Un glossario per comprendere il cambiamento climatico. Anche il linguaggio è una questione di giustizia (Laura Tussi)

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Le minacce che riguardano la Terra, la casa comune di tutti gli esseri viventi, hanno dimostrato di essere al centro dell’interesse di moltissimi giovani che ne riconoscono la portata decisiva per il proprio futuro. I giovani vedono i segnali di uno squilibrio di origine antropica che mette in grave pericolo la sopravvivenza di molte specie vegetali e animali, e che perpetua condizioni di marginalità, povertà e insalubrità per molte persone e comunità. Anche la diffusione di molte patologie ed epidemie non sono estranee al modo in cui siamo in relazione con la Terra. Per questo appare sempre più necessario elaborare un linguaggio comune condiviso su questi temi ed è meritevole e degno di attenzione quanto fanno in questa direzione realtà associative come Casa Comune o semplici scuole come l’Istituto Comprensivo Via Ceneda a Roma, o infine la Santa Sede attraverso diversi documenti come gli “Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici” e soprattutto l’enciclica verde di Papa Francesco Laudato si’.

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L’emergenza climatica
Giustizia climatica è il termine usato per indicare che il riscaldamento globale costituisce una questione etica e politica e non puramente di natura ambientale o climatica. Ciò avviene collegando gli effetti del cambiamento climatico ai concetti di giustizia, in particolare di giustizia ambientale e di giustizia sociale, ed esaminando questioni quali l’uguaglianza, i diritti umani, i diritti collettivi e le responsabilità storiche per il cambiamento climatico.

Le formule “giustizia ambientale”, “giustizia climatica” e “giustizia ecologica” identificano un campo semantico talmente variegato e multiforme, da essere utilizzato da giuristi e scienziati sociali per definizioni tutt’altro che univoche e convergenti.
La “emergenza climatica” non produce danni “ambientali” nel significato localizzato e restrittivo, definito per esempio dalla normativa europea. Essa rende permanenti ed evidenti danni “climatici” privativi dei “benefici” della presente e delle future generazioni.
In tale ottica, l’emergenza in atto solleva inedite questioni di “giustizia climatica” (intra- e inter-generazionale) che non possono non trovare anche nel “contenzioso climatico” un possibile sbocco di reazione.

Vivere in un ambiente sostenibile è un diritto
Sempre peggio, se le nazioni non abbandonano la loro visione egoistica. Mettere al centro l’uomo e i suoi diritti è la visione che i governi devono adottare. Vivere in un ambiente sano, efficiente e sostenibile dovrebbe essere un diritto universale, a prescindere dalla nazionalità o dalla ricchezza. Solo così le persone non saranno discriminate di fronte agli eventi climatici estremi. E potremmo considerarci tutti uguali, cittadini del mondo con pari diritti e doveri nei confronti del pianeta.

La strada verso la giustizia climatica
Le soluzioni per combattere il cambiamento climatico esistono già, da quelle proposte da Project Drawdown agli accordi internazionali indirizzati dalle Nazioni Unite. Le persone sono pronte a cambiare. Molti progetti sostenibili partono proprio dai cittadini più deboli, come le donne di TreeSisters. Ripartiamo dal basso per avere una vera giustizia ambientale e dare alle future generazioni un mondo migliore.

Realizzare la giustizia climatica e sociale
Tutelare i lavoratori e le lavoratrici, i territori e le fasce della popolazione più esposte alle conseguenze della crisi economica e climatica. Questa è la terza richiesta fondamentale ai governi di tutto il mondo a partire dall’Italia, il terzo pilastro della campagna Ritorno al Futuro, una raccolta di 7 proposte (e un Allegato Tecnico) per ripartire post-Covid realizzate insieme a un team di esperte ed esperti. L’obiettivo è quello di chiedere che si rilanci l’economia puntando sulla Transizione Ecologica, per risolvere in questo modo sia la crisi economica che quella climatica.

