Influencer marketing. Una opportunità, da fare bene

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L’influencer marketing si è affermato come una delle strategie di comunicazione più efficaci e diffuse nell’era digitale. La diffusione sui social network da parte di influencer – ovvero persone che hanno acquisito credibilità e prestigio presso un pubblico, più o meno vasto e targettizzato,  con cui hanno costruito un rapporto di fiducia – di post, storie e altri contenuti digitali che mostrano sostegno o approvazione per determinati brand (c.d. endorsement), generando così un effetto pubblicitario, costituisce oramai una consolidata modalità di comunicazione e gli operatori ricorrono sempre più al fenomeno dell’“influencer marketing” per promuovere i propri prodotti o servizi e per rafforzare la visibilità e l’identità dei marchi.

I messaggi pubblicitari diffusi sui social dagli influencer sollevano tuttavia dubbi di trasparenza e liceità, dal momento che la finalità pubblicitaria non è sempre chiaramente riconoscibile ai follower, inducendo talvolta il pubblico a percepire tali contenuti come spontanee e disinteressate condivisioni della propria vita quotidiana.

In risposta a queste problematiche, le autorità di regolamentazione, sia a livello nazionale che internazionale, hanno intensificato i controlli e introdotto linee guida più stringenti. Per aziende e influencer, il rispetto delle norme sulla trasparenza e sull’identificabilità della pubblicità è diventato imprescindibile per evitare sanzioni e preservare la fiducia del pubblico.

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1. Il quadro normativo

La pubblicità occulta, che non rilevi quindi la sua natura in modo trasparente, è nel nostro ordinamento vietata, sia dagli artt. 22 e 23 del Codice del Consumo[1] che dell’art. 7 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale[2], norme volte a garantire ai consumatori la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario delle comunicazioni, così da renderli consapevoli del fatto che si trovino di fronte ad un vero e proprio contenuto promozionale e non di fronte ad un racconto spontaneo e disinteressato del vissuto quotidiano dell’autore del messaggio.

L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), già promotore di un approccio regolamentare specifico per l’influencer marketing, aveva emanato un testo normativo specificamente dedicato, il Regolamento Digital Chart[3], contenente indicazioni pratiche per una trasparente e corretta promozione sui social e, più in particolare, l’individuazione di alcune diciture esplicite e opportune per segnalare la natura pubblicitaria del post (come “pubblicità/advertising[nome del brand]”, “promosso da/promoted by[nome del brand]”, anche accompagnati da opportuni hashtag[4]) o del video (suggerendo che i disclaimer siano posti nelle inquadrature di inizio e di fine oppure esplicitati con dichiarazioni verbali dei soggetti ripresi).

Il 30 ottobre 2024, IAP ha pubblicato una versione aggiornata del Regolamento Digital Chart[5], adeguandolo alle più recenti evoluzioni del settore digitale. La nuova versione introduce ulteriori indicazioni pratiche per garantire la piena riconoscibilità della natura pubblicitaria dei contenuti, rafforzando l’obbligo di trasparenza. Tra le novità si evidenziano un maggiore focus sull’uso di strumenti per rendere il messaggio pubblicitario immediatamente percepibile e l’estensione delle regole anche a nuove piattaforme emergenti e a formati innovativi quali reel e/o podcast, ma anche ai rapporti di collaborazione tra brand e influencer che si svolgono in assenza di una vera e propria committenza formale, come le situazioni in cui l’influencer promuove prodotti o servizi ricevuti gratuitamente o con altri tipi di vantaggi, senza un contratto diretto, richiedendo comunque l’esplicita indicazione della natura promozionale del contenuto.

2. Le prime decisioni e quelle più recenti

Negli ultimi anni, i comportamenti legati all’influencer marketing sono stati oggetto di crescente attenzione da parte delle autorità regolatorie e dei tribunali italiani, con una serie di pronunce significative che hanno contribuito a delinearne i confini.

Una certa eco ha avuto l’ordinanza del Tribunale di Genova con la quale è stato condannato Philipp Plein, all’esito di un giudizio cautelare (ordinanza del 4 febbraio 2020)[6]. Pur riconoscendo che per gli influencer è elemento essenziale la rappresentazione della propria vita, al pari dell’ostentazione dei beni di consumo dei quali si circondano, nel provvedimento il Tribunale ha tuttavia evidenziato come l’uso di marchi di terzi si può ritenere lecito solo se autorizzato dal titolare o sia inevitabile, perché visibile sui “prodotti normalmente usati dal soggetto rappresentato per compiere l’azione pubblicata” (così l’ordinanza in commento). Diversamente, l’uso di un marchio altrui deve considerarsi abusivo quando “le immagini riprodotte dall’influencer non possano trovare altro significato – in capo ai fruitori dei social media – che quello commerciale e pubblicitario”; circostanza che normalmente accade quando l’esposizione del marchio è accompagnata da inserzioni o didascalie espressamente pubblicitarie, il marchio è pubblicato in un contesto che risulti prevalentemente indirizzato alla comunicazione pubblicitaria e/o compaia in immagini che di per sé non possano avere altro significato che l’esposizione di un prodotto a scopi commerciali[7].

