Altro giro di boa per Square Enix e i suoi porting PC di illustri titoli console, giunti oggi a riproporre sui monitor della “master race” il tanto apprezzato secondo capitolo della trilogia remake di Final Fantasy VII. E in effetti c’era molto da dire su Final Fantasy VII Rebirth, un videogioco già dettagliato in passato dal nostro Danilo nella sua recensione della versione PS5. Bisogna in ogni caso considerare che gli appassionati della prima ora non si saranno lasciati sfuggire la possibilità di lanciarsi nell’avventura alla prima occasione, direttamente su console Sony, e proprio per questo motivo tornare a parlare di un titolo tanto chiacchierato ci sembrava quasi superfluo. Tuttavia non potevamo trattenerci dal dire che siamo soddisfatti del lavoro svolto per l’ottimizzazione PC, ed per questo che siamo ben lieti di spiegarvene il motivo dopo un’approfondita prova concessaci da Square Enix.
Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: € 70,00 / Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam, Epic), PS5 Data di lancio: 23 Gennaio
Innanzitutto una premessa: non dissilmente da quanto successe per Final Fantasy VII Remake, Rebirth riporta su PC l’interezza dei contenuti saggiati e apprezzati nella sua controparte console, senza introdurre particolari novità. Ciò, naturalmente non rappresenta di per sé un problema, ma chi volesse bissare l’esperienza sul proprio computer per apprezzarne le migliorie dal punto di vista tecnico dovrebbe tenerlo a mente fin da subito. Questo, naturalmente, si traduce anche nell’impossibilità di affrontare l’avventura al livello di difficoltà più alto, che rimane sbloccabile solamente, come in origine, al termine dell’avventura principale.
Per chi invece fosse rimasto a bocca asciutta dalla lunga sequenza conclusiva di Final Fantasy VII Remake, l’avventura riprende esattamente dove si era conclusa in precedenza, ripercorrendo il passato di Cloud e Sephiroth attraverso un flashback giocabile; la digressione nel passato dei due guerrieri si dimostra essere solo un raro momento di tranquillità per il gruppo di eco-terroristi, braccati dalle forze militari della Shinra a seguito degli eventi narrati nell’epilogo del capitolo precedente, ed è così che al termine di una breve parentesi tra le mura della cittadina di Kalm – atta all’introduzione di nuove meccaniche di crescita dei personaggi – ci si ritrova catapultati nella prima grande zona esplorabile del gioco.
UN MAGNIFICO RITORNO
E in effetti, come venne sottolineato anche in sede di recensione della versione console, il mondo di Final Fantasy VII Rebirth rappresenta, senza mezzi termini, uno dei migliori risultati raggiunti dalla recente Square Enix, ponendosi in netta contrapposizione al deludente e lineare sedicesimo capitolo che, vuoi anche per esigenze ludiche, limitava il design del mondo calpestabile a zone decisamente più ridotte e dal design poco creativo. In Final Fantasy VII Rebirth Cloud e i suoi compagni affrontano un viaggio epico tra regioni vastissime e ricche di dettagli, come la colossale Corel, respirando un senso di libertà raro per la serie, e per certi versi più vicino alle convenzioni del gaming open world di matrice occidentale. L’esplorazione si estende in orizzonti e verticalità inedite, enfatizzate da biomi differenti e dettagliati che richiedono spesso l’uso dei Chocobo per essere pienamente attraversati.
Ogni bioma è progettato con un’attenzione quasi maniacale, rendendo l’esplorazione un’esperienza sempre appagante
Le transizioni da una zona all’altra sono arricchite da un colpo d’occhio spettacolare, con ambienti visivamente impeccabili e colori vibranti, culminanti in aree memorabili come il roccioso Cosmo Canyon o l’intricata foresta tropicale di Gongaga (e vi sfidiamo a non canticchiare il suo tema musicale). Ogni bioma è progettato con un’attenzione quasi maniacale, rendendo l’esplorazione un’esperienza sempre appagante, anche quando ci si trova a seguire gli ormai consueti segnalini su mappa per completare gli innumerevoli mini-giochi, o completare le attività secondarie proposte nelle diverse aree. Va detto, per onestà intellettuale, che l’impianto esplorativo non è un vero open world, ma un mondo frammentato, con brevi tempi di caricamento tra una zona e l’altra, spesso mascherati da animazioni e incursioni in stretti passaggi sotterranei.