Giustizia climatica, cos’è e cosa rappresenta
La ‘Giustizia climatica’ è uno degli argomenti di maggiore attualità nel dibattito internazionale sui cambiamenti climatici. Dall’attuale modello di sviluppo emerge un paradosso: le popolazioni che subiscono maggiormente le conseguenze del riscaldamento globale sono quelle che meno hanno contribuito a creare il fenomeno. Questa situazione di squilibro può essere gestita soltanto riconoscendo le responsabilità storiche delle nazioni industrializzate. Da queste è necessario un maggiore impegno nella riduzione dei gas serra, ma non solo. Fondamentale è anche il riconoscimento delle conseguenze economiche e sociali di un fenomeno che si abbatte soprattutto sui poveri, donne e bambini in particolare.

 

Laura Tussi

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Riportiamo di seguito alcuni dei principali concetti legati all’adattamento al cambiamento climatico, introdotti e definiti utilizzando, come riferimento, glossari e definizioni riconosciute a livello nazionale ed internazionale, tratti dal sito del Comune di Genova ed elaborati in collaborazione con UNIGE.

A
ACCORDO DI PARIGI SUL CLIMA

È il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti
climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015 dalle nazioni facenti parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Secondo l’Accordo è necessario limitare la crescita della temperatura media globale – sulla superficie delle terre emerse e degli oceani – ben al di sotto dei 2°C entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali, proseguendo con gli sforzi per limitarlo a
1,5ºC. Inoltre punta a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e a sostenerli nei loro sforzi.

ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Adattamento incrementale, comprende le azioni in cui l’obiettivo principale è di
mantenere l’essenza e l’integrità di un sistema o di un processo su una certa scala; Adattamento trasformazionale, che modifica gli attributi fondamentali di un sistema in risposta al clima e ai suoi effetti.
L’adattamento al cambiamento climatico è definito “nei sistemi umani, il processo di
adattamento al clima attuale o futuro e ai suoi effetti, al fine di moderarne gli effetti
avversi o sfruttarne possibili opportunità benefiche. Nei sistemi naturali, il processo di adattamento al clima attuale e ai suoi effetti; l’intervento umano può facilitare
l’adattamento al clima futuro e ai suoi effetti” (IPCC, 2018).
Si può intendere nell’ottica delle azioni di correzione.
Questa definizione mette chiaramente in luce il fatto che l’essere umano, rispetto agli altri esseri viventi, abbia potenzialmente la capacità di agire non solo in risposta a sollecitazioni
attuali ma anche in prevenzione, potendo già conoscere le potenziali evoluzioni future del clima e dei suoi impatti. Questo aspetto è cruciale e permette all’uomo di poter essere una lunghezza avanti nella definizione scelte e azioni che possono efficacemente ridurre il cambiamento climatico e i suoi effetti avversi.

B
BIODIVERSITÁ

La Convenzione sulla Diversità Biologica del 1992 (CBD) la descrive come la
variabilit degli organismi viventi di ogni origine compresi, tra gli altri, gli
ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici e i complessi
ecologici di cui fanno parte; ci include la diversit nell’ambito delle specie
e tra le specie e la diversità degli ecosistemi.
I meccanismi con cui i cambiamenti climatici possono mettere a rischio la
biodiversità sono diversi, fra cui i più importanti: i cambiamenti nelle
temperature terrestri e marine, le modificazioni nel regime delle
precipitazioni, nel livello dei mari, nell’estensione e durata dei ghiacci
terrestri e marini, nell’albedo, nella frequenza e nell’intensità degli eventi
meteorici estremi.

