magistrato protesta contro chi fa le leggi, c’è un corto circuito, c’è qualcosa che non funziona. Vuol dire che all’interno della Costituzione si è creata una frizione non consentita fra elementi che invece devono ruotare indipendentemente per garantire la stabilità della nostra democrazia”, ha detto a Fanpage.it. Per questo giudica lo sciopero dei magistrati del 27 febbraio “fortemente inopportuno”.
Lo scorso 16 gennaio alla Camera è arrivato il primo sì al disegno di legge che contiene la riforma della Giustizia, con 174 voti a favore, 92 contrari e 5 astenuti. Il ddl voluto dal governo Meloni punta a una modifica della Costituzione per introdurre la separazione delle carriere dei magistrati. Le due funzioni, quella giudicante e quella requirente, avranno due percorsi differenti, e non sarà più possibile passare da un ruolo all’altro. Secondo i sostenitori della riforma, Forza Italia in testa, il divieto di passaggio da una funzione all’altra servirà a garantire una maggiore indipendenza dei giudici, nel rispetto dei principi di terzietà e imparzialità, sanciti dall’articolo 111 della Costituzione.
A favore del testo si sono espressi tutti i partiti di maggioranza, Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati, insieme ad Azione e Più Europa. Mentre Iv si è astenuta, e le opposizioni, Partito Democratico, il M5s Alleanza Verdi-Sinistra, hanno votato contro. Visto che si tratta di un ddl di riforma costituzionale, con questi numeri è molto probabile che, dopo il completamento delle quattro letture parlamentari – il provvedimento deve essere approvato due volte dalla Camera e due dal Senato – si arrivi a un referendum. Secondo il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), intervistato da Fanpage.it, è possibile che il referendum si svolga nel 2026. Anche per questo motivo il viceministro azzurro giudica “fortemente inopportuna” la protesta annunciata dai magistrati per il prossimo 27 gennaio: “Se un magistrato protesta contro chi fa le leggi, c’è un corto circuito, c’è qualcosa che non funziona. Vuol dire che all’interno della Costituzione si è creata una frizione non consentita fra elementi che invece devono ruotare indipendentemente per garantire la stabilità della nostra democrazia”, ha detto a Fanpage.it.
Viceministro, separazione delle carriere, costituzione di due Consigli Superiori della magistratura e l’istituzione di un’Alta Corte per la giurisdizione disciplinare dei magistrati. Il Csm, in un parere molto critico sulla riforma, ha detto che non si comprende in che modo questo “possa contribuire a migliorare qualità ed efficienza della giurisdizione”. Lei può spiegare ai nostri lettori perché con questa riforma dovrebbero avere maggiori tutele?
Partiamo da un esempio pratico. Un cittadino che entra in un’aula giudiziaria e vede finalmente un giudice diverso da chi lo accusa e anche diverso da chi lo difende. Questo per il cittadino è più rassicurante o meno rassicurante rispetto ad oggi? La terzietà e l’imparzialità del giudice, che sono valori scritti nella Costituzione. L’articolo 111 dà un esempio di geometria piana di tipo costituzionale: le parti compaiono in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo imparziale. Questa è la descrizione del 111 già in Costituzione. Che vuol dire le parti in condizioni di parità? Le parti sono l’accusa e la difesa. Il pubblico ministero e l’avvocato difensore compaiono davanti a un giudice diverso, terzo e imparziale, è proprio la Costituzione che stabilisce. Ma è logico, per dirla con Conan Doyle “elementare Watson”, è assolutamente ovvio che il giudice debba essere diverso da chi accusa e da chi difende. Una metafora calcistica può essere utile. Si è mai visto un arbitro della stessa città di una delle due squadre che scende in campo? Mai. È ovvio che l’arbitro deve poter sventolare il cartellino giallo e rosso con la stessa, diciamo terzietà, nei confronti di una squadra e dell’altra. Noi vogliamo soltanto ripristinare la fiducia del cittadino nella giustizia. L’efficenza è un tema, la geometria costituzionale e la rassicurazione del cittadino su chi scrive le sentenze è un altro tema. Direi che con la separazione delle carriere l’efficienza trova un motivo di ulteriore rafforzamento. È chiaro che il PNRR ci ha visto impegnati in modifiche normative, l’ufficio per il processo, edilizia giudiziaria, l’assunzione di personale. Quelli sono provvedimenti di logistica giudiziaria. Ma questo è un provvedimento strutturale che restituisce al processo una sua credibilità.
Questa riforma sarebbe stata sicuramente apprezzata da Silvio Berlusconi, per questo Tajani gliela ha dedicata. Pensa che la sinistra la attacchi per motivi meramente ideologici?
Guardi, io non penso che la dedica a Silvio Berlusconi possa toccare la qualità della riforma oppure esaltarla. Noi siamo garantisti, liberali, europeisti, cristiani. Forza Italia è un partito che ha questi valori e li ha mantenuti nel tempo. Siamo forse il solo partito che nel tempo non ha mai cambiato opinione sui valori fondanti, e forse questa è la nostra forza. Ecco perché, come dice Antonio Tajani, noi procediamo col passo dell’alpino, cioè lentamente, inesorabilmente cresciamo perché siamo solidi come radici. Quindi qualcuno strumentalizza questa dedica a Silvio Berlusconi ma è dedicata essenzialmente agli italiani dedicata essenzialmente ai cittadini. Non abbiamo scritto una riforma per magistrati, avvocati e accademia ma l’abbiamo scritta per i cittadini. Anche il Partito Democratico ha sostenuto a suo tempo la separazione delle carriere, con la famosa mozione Martina. Non si tratta di una idea che ci ha punto improvvisamente, si tratta di un percorso, noi abbiamo raccolto questo testimone dalla storia ce lo siamo preso e l’abbiamo coltivato: oggi finalmente c’è un Parlamento che ha votato questo provvedimento.