COME PRIMA, PIÙ DI PRIMA
Nonostante il mondo risulti tanto affascinante (e per alcuni, estremamente nostalgico), duole ammettere che alcune delle tante attività secondarie non brillino per qualità, così come la loro introduzione risulti, talvolta, smorzare il ritmo della narrazione. La presenza di torri da attivare e di minigiochi ripetitivi, come quello della caccia al Moguri, pur utile per riempire le settanta e più ore necessarie al completamento del gioco, potrebbe spazientire i giocatori più affamati di progressi nella narrazione, o semplicemente alienare coloro che si erano abituati allo stile ludico e narrativo maggiormente lineare dei titoli principali della serie, e del capitolo precedente. Square Enix ha comunque bilanciato questi elementi con incarichi più intriganti, come la caccia agli Esper, il gioco di carte Regina Rossa (un must per gli amanti del Triple Triad dell’ottavo capitolo) o la ricerca di tesori sepolti, che premiano il giocatore con Materie rare e oggetti utili. In tal senso, il personaggio di Chadley, già conosciuto in Final Fantasy VII Remake per le sue sfide nel simulatore di lotta, torna con un ruolo ampliato: gestisce come di consueto delle sfide ad hoc contro gruppi di nemici, ma anche missioni legate agli Esper e aggiorna un dossier locale che motiva i giocatori a esplorare ogni angolo del mondo, fornendo dettagli sulla lore e le mostruosità incontrate che possono essere consultati all’interno dei menù di gioco.
Le sfide legate agli Esper rappresentano un punto di forza: prima di affrontarli, è possibile individuare altari nascosti che ne semplificano lo scontro, aggiungendo uno strato strategico alla progressione. Una volta sconfitti, questi esseri possono essere evocati grazie a Materie speciali, un meccanismo che combina soddisfazione e utilità. Se lo si vuole è anche possibile affrontarli al massimo delle loro possibilità – magari per vantarsi del risultato ottenuto – ma la curva di difficoltà si fa decisamente più ripida, specie contro nemici temibili con meccaniche uniche, come ad esempio il feroce Odino. Anche i dungeon esplorabili evidenziano un salto qualitativo non indifferente rispetto a Final Fantasy VII Remake, presentando mappe più intricate e percorsi pensati per sfruttare le abilità specifiche dei membri del gruppo. Yuffie può utilizzare un rampino per superare ostacoli e può affidarsi ad una maggiore agilità – d’altronde è una shinobi di Wutai! – mentre Cait Sith e Aerith risolvono enigmi ambientali: tutte caratteristiche che vengono introdotte pian piano nel corso dell’avventura per risultare fondamentali nell’ultimo – epico – dungeon finale.
anche i dungeon evidenziano un salto qualitativo non indifferente rispetto a Remake
L’esplorazione certosina degli ambienti ricompensa non solo con armi uniche e scorci mozzafiato, ma viene promossa anche dalla presenza di innumerevoli reagenti da raccogliere, fondamentali per il nuovo sistema di crafting, che consente di creare e potenziare equipaggiamenti e oggetti curativi in modo rapido e pratico, senza dover dipendere dai negozi. Invece il sistema di combattimento, pur essendo stato ampliato sulla base di quello di Final Fantasy VII Remake, conserva alcune criticità. Ad esempio, la telecamera risulta essere ancora troppo vicina al personaggio controllato, e penalizza la visibilità durante gli scontri più concitati, soprattutto contro boss che riempiono l’arena di effetti speciali. Andando a modificare le opzioni di gioco è possibile lenire questo aspetto spostandola a maggiore distanza, ma la lettura dell’azione, specie nelle arene più ristrette, può risultare inutilmente ostacolata.
