L’analisi/ Il confine sottile tra ordine e disordine mondiale

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Che mondo sarà quello che vede Donald Trump occupare per la seconda volta la posizione di uomo più potente della Terra, Commander in Chief dell’emisfero occidentale? 
Gli ultimi anni hanno visto un aumento della conflittualità, della frammentazione e dell’incertezza a livello internazionale, che il ritorno alla Casa Bianca del leader repubblicano potrebbe ulteriormente rafforzare considerando i toni minacciosi dei suoi primi annunci.
La situazione che caratterizzerà il periodo che stiamo per vivere potrebbe essere accostata in effetti all’immagine di un cubo di Rubik scomposto. Se fino ad alcuni anni fa il mondo era caratterizzato da crisi e conflitti locali che si riuscivano a ricomporre e a “sterilizzare” in virtù della stabilità complessiva di un ordine internazionale garantito dall’assetto che era uscito dalla Seconda Guerra Mondiale (e che sembrava rafforzato dopo la fine della Guerra Fredda), grazie al sistema Onu ed a quello finanziario di Bretton Woods intorno al Re Dollaro, oggi sembra invece sempre più difficile trovare una via di uscita e ricostruire le facce del cubo.
Occorre trovare il modo di riportare almeno due delle sei facce del cubo ai colori di base per garantire una nuova stabilità ad un quadro internazionale che, altrimenti, rischia di essere irrimediabilmente compromesso. Le due facce principali rappresenterebbero Usa e Cina, senza dubbio le uniche due superpotenze presenti oggi sul pianeta rafforzate come ha detto lo stesso ex presidente Biden da una oligarchia mondiale in rapida conquista finanziaria e tecnologica. Così come durante la Guerra Fredda la coesistenza tra Usa e Unione Sovietica era in grado di garantire un equilibrio planetario, allo stesso modo oggi diventa essenziale perseguire un equilibrio competitivo (ancorché pacifico) tra Washington e Pechino, che porrebbe le basi di partenza per ricostruire un ordine multilaterale che sembra ormai completamente in frantumi. Le altre quattro facce potrebbero invece essere l’Europa, le grandi religioni, la comunicazione e le nuove frontiere della tecnologia. Si interromperebbe così il rapido scivolo verso il ritorno al passato, una sorta di “nuovo Medioevo” governato da caste ristrette e con una popolazione inconsapevole.
Le promesse effettuate da Donald Trump nelle scorse settimane non lasciano molto spazio all’ottimismo, almeno per ora, e sarà compito dei governi dell’altra sponda dell’Atlantico cercare di consigliarlo e condizionarlo. Basti pensare ad esempio alle rivendicazioni nei confronti di Groenlandia e Panama, senza considerare la battuta (consideriamola tale, almeno per il momento) sul Canada “cinquantunesimo Stato degli Usa”. Se alle parole dovessero seguire i fatti, il mondo si avvierebbe su un crinale molto pericoloso, perché le ambizioni spregiudicate di Washington nei confronti di territori alieni dalla propria sovranità potrebbero essere utilizzate da altri attori come una sorta di lasciapassare per soddisfare le proprie mire espansionistiche: dalla Cina, che da anni rivendica la sovranità su Taiwan, alla Russia che si sentirebbe legittimata a perpetuare l’occupazione di Donbass e Crimea. Si finirebbe per creare una atmosfera da “liberi tutti” che segnerebbe la fine dei principi fondamentali del diritto internazionale emersi all’indomani del secondo conflitto mondiale dando vita ad un sistema privo di regole condivise, a partire dal rispetto reciproco delle frontiere che era una delle colonne portanti.
Dobbiamo confidare nel realismo di Trump e dei suoi omologhi, per cercare un difficile equilibrio tra la tutela degli interessi nazionali di ciascuno e la stabilità pacifica dell’ordine internazionale senza lasciarsi tentare da scorciatoie costituzionali formali e consuetudinarie per sabotare il sistema di checks and balances non solo negli Usa ma in tutto il mondo occidentale fino ad ora più o meno assicurato.
Le dimensioni su cui avranno luogo le contese tra Stati non saranno in effetti semplicemente territoriali ma riguarderanno sempre più una competizione per l’accaparramento di risorse naturali terrestri, nello spazio e nel mare. Che ruolo ci può essere per l’Europa in un simile contesto? L’Ue potrà ambire ad essere la terza faccia di questo cubo di Rubik solo se saprà agire con una voce sola superando le divisioni tra Stati membri e per questo il governo italiano può sfruttare una favorevole congiunzione interna, europea e transatlantica, per contribuire da capofila a conseguire questo risultato.

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