“Abitare significa creare un’abitudine allo spazio, conoscerne la specificità, il genius loci, farne un abito che è il nostro modo di muoverci nel mondo, di vivere, di assumere uno stile di vita” cita un testo di Emanuele Borsotti ‘Segni dei luoghi. Vivere lo spazio, abitare il senso’- Pier Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, nell’introduzione alla pubblicazione dal titolo contro MURO, il diritto di abitare dei rifugiati, che verrà presentata oggi 22 febbraio, a Roma.
contro MURO, il diritto all’abitare dei rifugiati: la pubblicazione
contro Muro è nato dalle testimonianze di alcuni beneficiari sostenuti e accompagnati dal Centro Astalli nell’azione della ricerca della casa, realizzata nell’ambito del progetto Home sweet home, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione e far riflettere sulle difficoltà e la fatica che i migranti forzati, richiedenti asilo e rifugiati, affrontano quando all’uscita dalla prima e seconda accoglienza, garantita dallo Stato e dalla legislazione nazionale ed europea, ottenuto il permesso di soggiorno, cercano un’autonomia abitativa nella città di Roma. Infatti, se nella fase in cui la persona ha presentato domanda di protezione internazionale, la ricerca di un alloggio è prioritaria per ragioni di immediata sussistenza, nella fase successiva all’acquisizione dello status giuridico, la possibilità di accedere a un alloggio diventa una questione di integrazione sociale.
“Il progetto Home sweet home, racconta sempre Ripamonti, “nasce dalla percezione di quattro criticità: 1) la situazione abitativa di Roma particolarmente difficile a causa dall’elevato numero di persone in emergenza alloggiativa; 2) la crescente diffidenza dei proprietari italiani ad affittare una casa a stranieri; 3) il livello inalterato del costo degli affitti, nonostante le difficoltà economiche e le problematiche del lavoro; 4) la complessità normativa in materia abitativa e l’esigenza di padroneggiare una terminologia specifica.”
È emersa quindi l’esigenza di formare “praticamente” i beneficiari Per supportare gli stranieri è stato attivato, nella sede del Centro Astalli, uno sportello dedicato alla ricerca della casa, aperto tre giorni a settimana, tramite il quale sono stati stabiliti contatti con le agenzie e i proprietari, sono state ricercate soluzioni che mettessero in relazione beneficiari per percorsi di cohousing o comunque di condivisione dell’alloggio, così da risolvere parzialmente la criticità dell’impegno finanziario. Inoltre, si è svolta una mappatura per ricercare gli annunci in linea con le disponibilità economiche medie dei potenziali destinatari.”
“Abitare le città al fianco di molte altre cittadine e cittadini, non è solo una questione di abilità nella ricerca della casa, non è solo una questione di mercato immobiliare, ma è anche una questione culturale e di sensibilità che si costruisce giorno dopo giorno. E’ necessario ricucire lo strappo che si è creato tra la città e i rifugiati con la pazienza del dialogo senza pregiudizi, confrontandosi con passione sulle idee, sui progetti e sulle proposte utili a rinnovare il tessuto della Città” dice ancora Ripamonti citando un discorso di Papa Francesco: Ricucire lo strappo, oltre le disuguaglianze,- Roma 25 ottobre 2024. Abitare e coabitare sono quindi azioni civili di creazione di comunità, possibili ricucendo relazioni e progettando un futuro insieme.”
Del problema abitativo e delle iniziative intraprese tramite il progetto “Home sweet home”, svoltosi da novembre 2023 a novembre 2024, che ha riguardato circa 200 beneficiari, ne parleranno, dopo i saluti istituzioni di Andrea Tobia Zevi, Assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative di Roma Capitale, P. Camillo Ripamonti, Presidente Centro Astalli, Carlo Cellamare, Professore ordinario di urbanistica presso l’Università Sapienza di Roma, Keti Lelo, Associato di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia Aziendale, Università degli Studi Roma Tre; Vicepresidente ACoS, Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale; Stefano Portelli, Ricercatore in antropologia urbana, presso Università degli Studi Roma Tre.
contro MURO: parla Keti Lelo
Abbiamo parlato del tema dell’abitare a Roma, con la professoressa Keti Lelo, tra i fondatori di mapparoma, progetto nato nel 2016, per evidenziare le forti differenze socio-economiche del territorio di Roma. “Ci sono molte differenze nella nostra città, in base al quartiere o territorio in cui si vive, in termini di capacità delle persone di raggiungere una qualità della vita soddisfacente” racconta, “Con i nostri studi di mapparoma, insieme a Salvatore Monni, Economista dello Sviluppo e Federico Tomassi, Economista, abbiamo analizzato Roma attraverso dati, aggiornati – economici, urbanistici, demografici, e relativi a infrastrutture e servizi-riscontrando delle oggettive differenze tra i quartieri.