In ogni caso le nuove abilità sinergiche, che permettono ai personaggi di eseguire tecniche combinate, aggiungono un elemento tattico interessante. Queste tecniche congiunte possono essere potenziate – assieme ad altre statistiche – tramite un albero dell’abilità simile alla classica Sferografia di Final Fantasy X, che permette di personalizzare il proprio stile di gioco, pur dando la possibilità di riassegnare i punti in qualsiasi momento, nel caso lo si volesse. Una scelta ardita, ma che permette senz’ombra di dubbio di dare accesso ai giocatori maggiormente dedicati ad un vasto ventaglio di possibilitàm arricchendo le opzioni di personalizzazione dei membri del gruppo, considerando che ognuno di essi presenta meccaniche e stili di combattimento unici e dalla curva di apprendimento stratificata.
ONCE MORE, WITH FEELING
Dal punto di vista narrativo, Rebirth riesce a espandere la storia del gioco originale, rimescolando l’ordine degli eventi, e anticipando l’introduzione di volti storici, come il tenebroso Vincent e il manesco Cid, pur addolcito e privato della sua iconica sigaretta. Pur ripercorrendo gli eventi principali conosciuto nel classico PS1, Rebirth crea nuove occasioni per approfondire i punti nevralgici centrali della sua narrazione, stupendo per la cura con la quale riesce a rendere memorabile anche lo scorcio più secondario conosciuto in passato (un esempio su tutti, la regione di Gongaga). Si capisce che lo sforzo in tal senso sia stato profuso per dare maggiore spazio a personaggi meno dettagliati nell’incarnazione originale, come Barret e Red XIII, così da sottolineare i legami creatisi tra protagonisti e comprimari; non mancano poi nuove figure misteriose, come gli enigmatici uomini avvolti in sudari neri.
La rielaborazione di sequenze memorabili, come la parata di Junon, non solo evoca nostalgia ma aggiunge spessore allo storytelling, che risulta sempre – e unicamente – arricchito dall’operazione di rifacimento. Tuttavia, come sottolineato in precedenza, il ritmo narrativo in alcuni punti risente della quantità di attività secondarie e sottogiochi presenti, che rischiano di distrarre dall’obiettivo principale. Entrare nel dettaglio della storia di Final Fantasy VII Rebirth in sede di recensione vorrebbe dire anticipare eventi e capovolgimenti dell’intreccio che andrebbero solo a scapito del godimento dei giocatori, ed è per questo motivo che non vogliamo dilungarci troppo in merito.
Crediamo sia utile pensare a questa trilogia remake come ad un progetto che si pone a metà tra un remake e un sequel dei prodotti targati Final Fantasy VII pubblicati tra il 1997 e il 2007, tenendo conto che molti concetti del world building e della lore dell’universo abitato da Cloud e soci sono stati riscritti o espansi negli innumerevoli videogiochi pubblicati a cavallo tra queste date. Ed è anche per questo che non possiamo che consigliare ai più curiosi di giocare – o riscoprire – Crisis Core: Final Fantasy VII Reunion (lo recensimmo qui), e il titolo gacha disponibile per mobile e PC, Final Fantasy VII Ever Crisis.
La rielaborazione di sequenze memorabili, come la parata di Junon, non solo evoca nostalgia ma aggiunge spessore allo storytelling
Ques’ultimo si pone come vero e proprio vademecum della storia di Final Fantasy VII e permette di far proprie tutte le nozioni necessarie ad apprezzare maggiormente ciò che viene raccontato in Rebirth. In ogni caso rimane estremamente interessante vedere Kazushige Nojima – sceneggiatore di FF VII, e di questo suo remake – rimettere mano al lavoro di gioventù che più definì la sua carriera di lì in avanti.
Andando nello specifico dell’incarnazione PC, siamo lieti di poter garantire che – sull’hardware di prova – il videogioco dal peso non indifferente di 150 GB non abbia mai presentato un’incertezza, regalando un’esperienza di gioco al massimo dettaglio e ad una risoluzione in 4K, con un frame rate sempre superiore agli 80fps, senza incorrere in cali drammatici; giusto qualche “singhiozzo” nei passaggi tra scene prerenderizzate e cinematiche mosse in tempo reale, ma nulla che faccia ricordare i fastidiosi scatti di cui soffriva il port PC di Final Fantasy VII Remake al lancio su hardware video AMD.