Su alcuni casi di influencer marketing si è pronunciata anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Tra i primi interventi rilevanti si evidenziano due provvedimenti: il primo (n. 27787 del 22 maggio 2019) aveva ad oggetto la pubblicazione, sul profilo Instagram di alcuni influencer italiani, di post in cui appariva visualizzato, in modo centrale e sproporzionato rispetto al conteso narrativo-espressivo, il logo Alitalia stampigliato sui capi di abbigliamento firmati da Alberta Ferretti e indossati dagli influencer stessi, senza alcuna menzione alla natura commerciale dei contenuti postati e altra apparente spiegazione se non l’intento promozionale. Un secondo provvedimento che ha avuto una certa eco (n. 28084 del 16 marzo 2020) riguardava invece i post pubblicati da diversi (micro)influencer, nei propri profili Instagram, aventi ad oggetto prodotti a marchio Barilla relativi alla linea “Pan di Stelle”, senza le opportune avvertenze. Entrambi i provvedimenti si sono conclusi con l’accettazione degli impegni proposti dai professionisti interessati a rendere i consumatori consapevoli di trovarsi in presenza di un vero e proprio messaggio pubblicitario e non di fronte ad una condivisione autonoma e indifferente della vita quotidiana. Di particolare rilievo è il procedimento PS12506, conclusosi con provvedimento del 14 dicembre 2022, con il quale AGCM ha sanzionato le società Fenice S.r.l. e TBS Crew S.r.l., società che gestiscono i marchi e i diritti relativi alla personalità e all’identità personale della nota influencer Chiara Ferragni, insieme a Balocco S.p.A., per aver pubblicizzato in modo ingannevole l’iniziativa “Pandoro Pink Christmas”, relativa alla realizzazione di un Pandoro creato su licenza Chiara Ferragni Brand, nell’ambito di una collaborazione tra la Balocco S.p.A. e la sig.ra Ferragni. L’AGCM ha accertato che il comunicato stampa, il cartiglio sulla confezione del prodotto, nonché i post, repost e stories pubblicati dalla stessa Chiara Ferragni per pubblicizzare il pandoro griffato, avevano indotto i consumatori a credere erroneamente che l’acquisto del prodotto, venduto a un prezzo significativamente più alto rispetto al pandoro tradizionale, avrebbe contribuito direttamente alla raccolta fondi per l’acquisto di un macchinario per l’Ospedale Regina Margherita.

Non sono mancate anche alcune prime pronunce dello IAP (sistema privatistico di natura contrattuale). Una delle decisioni più significative è stata quella che ha visto coinvolti Peugeot ed un noto influencer che aveva pubblicato alcune stories riprese presso lo stand della casa automobilistica in occasione degli Internazionali di Tenni d’Italia a Roma (Giurì 45/2018), condannati in quanto “nessun accorgimento è stato adottato per rendere edotti i followers dell’artista della natura pubblicitaria dell’endorsement, che non era di per sé immediatamente evidente agli occhi del consumatore medio, né a fortiori agli occhi del più vulnerabile consumatore-followers”. Peugeot è stata ritenuta responsabile – nonostante si fosse professata estranea alla comunicazione – in base al principio della responsabilità dei committenti per il fatto dell’ausiliario (ex art. 2049 c.c.) e per fatto proprio, in quanto avvisato della pubblicazione, tramite tag al proprio profilo, e da quest’ultimo citata sul profilo dello stesso.

3. Le linee guida dell’AGCM

I provvedimenti sono stati l’occasione per l’AGCM di vagliare e indicare alcune best practices per tutelare i consumatori contro il marketing occulto, “particolarmente insidioso poiché idoneo a privare i destinatari delle naturali difese attivate in presenza di un dichiarato intento pubblicitario” (così la pronuncia del 2019), e garantire la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario delle comunicazioni diffuse sui social.

