Chissà se la prima operazione trasparenza portata avanti in Italia dalla diocesi di Bolzano-Bressanone e dal suo vescovo, Ivo Muser per fare luce in modo esaustivo sulla piaga degli abusi sessuali, verrà imitata altrove, in altre diocesi, dando così la possibilità a Commissioni di indagine realmente indipendenti di scandagliare gli archivi diocesani e ricostruire nel dettaglio le violenze, le responsabilità e le modalità di gestione dei casi, andando a ritroso, componendo un mosaico di dolore, fino a sessant’anni prima.
Al momento però la decisione presa dalla Chiesa in Alto Adige resta un unicum visto che sul territorio italiano la maggioranza dei vescovi e dei vertici della Cei finora hanno evitato di far fare indagini tanto estese sui propri archivi (solitamente top secret) e per periodi così lunghi. E questo nonostante sia stato effettuato anche da tutti gli altri paesi europei: Germania, Austria, Francia, Portogallo, Spagna, Belgio, Svezia, Olanda.
Nel novembre 2023 il vescovo Muser ha avviato in solitudine un progetto che ha battezzato: “Il coraggio di guardare”. Per prima cosa ha incaricato lo studio legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera e un secondo studio legale di Brunico per analizzare una montagna di documenti, carte d’archivio, note relative alla condotta dei sacerdoti a partire dall’anno 1964 fino ad arrivare al 2023.
In parallelo sono state realizzate centinaia di interviste alle vittime e ai loro famigliari. I risultati di questa maxi indagine indipendente hanno offerto uno spaccato molto chiaro su come la Chiesa bolzanina ha agito davanti a preti molestatori e pedofili: la prassi del vescovo era quella di spostare i chierici da una parrocchia all’altra per non creare scandalo tra la gente e non danneggiare l’immagine della istituzione. Quanto alle vittime, invece, venivano solitamente tacitate o peggio ancora ignorate del tutto.
Persino il vescovo Ivo Muser ha potuto prendere visione di questi risultati soltanto ieri mattina, durante la presentazione del materiale. In tutto sono affiorati dal passato 67 i casi accertati di abusi avvenuti tra il 1963 e il 2023. Spesso i preti colpevoli presentavano caratteristiche patologiche poiché le molestie si ripetevano da un luogo all’altro. In tutto i sacerdoti coinvolti sono 24, alcuni dei quali ben conosciuti alle autorità ecclesiastiche. Mentre le vittime accertate sono 59. L’età media dei preti, invece, è risultata tra i 28 e 35 anni (al momento dei crimini), mentre quella delle vittime tra gli 8 e i 14 anni. Poco più del 50 per cento erano bambine.
I resoconti dell’epoca affiorati dalle carte d’archivio descrivono dettagliatamente condotte oscene verso i bambini e le bambine incontrate in parrocchia, durante l’ora di religione, approcciate dopo il catechismo o le attività comunitarie. C’erano sacerdoti che allungavano le mani, che si facevano toccare nelle parti intime, che offrivano passaggi in auto fino a sfociare talvolta in rapporti veri e propri.
Le voci nella diocesi si rincorrevano e puntualmente arrivavano anche al vicario diocesano o al vescovo che dopo diversi consulti interni sceglievano di accomodare, senza sollevare scandalo, appianando il problema, trasferendo i sacerdoti, aprendo processi disciplinari ma senza mai darne notizia ai parrocchiani. Nel corso dei decenni vennero fatte tacere anche tante lamentele e proteste da parte delle mamme. Tra tutti i casi elencati il «numero 5» è quello più emblematico»: nei primi anni Sessanta un prete fu trasferito dopo un primo abuso, e poi fu sposato ancora dopo un secondo abuso e così di nuovo per un terzo abuso. Questa modalità si è protratta per quasi 50 anni.
I COMPORTAMENTI
Le condotte anomale dei preti molestatori sembra fossero quasi codificate e i vertici diocesani attivavano di conseguenza un modus operandi istituzionale teso ad insabbiare o minimizzare piuttosto che a cercare la vera giustizia riparativa.
Il vescovo Muser che ha voluto aprire questa breccia e contrastare un autentico muro di gomma ha spiegato che «ci vuole coraggio per guardare al passato, ma anche al presente e al futuro. Perché noi vogliamo che la Chiesa sia un luogo davvero sicuro, soprattutto per i bambini, i giovani e le persone vulnerabili. Ogni caso è sempre uno di troppo».
Infine non manca un paragrafo sulla spinosissima questione risarcitoria. I due studi legali che hanno redatto il testo hanno offerto una ampia casistica sottolineando che per consolidata giurisprudenza gli enti ecclesiastici sono tenuti a risarcire le vittime. Su quanto debbano versare, invece, ne ha parlato di recente Papa Francesco. Tre mesi fa, mentre tornava dal Belgio (dove la questione degli abusi è all’ordine del giorno persino in Parlamento) aveva detto che il tetto di 50 mila euro fissato dal diritto civile belga a suo è parere insufficiente. «E’ troppo basso».
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