C
CAMBIAMENTO CLIMATICO

Diversi organismi autorevoli in materia di cambiamento climatico, differiscono
in maniera non trascurabile nel modo in cui definiscono proprio il concetto di
cambiamento climatico.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2018) lo definisce come
“un cambiamento nello stato del clima, che possa essere identificato (utilizzando ad esempio strumenti statistici) da cambiamenti nel valore medio e/o nella varianza delle sue proprietà e che persista per un periodo sufficientemente lungo, dell’ordine di decadi o più. Il cambiamento
climatico può essere causato sia da processi naturali interni al sistema
che da forzanti esterne, quali la modulazione dell’attività solare, le
eruzioni vulcaniche e modificazioni antropogeniche significative nella
composizione dell’atmosfera o nell’uso del suolo.” In questa definizione è
quindi la dimensione temporale a fare da discriminante nel determinare se una
variazione di parametri venga considerata o meno come cambiamento
climatico, sia che sia dovuto a cause naturali che a forzanti antropiche.
D’altro canto, la Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni
Unite, all’interno dell’Articolo 1, definisce il cambiamento climatico come “un
cambiamento del clima che sia attribuibile direttamente o indirettamente ad attività umane, che alterino la composizione
dell’atmosfera planetaria e che si sommino alla naturale variabilità climatica osservata su intervalli di tempo analoghi”. In questa definizione la discriminante tra il cambiamento climatico e la variabilità fa invece riferimento alla natura della forzante che induce a tale cambiamento: si parla di cambiamento climatico qualora la causa sia direttamente o indirettamente
riconducibile a cause antropiche.
Le conseguenze di questo cambiamento sono molteplici ed includono, ma non
si limitano ai seguenti fenomeni: scioglimento delle calotte polari e dei ghiacci perenni, aumento del livello dei mari, l’aumento in frequenza ed in intensità dei fenomeni meteorologici estremi con conseguente aumento del rischio idrogeologico e di inondazioni, variazione della distribuzione annuale delle precipitazioni piovose, aumento della siccità e conseguente aumento del
rischio incendi, aumento delle ondate di calore con conseguenze significative
sulla salute della popolazione, variazione nella distribuzione degli habitat animali, estinzione di specie, variazione della produttività agricola e della qualità/capacità nutrizionale. Questi impatti rendono difficile perseguire uno sviluppo sostenibile, soprattutto in alcune località dove queste conseguenze si sommano ed interagiscono con altri fattori di stress. Il cambiamento climatico
rappresenta una grave minaccia per il futuro sviluppo sostenibile del
pianeta nella sua globalità e delle singole comunità locali.

C
CLIMA

È definito dalle condizioni meteorologiche medie nell’arco di un periodo di riferimento. Il valore medio e le variazioni statistiche delle grandezze fisiche (temperatura, precipitazioni e altro) in un arco di tempo di almeno 30 anni permettono di definire il clima di un’area. Il clima è il risultato dell’equilibrio degli scambi di energia e di materia fra le componenti del sistema climatico: atmosfera, oceano, biosfera (inclusa la vegetazione, la biomassa e
gli ecosistemi terrestri e marini) e geosfera (inclusa la criosfera ed i sistemi idrogeologici continentali).

CONFERENZA DELLE PARTI (COP)
La Conferenza delle Parti è l’organismo che gestisce la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Si riunisce annualmente e utilizza degli organi sussidiari per il suo funzionamento. Al suo interno sono rappresentate le nazioni che hanno ratificato la Convenzione.

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CONVEZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUL CAMBIAMENTO
CLIMATICO

La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change), approvata nel 1992 a Rio de Janeiro, è il principale trattato internazionale in materia di lotta contro i cambiamenti climatici. Il suo obiettivo è impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico mondiale. L’UE e tutti i suoi Stati membri figurano tra le 197 parti contraenti della Convenzione. L’art.2 della Convenzione chiarisce che “l’obiettivo ultimo della Convenzione e di tutti i relativi strumenti giuridici è di stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi interferenza pericolosa delle attività umane con il sistema climatico. Tale livello deve essere raggiunto entro un periodo di tempo sufficiente per permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente ai cambiamenti climatici, salvaguardare la produzione alimentare e la continuazione dello sviluppo economico ad un ritmo sostenibile”.

D
DEFORESTAZIONE

È la riduzione delle aree verdi naturali della Terra causata dallo sfruttamento eccessivo delle foreste, principalmente per convertire il suolo ad altro uso (es: terreni agricoli) o per ottenere legname.

DESERTIFICAZIONE
Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sulla Desertificazione, è il degrado delle terre aride, semi-aride e sub-umide secche attribuibile a varie cause tra cui le variazioni climatiche e le attività umane. In pratica, si manifesta con la diminuzione o la scomparsa della produttività e complessità biologica o economica delle terre coltivate, sia irrigate che non, delle praterie, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive causate dai sistemi di utilizzo della terra, o da uno o più processi, compresi quelli derivanti dall’attività dell’uomo e dalle sue modalità di insediamento, tra i quali l’erosione idrica, eolica ecc; il deterioramento delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche o economiche dei suoli; e la perdita protratta nel tempo di vegetazione naturale.

