Il presente contributo analizza la responsabilità della banca connessa al servizio di locazione di cassette di sicurezza in ipotesi di eventi dannosi conseguenti ad alluvioni.
Mediante il servizio di cassette di sicurezza la banca mette a disposizione dei propri clienti dei locali strutturati e idonei alla conservazione, all’interno di appositi contenitori, dei beni privati.
Nell’ottica di garantire la massima sicurezza, integrità e inviolabilità, solitamente i locali, dotati di chiusure ermetiche e dispositivi di allarme, sono situati in ambienti privi di accesso diretto all’esterno e collocati nei piani interrati. Tale ubicazione, tuttavia, nonostante i presidi posti in essere dalla banca, non risulta priva di rischi, in particolare quelli determinati dagli eventi conseguenti al cambiamento climatico in atto, esponendo la banca a sempre più frequenti scenari di responsabilità per i danni ai beni custoditi.
Gli eventi alluvionali che, con crescente frequenza, interessano il territorio, non solo italiano, rappresentano una delle principali fattispecie in discorso e costringono ad aggiornare e approfondire una giurisprudenza risalente e d’applicazione (finora) limitata.
Nel servizio delle cassette di sicurezza, come noto, “la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito” (cfr. articolo 1839 c.c.).
Tale parametro di valutazione va collegato:
- all’articolo 1229 c.c., che prevede la nullità di qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave;
- al principio di cui all’art. 1176 c.c., 2° comma, secondo cui la diligenza, nel caso di obbligazioni derivanti da attività professionale come quella prestata da una banca, deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata;
- all’art. 2051 cc, secondo cui “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia salvo il caso fortuito”.
Dalla disciplina descritta si delinea una presunzione di responsabilità della banca fino alla prova positiva del caso fortuito, attraverso la dimostrazione dell’esistenza di un fatto inevitabile, ignoto o estraneo, avente i caratteri dell’imprevedibilità e dell’irresistibilità.
In passato, il caso fortuito (da intendersi come evento naturale o ad esso assimilabile indipendente dalla volontà umana e per questo imprevedibile) si poneva in modo complementare rispetto alla forza maggiore (ovvero la “vis cui resisti non potest” che include tutti gli eventi impossibili da fronteggiare anche con la diligenza massima). Allo stato attuale, sotto il profilo civilistico, si assiste invece ad una “assimilazione” delle predette esimenti, alla quale consegue il fatto che:
- il caso fortuito deve essere valutato non astrattamente, ma con riferimento anche alle obbligazioni e alla diligenza dovute,
- per liberarsi dalla propria responsabilità la banca deve dimostrare di avere predisposto e applicato tutte le misure idonee a prevenire il rischio.
Anche la giurisprudenza ha analizzato l’applicabilità delle predette esimenti in caso di eventi di portata distruttiva con l’intento di definire, di conseguenza, quando ricorrano i presupposti per invocare la responsabilità della banca (accertata, fino ad oggi, in caso di furto non riconoscendo a quest’ultimo il carattere di fortuito, trattandosi di evento prevedibile rispetto alla prestazione dedotta nel contratto di locazione di cassette di sicurezza e evitabile adottando mezzi adeguati di sorveglianza – c.d. “rischio tipico”).
Per quanto qui interessa, con specifico riferimento all’evento alluvionale, la giurisprudenza, pur risalente[1] ma tutt’ora attuale, della Corte di Cassazione ha escluso che tale evento possa considerarsi prevedibile o, comunque, vincibile attraverso un’attività di presidio, quand’anche preventivo.
La giurisprudenza citata identifica e parifica i due elementi della imprevedibilità e della irresistibilità in quanto strutturalmente connaturati a un evento come quello alluvionale, che dipende da condizioni relative non solo alla meteorologia, ma anche alle peculiarità dei luoghi, alla forza distruttiva dell’evento e al tempo estremamente ristretto in cui esse si verificano.
A fronte di tale irresistibilità e imprevedibilità del fenomeno, la Corte di Cassazione ha escluso che possa ricomprendersi negli obblighi della banca, nell’esercizio professionale dell’attività in discorso, anche quello di evitare ogni ipotetica evenienza dannosa, trasformando la mera possibilità di un evento improvviso e impetuoso in un criterio automatico di responsabilità.
Tenendo presente tale orientamento, che esclude la responsabilità della banca una volta che quest’ultima abbia garantito una idoneità dei luoghi per resistere a eventi usuali e non eccezionali, occorre evidenziare come il cambiamento climatico in atto abbia aumentato la frequenza di tali eventi alluvionali, sia quelli estremi di tipo catastrofale, sia quelli di media gravità.
