L’omicidio di Anica, la versione della difesa: «E’ stata uccisa da una banda»

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Spunta la pista della banda. Pochi giorni prima di sparire da casa, Anica Panfile, la cuoca rumena, uccisa e trovata senza vita, il 21 maggio del 2023, in un isolotto del Piave a Spresiano, aveva litigato con un gruppo di albanesi. E di loro aveva paura.

È quanto emerso, lunedì 20 gennaio, nel corso della prima udienza dibattimentale del processo a carico di Franco Battaggia, 77 anni, l’imprenditore del settore ittico di Arcade accusato dell’omicidio della 31enne rumena.

La pista degli albanesi negli sms

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A far emergere quella che potrebbe essere una lettura alternativa dell’omicidio, che vede Battaggia come imputato, è stato il suo difensore, l’avvocato Fabio Crea, nel corso del contro-esame di Luigino De Biasi, 59 anni, lunedì testimone principale.

Tra i tanti “non ricordo” di De Biasi, il legale ha fatto emergere in aula una serie di messaggi whatsapp scambiati, all’indomani della scomparsa di Anica, avvenuta nel pomeriggio 18 maggio 2023, tra lo stesso Luigino e “Nana”, la sorella del primo marito rumeno di Anica. “… ma lei – scrive Nana a Luigino – ha litigato con gli albanesi…”.

E Luigino risponde: “Cavolo, più passa il tempo e più tremo…”. “Sai che con questi – scrive Nana a Luigino – non si scherza. Quando vai a fare denuncia di scomparsa digli che ha litigato con gli albanesi”. E Luigino a Nana: “… ma con gli albanesi lei ha litigato a voce, non per telefono”. Degli albanesi e della paura di loro, c’è traccia anche in alcuni messaggi intercorsi tra Luigino e la stessa Anica, pochi giorni prima che sparisse: “Sono tornati a casa gli albanesi”, scriveva l’uomo alla compagna.

Una relazione travagliata

Una relazione travagliata, quella tra De Biasi e Anica Panfile, iniziata nel 2017, quando la giovane donna rumena si prostituiva in un hotel di via Postumia.

«Sapevo – ha detto De Biasi – che Battaggia era un cliente di Anica quando si prostituiva e non mi faceva sicuramente piacere quando andava a fare le pulizie a casa sua e si intratteneva più del dovuto. Ultimamente arrivava a casa, alterata dalla cocaina che Battaggia le offriva, e si chiudeva in camera per non farsi vedere».

La cuoca rumena accusava il compagno di essere troppo invadente, di controllarle il telefonino e di aspettarla anche fuori dalla casa di Battaggia ad Arcade. “Io vorrei tanto averti solo per me – scriveva Luigino ad Anica nell’estate del 2022 – ma vedo che devo dividerti con più amici”. E lei a lui: “Perché quando mi hai conosciuto e mi portavi tu?”.

L’incontro tra Luigino e Battaggia

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Nonostante De Biasi sapesse che il pomeriggio della scomparsa, la compagna era passata dall’imprenditore ittico a prendere il Cud per l’anno precedente, quando aveva lavorato alle dipendenze del proprietario del Tiburòn di Spresiano, evitò di chiamare Battaggia, pur avendone il numero.

«Continuavo a mandare i messaggi ad Anica perché vedevo che non rispondeva. Poi, verso le 16 del 18 maggio, notai che lei aveva spento il telefono perché i miei messaggi inviati rimanevano con una sola spunta».

Solo verso le tre del mattino del 19 maggio, a oltre 12 ore dalla scomparsa di Anica, Luigino De Biasi si presentò nel magazzino di Battaggia a Spresiano. «Sapevo che a quell’ora – ha raccontato, rispondendo al pubblico ministero Giulia Rizzo – lo avrei trovato nel magazzino da dove partiva ogni notte alla volta di Venezia per comprare il pesce. Gli chiesi se sapeva dove fosse Anica e lui mi rispose: “Ah, se non lo sai tu?”. Poi, all’indomani mattina mi ripresentai da Battaggia e gli dissi che sarei andato a denunciare la scomparsa di Anica e lui mi rispose “Va bene, fammi sapere…”».

I cronici problemi economici

Dai tabulati telefonici risulta che il cellulare di Luigino De Biasi alle 22.03 del 18 maggio agganciò la cella di via Marmolada a Spresiano e poi un’altra cella sempre di Spresiano dalle 2.16 alle 3.36 del 19 maggio mattina.

Di Anica è emersa la figura di una donna in perenne difficoltà economiche che un anno prima di morire, nell’estate del 2022, aveva manifestato l’intenzione di suicidarsi, sparendo per alcuni giorni da casa.

«Era un periodo quello – ha raccontato De Biasi – delicato perché stava attraversando problemi di salute. Lei non voleva farsi operare: temeva di perdere il lavoro e di non guadagnare i soldi per sfamare i suoi figli. Ma io cercavo sempre di tranquillizzarla e dirle che c’ero io».

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È spuntata anche l’ipotesi di un’assicurazione sulla vita fatta da Anica: «Ma non se ne fece niente perché non gliela fecero perché aveva troppi problemi fisici». 



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