Keti Lelo: serve una visione complessiva del disagio
“I motivi che generano le differenze in un quartiere piuttosto che in altro sono molteplici” continua la professoressa “non ci sono ricette immediate ma è necessario intervenire sui fattori che generano disagio con le politiche di supporto sociale a livello locale. Si dovrebbe evitare, ad esempio, che le persone più esposte a problemi di disagio sociale, come i migranti forzati, vadano ad insistere sempre negli stessi luoghi. Bisognerebbe attivare delle politiche che aiutino sia le persone che i quartieri” poi aggiunge “serve una visione complessiva del disagio, non bisogna guardarlo da una sola visuale. Bisogna avere una visione complessiva anche sul problema casa. A Roma il problema casa è sempre esistito. Roma è l’insieme delle sue periferie, storicamente è diventata capitale d’Italia tardi, era abbastanza piccola ma aveva tanto spazio ai suoi confini; si è sviluppata utilizzando questo spazio senza criterio, con posti molto lontani, poco collegati e senza servizi, dove sono andati a vivere le persone che non avevano risorse per accedere al mercato immobiliare ufficiale. Roma, nei primi decenni del Novecento e anche dopo il secondo conflitto mondiale, ha sviluppato un abusivismo di necessità. Il tentativo di risolvere il problema casa, che c’è stato a più riprese con la costruzione di quartieri di case popolari, non sempre ha risolto il problema: perché l’edilizia popolare è spesso molto lontana dal centro, troppo concentrata, con quartieri molto grandi e difficili da mantenere efficienti. I quartieri popolari hanno risolto il problema delle baraccopoli ma non hanno risolto il problema sociale della concentrazione di persone che hanno un disagio sociale superiore alla media.”
Keti Lelo: la distribuzione dei migranti nei quartieri romani
“I migranti sì inseriscono in un contesto territoriale molto complesso, è importante capire le problematiche già esistenti e cercare poi di fornire le soluzioni adeguate per tutti.” Con mapparoma abbiamo lavorato sulle fonti statistiche ufficiali, dati ISTAT e del Comune di Roma, e abbiamo avuto modo di vedere la distribuzione territoriale degli stranieri: non è vero che abitano tutti nei quartieri disagiati, abitano anche nei territori ricchi, a Roma Nord, dipende molto dal tipo di lavoro che svolgono. Ad esempio, l’attività di cura e di assistenza presso le famiglie portano gli stranieri a vivere nei quartieri ricchi, chi si occupa più di commercio vive nel quadrante est, altri che si occupano di costruzioni tendono ad abitare fuori dal G.R.A, la situazione è molto diversificata, per fortuna, a Roma non abbiamo le Banlieue come a Parigi. Poi tra gli stranieri ci sono quelli regolarmente censiti e registrati all’anagrafe che vivono regolarmente ma non abbiamo nessuna informazione sugli stranieri che vivono qui temporaneamente, così come non abbiamo nessuna informazione sugli stranieri che dopo acquisiscono la cittadinanza e diventano italiani. Quindi è molto difficile riuscire a capire quanti sono, dove sono e dove incidono, così come altre categorie, i rom e i senza tetto. Il tema degli stranieri deve essere trattato a partire dai numeri “ ribadisce Lelo.
Keti Lelo: superare la frammentarietà dell’informazione
Tornando poi all’attualità e all’applicazione del futuro Ddl Sicurezza, fortemente voluto dal governo italiano, che introduce, tra l’altro, delle norme molto più penalizzanti per chi occupa abusivamente alloggi. “Sicuramente non c’è da aspettarsi un miglioramento delle condizioni delle periferie o un supporto più significativo, però non bisogna essere negativi, molte volte proprio dove manca il supporto a livello amministrativo ci sono delle iniziative di supporto a livello locale, dal basso: sono tanti i casi di associazionismo che funzionano bene e che vanno protetti, basti pensare a quello che sta succedendo in questi giorni al Quarticciolo” -dove il governo vorrebbe applicare “il modello Caivano” mentre i comitati dei residenti, che negli ultimi 10 anni hanno sviluppato autonomamente numerosi servizi per il territorio, non accettano interventi calati dall’alto. “Bisogna cercare di mettere in rete quello che succede a livello locale, rafforzarlo, perché sono le realtà locali che comprendono le necessità del territorio, hanno i suggerimenti giusti per certe soluzioni. Il progetto di Astalli lo dimostra e rappresenta un esempio virtuoso che va sostenuto, rafforzato e diffuso” puntualizza Keti Lelo “Le Amministrazioni locali dovrebbero coordinare la politica sociale che si svolge nei territori e supportare le varie realtà. Bisogna anche che le realtà locali si conoscano tra di loro. Purtroppo quest’azione è molto difficile da realizzare perché non si conoscono tutte le attività sociali che si occupano dei territori” aggiunge poi “se io volessi sapere quali sono tutti i servizi che forniscono assistenza nei Municipi di Roma a chi lo forniscono, cioè quante persone sono assistite attraverso questi servizi, non avrei modo di saperlo. Bisogna cominciare dalla conoscenza di questi dati. Bisogna superare la frammentarietà dell’informazione, ognuno conosce la propria rete ma non sa cosa fanno gli altri”. Bisogna capire la dimensione del fenomeno per mettere in atto i correttivi giusti.”
Nadia Luminati
(22 gennaio 2025)
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