DIRETTIVA ETS 2018/410/UE – EMISSION TRADING SYSTEM
Il Sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra a scala europea tramite l’European Union Emissions Trading System (EU ETS) è una delle principali misure dell’Unione
Europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori industriali a maggior impatto sui cambiamenti climatici.
E’ attivo in tutti i paesi dell’UE più Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Limita le emissioni prodotte da circa 10000 impianti nel settore dell’energia elettrica e nell’industria manifatturiera, nonché delle compagnie aeree che operano in questo territorio. Interessa circa il 40% delle emissioni di gas sera dell’UE.
In Italia, col decreto legislativo 216/2006 e successivamente col decreto legislativo 30/2013, il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per la gestione delle attività di progetto del
Protocollo di Kyoto (Comitato ETS) è l’Autorità nazionale competente per l’attuazione dell’ETS. Il Comitato ETS è un organo interministeriale presieduto dal Ministero dell’ambiente e partecipato dai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture.

E
ECOSISTEMA

È l’unità funzionale fondamentale dell’ecologia ed è definibile come
l’insieme delle interazioni che si svolgono tra gli organismi che popolano un determinato ambiente e tra gli organismi e l’ambiente stesso.

EFFETTO SERRA
È un effetto atmosferico-climatico naturale che rende le temperature del pianeta Terra compatibili con la vita. Si deve all’azione di gas (principalmente anidride carbonica,
metano, vapore acqueo e ossido di diazoto) che agiscono come il tetto di vetro di una serra, da qui il nome dell’effetto, e consentono alla luce solare di filtrare liberamente fino alla Terra, impedendone però la rifrazione (o deviazione) del calore. Il problema, ancora una volta, è nato nel momento in cui i gas serra prodotti dalle attività umane si sono accumulati in atmosfera causando un accumulo eccessivo di calore che surriscalda il pianeta.

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EMISSIONI
Sostanze inquinanti, di origine antropica o naturale, rilasciate in atmosfera in forma gassosa o particellare. Si misurano in chilogrammi e tonnellate.

F
FENOMENI METEOROLOGICI ESTREMI

Eventi di particolare rilevanza dal punto di vista meteorologico, quali periodi di intenso caldo o freddo, periodi prolungati di siccità o di pioggia, tornado, cicloni tropicali e trombe marine. La probabilità di accadimento di questi fenomeni rilevante nell’ambito del cambiamento climatico per le disastrose conseguenze ambientali che possono provocare. Il rapporto tra
eventi estremi e riscaldamento globale trova ragion d’essere nell’accumulo di gas serra che riscaldano l’atmosfera: l’aria più calda contiene più vapore acqueo e immagazzina più energia,
ed inoltre le temperature crescenti possono cambiare gli schemi di circolazione atmosferica su
larga scala, andando ad incidere sulla frequenza e l’intensità dei fenomeni.

G
GOVERNANCE CLIMATICA

Meccanismi e misure rilevanti finalizzati a indirizzare i sistemi sociali verso la prevenzione, la mitigazione o l’adattamento ai rischi posti dal cambiamento climatico.

IMPATTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Effetti sui sistemi naturali e umani derivanti da eventi meteorologici e climatici estremi e dai cambiamenti climatici. Gli impatti si riferiscono generalmente agli effetti su vite, mezzi di sussistenza, salute, ecosistemi, economie, società, culture, servizi e infrastrutture, dovuti all’interazione di cambiamenti climatici o eventi climatici pericolosi che si verificano in un determinato periodo di tempo e alla vulnerabilità di una società o di un sistema esposti.
Degli impatti del cambiamento climatico si occupa in particolare il Working Group II dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) le cui valutazioni forniscono una base scientifica, tecnica ed economica a chi deve impostare le politiche a livello locale, regionale e nazionale per la riduzione dei gas serra.