Tale circostanza genera oggi l’interrogativo sulla possibile perdita del carattere della imprevedibilità degli eventi alluvionali, con conseguente fuoriuscita del fenomeno dalla fattispecie di caso fortuito ed espansione della responsabilità della banca per i danni da tali eventi derivanti. L’evento alluvionale del tipo catastrofale, che nel passato aveva un grado di frequenza in termini di anni o addirittura secoli (come nella fattispecie dell’alluvione di Firenze del 1966 oggetto della citata giurisprudenza) si manifesta sempre più diffusamente e, nei territori maggiormente soggetti, con una frequenza assai maggiore. A tali forme catastrofali si assommano, con un altrettanto aumento della loro frequenza, anche eventi di media intensità, con inondazioni diffuse.
L’analisi dei criteri giurisprudenziali già evidenziati, tuttavia, sembra escludere una completa rivoluzione interpretativa del fenomeno, ammettendo piuttosto una equilibrata sua riconsiderazione.
A ben vedere, una maggiore frequenza delle alluvioni, quantomeno in alcune zone localizzate in ragione di peculiari situazioni geografiche, non fa perdere automaticamente all’evento i caratteri di accidentalità e anormalità ma, soprattutto, quello della irresistibilità della forza dell’alluvione, in grado di travolgere e superare anche barriere fisiche imponenti.
In tal senso, la sentenza della Corte di Cassazione del 1976, con un ragionamento tuttora applicabile all’evoluzione degli eventi climatici, esclude che la responsabilità della banca possa estendersi ad ogni manifestazione ed espressione, anche la più estrema, di un fenomeno naturale che non possa dirsi ordinario o normale, pena la privazione di senso al concetto di “caso fortuito”.
La Corte di Cassazione ha correttamente evidenziato come l’alluvione sia un fenomeno estremo, non paragonabile a quello dell’allagamento – di rischio comune (ad esempio per rottura di tubazioni pubbliche o private) – o dell’inondazione (di rischio medio), poiché caratterizzata da elementi di imponenza e diffusione tali da renderla inevitabile e invincibile da parte di tutti i soggetti coinvolti. Un tale evento esclude che la banca sia chiamata a porre in essere misure tecniche in grado di impedirne gli effetti negativi, quand’anche tali misure eccezionali esistano nel contesto di specifici e diversi settori (ad esempio rendendo impermeabili i locali e le cassette attraverso tecniche eccezionali di tenuta stagna proprie della nautica).
Come correttamente evidenziato dalla Corte di Cassazione, la responsabilità della banca non si estende fino al limite di considerare obbligata la conoscenza, la sperimentazione e il trasferimento nella propria attività di tutte le possibili risorse tecnico-scientifiche di ogni altro settore, dovendo piuttosto ricercare un giusto equilibrio nella gestione e valutazione di diversi pericoli, escludendo che tutti quelli esterni e naturali debbano essere impediti nel loro massimo e anomalo livello di catastrofismo.
In definitiva, la maggior frequenza di eventi alluvionali diffusi, rende più probabile, ma non meno anormale, il fenomeno – pur con differenze territoriali marcate – e non sembra comportare una responsabilità per la banca nei casi in cui tali eventi conservino una forza e una irresistibilità fuori dalla media.
Sulla banca permane, e oggi si accresce, certamente l’obbligo di verificare e adattare, tempo per tempo, le modalità di costruzione e (eventualmente) di ubicazione delle cassette di sicurezza, in modo tale da adempiere la propria prestazione con la massima diligenza dovuta e dimostrare, di volta in volta, di avere adottato i presidi e le precauzioni attuabili per fronteggiare non solo ipotesi di allagamenti usuali, ma anche di, sempre più frequenti, inondazioni di media gravità.
Nell’ottica di garantirne l’integrità, diverse banche stanno spostando i locali dove sono attualmente ubicate le cassette dai piani interrati a piani superiori. Tale spostamento, tuttavia, deve essere valutato con riferimento alle precipue caratteristiche dei locali, proprio nell’ottica dell’adeguato bilanciamento di diversi fenomeni pregiudizievoli, evitando un potenziale incremento, ad esempio, del rischio di accesso indebito da parte di terzi.
Sulla base della richiamata giurisprudenza, infine, la Corte di Cassazione ha altresì evidenziato come rilevi, al fine dell’esclusione della responsabilità della banca, il fatto che l’evento alluvionale non trovi una possibilità di copertura assicurativa, la quale a tutt’oggi risulta usualmente esclusa.
[1] Il riferimento è alla nota sentenza della Corte di Cassazione n. 2981 del 27 luglio 1976 pronunciata con riferimento alla responsabilità di una Banca per la distruzione delle cassette di sicurezza causata dalla storica alluvione di Firenze del 4 novembre del 1966.
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