Lo Scarpone – Il CAI e la ricerca scientifica: intervista ad Alessandra Pollo

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Alessandra Pollo

Alessandra Pollo è biologa ambientale e dottoranda in ecologia vegetale presso l’Università di Torino. Da sempre appassionata di montagna e socia del CAI fin dall’adolescenza, nella sezione Uget Torre Pellice, oggi è referente per le collaborazioni scientifiche del Club Alpino Italiano. Il suo ruolo è centrale nel coordinare e valorizzare i numerosi progetti tra CAI, università e centri di ricerca, con l’obiettivo di approfondire la conoscenza degli ambienti montani,promuovere iniziative di citizen science, dove sono gli stessi soci a diventare protagonisti della ricerca. In questa intervista, Pollo ci racconta il lavoro del CAI per unire passione per la montagna e rigore scientifico, mostrando come la ricerca possa contribuire alla tutela degli ecosistemi e al coinvolgimento dei soci in attività innovative.

 

Alessandra, che ruolo ha la ricerca scientifica nel Club Alpino Italiano?
Il CAI, da anni, collabora con atenei di tutta Italia e centri di ricerca, come il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria). Collaborazioni che vanno coordinate, valorizzate e comunicate in modo efficace, soprattutto nei loro risultati. L’obiettivo è contribuire alla conoscenza e alla tutela delle nostre montagne, creando anche un’immagine del CAI che rifletta il suo impegno come partner e, talvolta sostenitore finanziario, di iniziative scientifiche. Altrettanto importante è poi delineare le priorità su cui concentrare gli sforzi scientifici futuri.

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Quanti progetti di ricerca sono attualmente in corso?
Abbiamo molte collaborazioni attive, tra cui accordi quadro che garantiscono una cornice stabile  che favorisce relazioni a lungo termine tra il CAI e istituzioni come il CNR o le università. Una ventina sono poi gli accordi attuativi finalizzati alla realizzazione di progetti specifici con i partner scientifici. Per esempio, collaboriamo con il CNR-IRPI per lo studio delle condizioni di stabilità delle infrastrutture del CAI in alta quota in settori potenzialmente affetti da fenomeni di degradazione del permafrost, un tema cruciale in tempi di cambiamenti climatici.

 

Da quanto il CAI si occupa di ricerca scientifica?
Le collaborazioni con il mondo della ricerca esistono da molto tempo e si basano su un doppio beneficio: oltre alle strutture, il CAI offre importanti competenze e supporto tecnico-professionale, ad esempio nella raccolta dati e nella divulgazione; i ricercatori spesso  si occupano del disegno sperimentale, della raccolta dei dati scientifici e delle relative analisi ambientali e sociali, con l’obiettivo di migliorare la comprensione del contesto montano e fornire risposte utili alla sua tutela.

Durante le attività sul campo

Ci racconti qualche progetto in corso?
Un progetto molto interessante è “Acquasorgente”, che tramite la citizen science identifica e monitora le sorgenti italiane per comprenderne lo stato di salute. Partendo da un database con oltre 100.000 sorgenti georeferenziate, con questa progettualità vogliamo arricchirlo con nuove informazioni e osservazioni sul campo grazie al prezioso supporto dei soci del CAI che, opportunamente formati, raccolgono dati scientifici utili sia per il CAI sia per la comunità scientifica che supporta l’analisi e l’interpretazione dei risultati. Per questo, stanno nascendo collaborazioni con le Università di Pisa, RomaTre, Torino e non solo.

Collaboriamo anche con il Politecnico di Milano per studiare l’arrampicata sportiva attraverso una palestra dedicata, raccogliendo dati biometrici sugli scalatori. Un altro esempio è il progetto “Ice Memory”, con carotaggi nel Karakorum per preservare dati climatici del passato in collaborazione con il CNR-ISP (Istituto Scienze Polari).

Oltre a questi molti altri, che meriterebbero spazi di approfondimento dedicati, come il tema della terapia forestale.

 

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Qual è l’obiettivo della ricerca scientifica del CAI?
Vogliamo mostrare che il CAI è anche un’associazione che studia e si prende cura degli ambienti montani con metodologie rigose. Con università e centri di ricerca, raccogliamo dati sulla biodiversità, sui cambiamenti del paesaggio e sulla stabilità degli ecosistemi per porter affrontare le sfide del futuro con conoscenze solide. Questo passaggio è possibile, in primis, grazie al ruolo cruciale dei soci coinvolti. L’idea è anche quella di rendere più accessibili i risultati delle ricerche, sia ai soci sia al pubblico generico interessato.



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