I GAS AD EFFETTO SERRA

Sostanze gassose che consentono il riscaldamento della parte pi bassa
dell’atmosfera e della superficie terrestre, permettendo lo sviluppo delle
specie animali e vegetali sulla Terra. Dall’inizio dell’era industriale ad oggi
l’aumento delle concentrazioni di questi gas nell’atmosfera ha provocato
una tendenza al riscaldamento eccessivo e una conseguente modificazione
del clima dell’intero pianeta. L’elenco dei gas serra molto ampio, ma le sostanze che contribuiscono in maniera significativa all’effetto serra sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), i clorofuorocarburi (CFC), di origine esclusivamente umana, e l’ozono (O3).

M
MITIGAZIONE

Qualsiasi intervento umano che riduca le fonti (sources) di rilascio, o rafforzi
e potenzi le fonti di assorbimento (sinks) dei gas serra.

MODELLO CLIMATICO
Conosciuti anche come Global Climate Models (GCM) o Regional Climate Models (RCM), sono programmi che simulano nel computer il comportamento del clima, facendo evolvere nel tempo del modello il valore di grandezze come la temperatura e le precipitazioni, che noi possiamo anche misurare nel sistema reale.

N
NUOVA STRATEGIA DELL’UE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI COM (2021)

Strategia di investimento dell’Unione Europea, che delinea una visione a lungo termine volta a consentire all’UE di diventare, entro il 2050, una società resiliente ai cambiamenti climatici e
pienamente adeguata a rispondere ai loro inevitabili impatti.
Nello specifico, l’UE ha fissato un obiettivo di spesa pari ad almeno il 30% a favore dell’azione per il clima, compreso l’adattamento, nell’ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 e ad almeno il 37% nell’ambito del dispositivo previsto per la ripresa e la resilienza.
Le proposte focalizzano l’attenzione sulla definizione di soluzioni e sul passaggio dalla pianificazione all’attuazione. La stessa proposta di legge europea sul clima getta le basi per una maggiore ambizione e
coerenza delle politiche in materia di adattamento, infatti integra nel diritto dell’UE l’obiettivo globale in materia di adattamento sancito all’articolo 7 dell’accordo di Parigi e l’azione 13 dell’OSS, “Lotta contro i cambiamenti climatici”.
Sono previsti interventi per aumentare la conoscenza sull’adattamento, così da consentire di migliorare la qualità e la quantità dei dati raccolti, sui rischi e in termini di danni, connessi al clima, mettendoli a disposizione di tutti. La piattaforma europea di condivisione delle conoscenze sull’adattamento (Climate-ADAPT) sarà potenziata e ampliata e sarà affiancata da un osservatorio per migliorare la comprensione dei rischi per la salute correlati al cambiamento climatico.
Inoltre, ci sarà una maggiore collaborazione con i partner internazionali per colmare il divario nei finanziamenti internazionali per il clima.

O
OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE, AGENDA 2030

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi aderenti all’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande
programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale
degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (OSS) ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi firmatari, infatti, si sono impegnati a raggiungere tali obiettivi entro il 2030.
Gli OSS danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
(Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano
obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo tra i quali, per citarne solo alcuni: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo
sulla strada della sostenibilità.

P
PANNELLO INTERGOVERNATIVO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI (IPCC)

L’IPCC è il principale organismo internazionale per la valutazione delle
informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il
mondo sui cambiamenti climatici. È un organo intergovernativo istituito
nel 1988 dall’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO) e dal
Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). Il suo obiettivo è
fornire al mondo una visione chiara e scientificamente fondata dello stato
attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali
impatti ambientali e socio-economici. Migliaia di ricercatori provenienti da
tutto il mondo contribuiscono al lavoro dell’IPCC su base volontaria.

PERCORSI DI RESILIENZA CLIMATICA

I percorsi di resilienza climatica (climate-resilient pathways) sono definiti come “processi iterativi per la gestione del cambiamento all’interno di sistemi complessi aventi come obiettivo la riduzione degli impatti negativi ed il miglioramento delle opportunità associate al cambiamento climatico” (IPCC, 2018).
In altre parole, si tratta di percorsi di sviluppo che combinano azioni di adattamento e di mitigazione aventi come obiettivo finale la realizzazione di uno sviluppo sostenibile. Questi
percorsi includono strategie, scelte e azioni per ridurre il clima e i suoi impatti.