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Più in particolare, l’AGCM ha ritenuto che impegni, come i seguenti, rispondano pienamente ai principi generali di riconoscibilità e siano idonei a sanare possibili profili di illiceità della pratica commerciale:

quanto alle società committenti:

1) l’adozione di specifiche linee guida volte a chiarire e fissare le regole di condotta cui gli influencer devono attenersi e che costituiscano parte integrante di ogni accordo di collaborazione commerciale stipulato con i singoli influencer (con la previsione anche di misure sanzionatorie graduate, in funzione della natura e del valore del contratto, nel caso in cui l’influencer non le rispetti); le linee guida dovranno illustrare il principio della trasparente indicazione della natura pubblicitaria della comunicazione, chiarendo come tale principio trovi applicazione anche alle comunicazioni diffuse tramite i social network (con l’indicazione chiara di specifiche avvertenze da inserire nei post);

2) l’inserimento, nei contratti di licenza del marchio a fini di sponsorizzazione o di endorsement e/o di co-marketing, di una clausola standard che preveda l’obbligo per influencer e ogni partner commerciale di adottare tutte le misure e le cautele necessarie per evitare il verificarsi di fenomeni di pubblicità occulta, con espresso richiamo all’adozione di corrette modalità di comportamento e impegno a rendere riconoscibile la finalità promozionale di post e comunicazioni (con la previsione anche di penali commisurate al valore economico del contratto, in caso di non assunzione di corrette modalità di comportamento di pubblicizzazione del prodotto e, nei casi più gravi, il diritto per la società di risolvere il contratto con facoltà di richiedere il risarcimento del danno);

3) l’adozione di una apposita comunicazione da accludere ad ogni spedizione di forniture in omaggio, attraverso la quale la società inviti il destinatario al rispetto della normativa a tutela dei consumatori e della concorrenza (ad es. inserendo un inserzione ben leggibile nei post in cui si indica la provenienza dei prodotti e la natura gratuita degli stessi, tramite l’utilizzo di frasi evocative come “Questo prodotto mi è stato inviato/regalato da [nome del brand]”) o hashtag quali #adv, #sponsored o #suppliedby[nome del brand]);

4) la predisposizione e l’invio da parte delle funzioni apicali della società alle funzioni coinvolte nella gestione dell’influencer marketing di una comunicazione formale che raccomandi di attenersi al più rigoroso rispetto della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette con particolare riferimento all’adozione di tutte le cautele necessarie per evitare il verificarsi di casi di pubblicità occulta;

quanto ai singoli influencer:

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  1. a) nei casi di promozione di un prodotto nell’ambito di un rapporto di committenza, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti pubblicati, anche dei c.d. contenuti “a scadenza”, quali ad esempio le stories[8], l’inserimento in modo ben visibile nella parte iniziale del post o di altra comunicazione diffusa in rete di apposite diciture[9], quali “pubblicità/advertising”, “promosso da/promoted by [nome del brand]”,“sponsorizzato da/sponsored by [nome del brand]”, o “in collaborazione con/in partnership with [nome del brand]” e/o nel caso di un post l’inserimento entro i primi tre hashtag una delle seguenti avvertenze, quali #advertising, #ad, #sponsoredby[nome del brand], #pubblicità[nome del brand], #pubblicità, #advertising[nome del brand], #inserzioneapagamento[nome del brand] e nel caso dei contenuti audio, quali ad esempio i podcast, oltre l’inserimento nella descrizione del contenuto di un delle diciture previste, ènecessario che all’inizio della trasmissione venga chiaramente comunicato a voce che si tratta di un contenuto promozionale;
  2. b) nei casi in cui, nei propri post, mostri prodotti o servizi ricevuti in omaggio o per un modico valore, l’inserimento di apposite avvertenze tramite hashtag, quali #prodottofornitoda[nome del brand], #suppliedby[nome del brand] oppure avvertenze esplicative ben leggibili volti ad esplicitare la circostanza di aver ricevuto il prodotto in regalo, quali “Grazie a [nome del brand] per avermi regalato questo splendido vestito” o “Amici, vi faccio vedere questo nuovo prodotto regalatomi da [nome del brand]”) e nel caso di inviti a eventi o fruizione di servizi gratuiti (come vacanze, cene, trattamenti estetici, ecc.), l’indicazione esplicita della natura promozionale dell’esperienza attraverso l’inserimento di diciture quali#invitato/a da [nome del brand];
  3. c) nei casi in cui si tratti di autopromozioni, ossia quando gli influencer promuovano i propri prodotti o il proprio brand, la necessità di avvertenze dipende dalla riconoscibilità della natura commerciale del contenuto: quando la natura commerciale è evidente e chiaramente riconducibile all’influencer, ad esempio quando i prodotti o servizi promossi sono contraddistinti da un marchio che coincide con il nome dell’influencer stesso, non è necessaria alcuna avvertenza; in tutti gli altri casi, l’influencer deve seguire le stesse regole valide per le collaborazioni commerciali;

quanto alle agenzie coinvolte:

ove sia l’agenzia che, per conto del committente, proceda ad instaurare una relazione contrattuale con l’influencer, provvedendo alla sua remunerazione, il contratto tra il committente e l’agenzia – oltre a prevedere l’obbligo a carico di quest’ultima di stipulare con gli influencer contratti con cui questi si vincolano al rispetto delle linee guida – conterrà clausole volte a responsabilizzare ulteriormente l’agenzia che vigilerà attentamente sull’operato degli influencer, così attivandosi tempestivamente, anche su eventuale segnalazione del committente, per garantire l’osservanza delle linee guida e inserendo altresì meccanismi di deterrenza (ad esempio, riduzione di corrispettivi e/o penali e/o sospensioni di pagamenti) e sanzionatori nel caso di violazione da parte dell’agenzia dei suddetti obblighi. Anche in tal caso i meccanismi saranno ovviamente applicati nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e gradualità a seconda delle circostanze concrete e nel rispetto della propria autonomia imprenditoriale e libertà contrattuale delle parti. Deve inoltre essere previsto un obbligo contrattuale a carico dell’agenzia di replicare negli autonomi contratti stipulati con gli influencer analoghi meccanismi di deterrenza e sanzionatori da attivarsi da parte dell’agenzia.

4. Conclusioni

L’influencer marketing rappresenta una grande opportunità, anche per le diverse possibilità e le numerose modalità espressive; dove tuttavia è facile “perdersi”. Seguire le linee guida dell’AGCM dovrebbe quindi evitare possibili rischi di violazioni e relative sanzioni. Da valutare, ovviamente, caso per caso.

[1] Decreto legislativo 06/09/2005 n. 206 e succ. mod..

[2] 68ª edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, in vigore dal 9 febbraio 2021.

[3] Richiamato dall’art. 7 del Codice di Autodisciplina, il Regolamento Digital Chart sostanzialmente riprende il contenuto della precedente Digital Chart emanata dallo IAP ed è ora, proprio in forza del richiamo normativo, vincolante per tutti coloro che direttamente o indirettamente aderiscono al sistema autodisciplinare.

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[4] La citazione dell’inserzionista utilizzando il tag (@) non è di solito ritenuta sufficiente a ritenere manifesta la natura commerciale della comunicazione.

[5] La nuova versione del Regolamento Digital Chart riflette le esigenze di un settore in continua evoluzione e tiene conto degli spunti raccolti durante il tavolo tecnico a cui lo IAP ha partecipato insieme a oltre 60 stakeholders del settore. Questo tavolo tecnico, avviato proprio dalle linee guida AGCOM, ha avviato l’elaborazione di un codice di condotta che entrerà in vigore nel 2025.

[6] Lo stilista e imprenditore tedesco, fondatore dell’omonimo brand e influencer di moda, aveva infatti pubblicato alcuni post sul proprio profilo Instagram in cui aveva riprodotto propri capi di abbigliamento accostandoli al marchio e alle auto Ferrari e, nonostante fosse stato invitato più volte dalla casa di Maranello a rimuovere le immagini, non aveva provveduto in tal senso sostenendo che le immagini pubblicate avessero una mera finalità descrittiva delle sue personali abitudini di vita e non già uno scopo commerciale.

[7] In applicazione di tali principi il Tribunale ha quindi ritenuto in violazione dei diritti di Ferrari la pubblicazione di immagini che riproducevano le calzature poste sul cofano di un’autovettura, circostanza che “non descrive il momento di vita di alcuno (momento che può essere l’atto di mangiare, riposarsi, camminare, festeggiare, conversare etc.), anche in considerazione del fatto che appoggiare delle scarpe sul cofano di un auto costituisce condotta del tutto priva di giustificazione pratica” (così ancora l’ordinanza), ma che risulta evidentemente (e solamente) giustificata dalla finalità di promuovere la vendita delle calzature create dallo stilista, mediante l’associazione con l’autovettura di lusso riprodotta. Oltre che un uso commerciale vietato del marchio Ferrari, per il Tribunale la pubblicazione concretizza altresì un’illecita associazione tra i marchi e un danno di immagine, anche sotto il profilo dell’offuscamento. Nessuna censura è stata invece avanzata nei confronti di Ferrari per non aver fatto ricorso, prima di procedere giudizialmente, alle apposite procedure previste su Instagram per la segnalazione e la rimozione dei contenuti illeciti, poiché, sempre per il Tribunale, “diversamente opinando si introdurrebbe una condizione di procedibilità non prevista dalla legge, in aperto conflitto con principio della piena e libera giustiziabilità dei diritti soggettivi di cui all’art. 24 Cost.” (così l’ordinanza in commento).

[8] Nel caso delle stories le diciture devono essere apposte in modo ben visibile sugli elementi visivi di ogni contenuto promozionale.

[9]  Tali diciture devono essere di agevole leggibilità, non solo per il posizionamento all’interno del contenuto, ma anche grazie all’adozione di accorgimenti grafici; ad esempio, è necessario utilizzare colori a contrasto rispetto allo sfondo, scegliere una dimensione dei caratteri adeguata e, in caso di disclaimer inserito in un video, garantire la permanenza in sovraimpressione.

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