danneggiata sede della Grimaldi Lines

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Un boato, una deflagrazione improvvisa scuote intorno alle undici della sera l’area a ridosso del porto. È venerdì scorso e siamo in via Marchese Campodisola, a pochi passi da via Nuova Marina e da piazza Bovio. Un potente ordigno rudimentale viene fatto brillare dinanzi una delle vetrate che ospitano gli uffici commerciali della Grimaldi Lines, storica compagnia marittima che è diventata uno dei vanti e dei punti di riferimento per la marineria mondiale.

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Gli autori del gesto, che fortunatamente non ha provocato vittime né feriti causando tuttavia danni ingenti alla vetrata blindata, fuggono via e nessuno – nelle ore successive – rivendicherà il gesto.

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Ma uno dei sospetti che serpeggia e che non può non essere preso in considerazione porta verso una pista a dir poco inquietante: dietro il gesto potrebbe esserci una motivazione “politica”, un modo rabbioso e assurdo per lanciare un sinistro segnale a un’azienda che lavora sull’asse Napoli-Israele.

La ricostruzione

Procediamo con ordine nella ricostruzione dei fatti. Come detto è venerdì sera, manca un’ora circa alla mezzanotte e la zona non è trafficata da passanti e macchine come normalmente accade nei giorni lavorativi. Uffici ovviamente chiusi e all’interno del palazzo di Marchese Campodisola numero 13 – che ospita studi professionali e le sedi di varie aziende – non c’è nessuno.

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Posizionare la bomba, dare fuoco alla miccia per poi dileguarsi è quasi un gioco da ragazzi. L’esplosione è molto potente, viene avvertita subito anche dai militari della caserma “Zanzur” che ospita i comandi Legione e Interregionale delle fiamme gialle: una pattuglia di finanzieri giunge subito sul posto e verifica che l’onda d’urto dell’ordigno ha colpito in pieno una delle vetrate della “Grimaldi”, causando danni parziali anche alla sua cornice in marmo.

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Dopo una prima relazione, l’indagine passa alla Polizia di Stato, e a indagare è la Digos. Chi poteva avere interesse a danneggiare la sede della compagnia marittima? È partendo da questo interrogativo che si dipana l’inchiesta. Un’informativa viene trasmessa anche alla Procura della Repubblica (pool antiterrorismo, coordinata dall’aggiunto Sergio Amato), ma c’è cautela massima prima di dare credito a una singola pista.

L’ipotesi

Quella deflagrazione avrebbe però potuto causare danni anche letali a chi si fosse trovato a transitare per via Marchese Campodisola. A soli pochi passi di distanza dal luogo investito dalla deflagrazione c’è anche un ufficio postale.

Dietro episodi simili le piste investigative sono sempre molteplici, partendo sempre dall’assunto che l’esplosione di un ordigno rudimentale vuole rappresentare un atto minaccioso, intimidatorio. Tutto sta a trovare la chiave di quell’intimidazione, e mai come in questo caso non appare facile.

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Si può tuttavia escludere – o quanto meno ritenere poco credibile – che dietro l’episodio possa nascondersi l’ombra lunga della criminalità organizzata; ugualmente appare difficile ipotizzare una qualche vendetta per vicende personali (magari un dipendente licenziato, ma è solo un esempio) o da parte di soggetti concorrenti nel ramo in cui opera la “Grimaldi Lines”. In questa ingarbugliata matassa non si può invece escludere che l’assurda carica di violenza sfociata nell’esplosione di quell’ordigno possa avere motivazioni più politiche. Ed ecco spuntare l’ipotesi dei rapporti commerciali con Israele, rapporti che peraltro non nascono recentemente ma sono datati e consolidati nel tempo.

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Il contesto

Ma a questo punto il discorso rischia di diventare scivoloso. E di investire un certo ambiente violento della cosiddetta “galassia antagonista”, quella che cavalca con un carico livido d’odio la situazione che si è determinata dopo la guerra a Gaza, che in qualche modo s’intreccia anche con episodi gravissimi come quello del presunto sabotaggio delle linee ferroviarie (ricordate la catena di bicicletta scoperta nel Padovano qualche giorno fa?).

Ma anche su questo ha il dovere di indagare la Digos. Gli investigatori hanno acquisito i filmati registrati dagli impianti di videosorveglianza della zona, a cominciare proprio da quella del vicino ufficio postale.





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