PERICOLOSITÀ (HAZARD)
Il potenziale verificarsi di un evento o di un trend naturale o provocato dall’uomo, o di un impatto fisico, che potrebbe causare la perdita della vita, ferite o altri impatti sulla salute, cos come pure il danneggiamento e la perdita di proprietà, infrastrutture, mezzi di sostentamento, fornitura di servizi e risorse ambientali. Nel rapporto IPCC WGII AR5 il termine ‘hazard’ si riferisce di solito a eventi o trend fisici correlati al clima, o ai loro impatti fisici.

PERCORSI DI RESILIENZA CLIMATICA
UN APPROFONDIMENTO

Il nostro pianeta (a) è minacciato da molteplici fattori di stress che minano la sua resilienza da molteplici direzioni, rappresentati in figura semplicemente come fattori di stress biofisici e sociali.

P
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR)

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è il piano preparato dall’Italia per rilanciarne l’economia e permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese.
Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Piano è in piena coerenza con i sei pilastri del fondo Next Generation EU (NGEU) e soddisfa largamente i parametri fissati dai regolamenti europei sulle quote di progetti “verdi” e digitali.
Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale.
Il Piano è fortemente orientato
all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani. Inoltre
contribuisce a tutti i sette progetti di punta della Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’UE (European flagship). Gli impatti ambientali indiretti sono stati valutati e la loro entità minimizzata in
linea col principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – DNSH) che ispira il NGEU.
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme e l’attuale governo intende attuare quattro importanti riforme, ovvero: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e.promozione della concorrenza.

PIANO NAZIONALE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI (PNACC)
II Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) uno
strumento finalizzato all’attuazione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNACC) attraverso l’aggiornamento e la migliore
specificazione dei suoi contenuti ai fini operativi. L’obiettivo principale del Piano di attualizzare il complesso quadro di riferimento conoscitivo nazionale sull’adattamento e di renderlo funzionale ai fini della progettazione di azioni di adattamento ai diversi livelli di governo e nei diversi settori di intervento.
Rispetto alla Strategia, il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti
climatici si configura come uno strumento più operativo, diretto a supportare da un punto di vista conoscitivo le istituzioni nazionali, regionali e locali nella definizione di propri percorsi settoriali e locali di adattamento anche in relazione
alle criticità che le connotano maggiormente.

P
PIANO NAZIONALE INTEGRATO ENERGIA E CLIMA (PNIEC)
Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 è uno strumento fondamentale che segna l’inizio di un importante cambiamento nella politica energetica e ambientale del nostro Paese verso la decarbonizzazione.
Il Piano si struttura in 5 linee d’intervento, che si svilupperanno in maniera integrata: dalla decarbonizzazione all’efficienza e sicurezza energetica, passando attraverso lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della
competitività.
Con questo documento si recepiscono le novità contenute nel Decreto
Legge sul Clima e quelle sugli investimenti per il Green New Deal previste nella Legge di Bilancio 2020.

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PROIEZIONE CLIMATICA
Una proiezione climatica la risposta simulata del sistema climatico a uno scenario di emissioni future o di concentrazione di gas serra e aerosol, generalmente ricavata utilizzando i modelli climatici. Le proiezioni climatiche sono diverse dalle previsioni climatiche per la loro dipendenza
dallo scenario di emissione/concentrazione/forzante radiativo utilizzato, a sua volta basato sulle ipotesi riguardanti, per esempio, i futuri sviluppi socio-economici e tecnologici che potrebbero essere realizzati o no