Rispetto a Final Fantasy XVI – mosso da un motore grafico proprietario – e al netto di una compilazione degli shader prima del lancio (raccomandiamo di non interromperla), Final Fantasy VII Rebirth si muove con disinvoltura a cavallo di un Unreal Engine 4 estremamente performante, anche quando ci si trova a muoversi in ambienti ampi e ricchi di dettagli. Uno degli aspetti maggiormente criticati alla versione PlayStation 5 era una qualità dell’immagine sporcata da incertezze, anche nella modalità grafica deputata al dettaglio visivo: in tal senso, la versione PC sfoggia una qualità visiva pulita e senza compromessi, qui arricchita da un modello dell’illuminazione rivisto e maggiormente convincente – specie nelle splendide scene cinematiche che sottolineano i passaggi cruciali dell’avventura di Aerith e soci.
Su PC, Final Fantasy VII Rebirth conta sul massimo supporto a mouse e tastiera, compatibilità con le DLSS di Nvidia, fluidità a 120 fps, supporto ad HDR e VRR e anche piena compatibilità con il Joypad di Sony Dual Sense, riportando le medesime caratteristiche aptiche della versione PS5; il suo motore grafico risulta anche estremamente scalabile, permettendo di scegliere tra tre configurazioni di dettaglio grafico ottimizzate per l’occasione, pur non entrando troppo nel dettaglio delle singole. Per questo motivo, non sorprende che il videogioco sia stato verificato anche per Steam Deck, sebbene in sede di recensione non ci sia stato dato modo di testarlo sulla portatile di Valve.
Stupisce invece la mancanza di supporto a soluzioni come la FidelityFX Super Resolution (o FSR) di AMD, o di XeSS, obbligando i possessori di schede non marchiate Nvidia a dover optare per un anti-aliasing di tipo TAA che, secondo il nostro parere, risulta ammorbidire fin troppo l’immagine. D’altronde abbiamo scoperto che il videogioco non permette di disattivare l’anti-aliasing in alcun modo. Ciò detto, permangono alcuni problemi già riscontrati nella versione console, come ombre dalla qualità migliorabile durante il gameplay (anche alzando l’asticella della configurazione deputata), qualche texture ambientale slavata di troppo, e alcuni pop-up degli elementi grafici di sfondo che potrebbero essere sistemati in futuro con patch e correzioni. Nemmeno la vegetazione risulta calpestabile, o viene intaccata dal movimento dei personaggi, il che fa pensare che il titolo su PC punti più a riproporre “al meglio” ciò visto su PlayStation 5 e PlayStation 5 Pro piuttosto che ad offrire un salto deciso a livello tecnico.
Se non altro, a conti fatti, l’esperienza di gioco su PC gode di una fluidità inedita se affiancata a questo livello di dettaglio visivo, utile a sottolineare il dinamismo delle battaglie, e chi si fosse fatto ingolosire dal risultato del titolo Square Enix su Playstation 5 Pro potrebbe farsi maggiormente convincere ad aggiornare l’hardware del proprio PC per una garanzia di performance nettamente più solida. È una dimostrazione chiara di come Square Enix stia perfezionando la sua capacità di adattare esperienze originariamente concepite per console anche al mondo del PC gaming, benché non si possa che ammettere che l’utilizzo di un motore grafico tanto rodato non abbia potuto che aiutare. E no, anche a sto giro niente supporto all’ultra-wide screen. Bof!
In Breve: Final Fantasy VII Rebirth espande con successo l’universo del capitolo originale, offrendo un’esperienza che combina vasti regioni esplorabili, meccaniche di gioco raffinate e un sistema di combattimento profondo e avvincente. Le migliorie tecniche della versione PC, come il supporto al 4K, DLSS e frame rate fino a 120 fps, esaltano la resa visiva e la fluidità, rendendo questa edizione il modo migliore per godersi l’avventura. Nonostante alcune attività secondarie spezzino talvolta il ritmo narrativo, il titolo colpisce per la sua capacità di reinterpretare eventi classici e ampliare la trama, in modo da regalare emozioni sia ai fan storici che ai nuovi arrivati.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: i7 13700K 3.40 GHz NVIDIA RTX 4090 RAM 32GB
Com’è, Come gira: Agile e scattante, anche al dettaglio massimo e ad una risoluzione di pieno 4K. Fossero tutti i port PC Square Enix così…
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link