Voi sostenete che il divieto di passaggio da una funzione all’altra garantirà una maggiore indipendenza dei giudici. Eppure, stando ai dati, il cambio di funzione riguarda una minoranza dei magistrati sul totale, e con la riforma Cartabia erano state già introdotte delle limitazioni.
C’ero io quando è stata varata la riforma Cartabia, consente un solo passaggio nei primi nove anni di carriera di un magistrato. Ma non è un problema di passaggio, è un problema di comune genesi culturale, non è possibile che stiano insieme persone che giudicano e persone che accusano. Il problema è proprio culturale, di DNA: noi abbiamo la necessità di scindere i ruoli, di avere proprio due mondi diversi, il mondo di chi giudica e il mondo di chi accusa.
Dopo l’ok della Camera alla separazione delle carriere i magistrati hanno annunciato uno sciopero il prossimo 27 gennaio, e iniziative di protesta durante le cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Crede sia sbagliato, o addirittura “eversivo”, come ha detto Gasparri?
Maurizio Gasparri è sempre colorito nelle sue espressioni, è il suo ruolo. Io direi che è un atteggiamento che “prova troppo”, per utilizzare un’espressione processuale. Analizziamo qual è il problema: il Parlamento ha votato la riforma costituzionale, quindi vi è un’espressione parlamentare specifica, c’è un percorso legislativo avviato. L’articolo 101 dice che il Parlamento scrive le leggi e i magistrati le applicano. Se un magistrato protesta contro chi fa le leggi, c’è un corto circuito, c’è qualcosa che non funziona. Vuol dire che all’interno della Costituzione si è creata una frizione non consentita fra elementi che invece devono ruotare indipendentemente per garantire la stabilità della nostra democrazia. Trovo che protestare contro una legge che è stata già votata è fortemente inopportuno, perché si corre il rischio di avere uno scontro fra poteri, legislativo e giudiziario. C’è un dato che dovrebbe tranquillizzare l’Associazione nazionale magistrati, e cioè che questo provvedimento sarà soggetto a referendum. Noi abbiamo fatto una proposta quando ci siamo candidati, nel nostro programma c’era la separazione delle carriere, siamo stati votati, siamo al Governo. Abbiamo o no il dovere di realizzare il programma per cui siamo andati al Governo?
Lei si è dichiarato a favore di un referendum sulla riforma della Giustizia, e con questi numeri in Parlamento la consultazione è praticamente certa. Potrebbe tenersi già nel 2026, dopo le quattro letture parlamentari?
Che si tenga il referendum nel 2026 è molto plausibile, se si va con tempi normali, senza stressare, dando a tutti la possibilità di intervenire. Tenga conto che questo provvedimento è stato due anni in Commissione, quindi c’è stata una gestazione notevole, audizioni, interventi, quindi nessuno si può lamentare. L’opposizione ha cercato di distruggere il provvedimento, cioè non c’è stato un tentativo di migliorarlo, c’è stata soltanto una furia contro il provvedimento, cercando soprattutto ipotesi abrogative. Ma sulle ipotesi abrogativi come si può intervenire? Se tu vuoi abrogare la norma che io voglio approvare, si vota. Credo che questa sia veramente una buona riforma. Qualcuno dice che il Pubblico ministero diventa potentissimo, a scapito del giudice. Io dico il contrario, dico che può anche diventare più potente il pm, ma il giudice diventa Superman, diventa veramente il fulcro della giustizia. Togliamo al giudice il peso della colleganza con l’accusa, lo facciamo diventare il punto di riferimento della giustizia, colui che può dirigere le operazioni in condizioni di terzietà e imparzialità.
A proposito di referendum, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito sull’abrogazione dell’autonomia differenziata. Secondo le opposizioni però si tratta di una vittoria a metà per il centrodestra, perché questa stessa legge era già stata bocciata dalla Consulta, in diversi punti, e deve essere modificata in Parlamento. Cosa ne pensa?
Io non parlo ne di vittoria né di sconfitta. Quando la Corte costituzionale decide, decide la Corte costituzionale. Noi dobbiamo soltanto adeguarci a quelle indicazioni, perché la Consulta ha il controllo della conformità delle leggi alla Carta. Quindi non c’è da dire “hai vinto o hai perso”. Leggeremo le motivazioni di quest’ultimo provvedimento.
Ora la legge Calderoli va comunque modificata in Parlamento.
Qualche dubbio lo avevamo espresso come Forza Italia su certi passaggi. Quindi bisogna tener conto delle indicazioni e riscrivere una legge sulla scorta di quelle puntuali indicazioni, contenute in quella sentenza, motivata anche molto bene. Con quest’ultimo provvedimento la Corte ha dato prova a mio avviso di estrema saggezza, perché quel referendum sarebbe stato, ma questa è una mia personale opinione, una semplice esercitazione bellica di tipo politico, non avrebbe avuto un senso costituzionale come referendum. Tenuto conto anche del fatto che il quesito è nato prima della sentenza della Corte.
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