P
PROTOCOLLO DI KYOTO

Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale per contrastare il
riscaldamento climatico.
Il trattato climatico, di natura volontaria, è stato sottoscritto l’11 dicembre 1997 durante la Conferenza delle parti di Kyoto (la COP3) ma è entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005 grazie dalla ratifica del Protocollo da parte della Russia (che
era avvenuta nel precedente incontro nel Novembre 2004).
Infatti, perché il trattato potesse entrare in vigore era necessario che venisse ratificato da non meno di 55 Nazioni, e che queste stesse Nazioni firmatarie complessivamente rappresentassero non meno del 55% delle emissioni serra globali di origine antropica: un obiettivo raggiunto proprio grazie alla sottoscrizione della Russia. La motivazione della nascita del Protocollo di Kyoto risiedeva nel contrasto al riscaldamento climatico, probabilmente il più grande
e preoccupante problema ambientale dell’era moderna, con le emissioni di
CO2 in atmosfera che sono il principale costituente dell’impronta ecologica
umana.
Il Protocollo di Kyoto impegnava i Paesi sottoscrittori (le Parti) ad una riduzione quantitativa delle proprie emissioni di gas ad effetto serra (ovvero i gas climalteranti, che riscaldano il clima terrestre) rispetto ai propri livelli dinemissione del 1990 (baseline), in percentuale diversa da Stato a Stato: per fare questo le Parti sono tenute a realizzare un sistema nazionale di monitoraggio delle emissioni ed assorbimenti di gas ad effetto serra (lnventario Nazionale delle emissioni e degli assorbimenti dei gas a effetto serra”) da aggiornare annualmente, insieme alla definizione delle misure per la riduzione delle emissioni stesse.

R
RESILIENZA

La resilienza viene definita in molti modi diversi a seconda dell’ambito in cui si utilizzi tale termine. Interessante è la definizione generale e comprensiva data dagli esperti del Resilience Center di Stoccolma (Stockholm Resilience Centre,
Stockholm University) che definiscono la resilienza come “la capacità di un
sistema – sia esso un individuo, una foresta, una città o un’economia – di
affrontare il cambiamento e continuare nel proprio sviluppo.”
La resilienza viene quindi definita genericamente come una modalità attraverso la quale l’uomo e la natura possano utilizzare gli shock subiti per spronare al rinnovamento, a nuovi modi di agire e di pensare.
Il cambiamento climatico è a tutti gli effetti uno shock al quale l’uomo e la natura devono in qualche modo rispondere, per poter continuare nel proprio sviluppo. Per questo motivo, oltre alla generica definizione di resilienza sopra riportata, esistono delle definizioni di resilienza più specificatamente pensate in ottica di cambiamento climatico.
Il Deutsche Gesellschaft fr Internationale Zusammenarbeit (GIZ, 2016) introduce il concetto di resilienza dei sistemi socio-ecologici come “la capacità di un sistema a far fronte a un evento pericoloso o disturbo, rispondendo o riorganizzandosi in modi che ne mantengano la funzione,
l’identità e la struttura essenziale, pur mantenendo la capacità di adattamento, apprendimento e trasformazione” e specifica poi il concetto di resilienza climatica, come “resilienza agli shock e agli stress legati al clima, capacità di sopravvivere, riprendersi e persino prosperare in condizioni climatiche mutevoli.”

RISCHIO
Le potenziali conseguenze laddove sia in gioco qualcosa di valore per l’uomo (inclusi gli stessi esseri umani) e laddove l’esito sia incerto. Il rischio spesso rappresentato come la probabilit del verificarsi di eventi o trend pericolosi, moltiplicata per le conseguenze che si avrebbero se questi eventi si verificassero. Il rapporto WGII AR5 dell’IPCC valuta i rischi correlati al clima.

S
SCENARIO DI EMISSIONE

Rappresentazione plausibile del futuro sviluppo delle emissioni di sostanze che
sono potenzialmente radiativamente attive (per esempio gas serra e aerosol), basata su un insieme coerente di assunzioni sulle forze trainanti (quali sviluppo demografico e socio-economico e cambiamenti tecnologici) e le loro relazioni chiave. Gli scenari di concentrazione, derivati dagli scenari di emissione, sono impiegati come input dei modelli climatici, per calcolare le proiezioni climatiche.

SENDAI FRAMEWORK FOR DISASTER RISK REDUCTION
adottare un quadro conciso, mirato, lungimirante e orientato all’azione post 2015 per la riduzione del rischio di catastrofi; completare la valutazione e la revisione dell’attuazione del Framework Hyogo per l’azione 2005–2015, ovvero costruire la resilienza delle nazioni e delle comunità ai
disastri; considerare l’esperienza acquisita attraverso le strategie regionali e nazionali/delle
diverse istituzioni, i piani redatti per la riduzione del rischio di catastrofi e le raccomandazioni presenti nei diversi accordi regionali relativi all’attuazione del precedente quadro di Hyogo.
Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030 è stato adottato durante la terza Conferenza mondiale delle Nazioni Unite a Sendai, in Giappone. È un importante risultato sostenuto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi in accordo con la richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il Sendai Framework è lo strumento successore dello Hyogo Framework for Action (HFA)
2005-2015 che aveva come obiettivo quello di costruire la resilienza delle nazioni e delle comunità ai disastri.

S
STRATEGIA NAZIONALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE (SNSVS)

La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile disegna una visione di futuro e di sviluppo incentrata sulla sostenibilità, quale valore condiviso e imprescindibile per affrontare le sfide globali del nostro paese. La SNSvS è strutturata in cinque aree, le cosiddette “5P” dell’Agenda 2030: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership. A queste si aggiunge una sesta area dedicata ai vettori per la sostenibilità, elementi necessari per la trasformazione.
In linea con l’art.34 del D. Lgs. 152/2006 e ss. mm. ii, così come modificato dall’art.3 della Legge n.221/2015, la struttura e i contenuti della SNSvS intendono porsi come quadro di riferimento nazionale per i processi di pianificazione, programmazione e valutazione di tipo settoriale e territoriale.
La SNSvS costituisce l’elemento cardine nell’attuazione in Italia dell’Agenda
2030 delle Nazioni Unite, di cui fa propri i 4 principi guida: integrazione,
universalità, inclusione e trasformazione.
Gli ambiti trasversali di azione della SNSvS (la «sesta area»), sono leve
fondamentali per avviare, guidare, gestire e monitorare l’integrazione della sostenibilità nelle politiche, piani e progetti, in linea con il processo trasformativo innescato a livello internazionale dall’Agenda 2030. Tra queste vi sono le istituzioni e le amministrazioni pubbliche per esempio.

SVILUPPO SOSTENIBILE
Lo sviluppo sostenibile è stato definito nel tempo in modi diversi. La sua prima definizione è quella riportata nel rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per
l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Secondo tale definizione, per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di assicurare “il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità
delle generazioni future di realizzare i propri” (Bruntland, 1987).
Sempre all’interno dello stesso rapporto, la sostenibilità viene declinata nelle sue tre componenti, quella economica (capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione), quella
sociale (capacità di garantire condizioni di benessere umano, sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia, condizioni equamente distribuite per classi e genere) e quella ambientale
(capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali).

V
VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)

piani e programmi elaborati per la valutazione e gestione della qualità
dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico,
industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli e che definiscono il quadro di riferimento per
l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione; piani e programmi che potrebbero avere un impatto sulla conservazione di siti al cui interno vivono specie protette da salvaguardare e per i quali quindi si richiede una valutazione d’incidenza ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 357/1999 e s.m.i., recante disposizioni in merito, appunto, alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.
La valutazione ambientale strategica VAS è stata introdotta dal Parlamento
Europeo attraverso la Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.
La VAS è un processo di valutazione integrata e partecipata del possibile
impatto sull’ambiente e sul patrimonio culturale di piani o programmi, al fine di favorire uno sviluppo sostenibile del territorio e proteggere la biodiversità.

VULNERABILITÀ
La propensione o la predisposizione (di un sistema n.d.r.) ad essere influenzato negativamente da un evento esterno. La vulnerabilità comprende una varietà di concetti ed elementi, tra cui la sensitività o suscettibilità al danno e la mancanza di capacità di far fronte ad un evento avverso e adattarsi.

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Il glossario è stato realizzato dal Centro di servizi per il Ponente ligure CENVIS, all’interno del progetto “Strumenti, governance e formazione per la Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici in un’ottica di Sviluppo Sostenibile”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare all’interno del bando per la promozione di progetti di ricerca a supporto dell’attuazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (Bando Snsvs 2).

Sitografia per approfondire:

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Bibliografia essenziale:
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Con scritti e partecipazione di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero e altri

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 





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