[TORINO] PERCHÉ LA QUESTURA DI TORINO LASCIA MIGLIAIA DI PERSONE NOTTE E GIORNO AL FREDDO? ATTIVIAMO LA SOLIDARIETÀ! COMBATTIAMO IL RAZZISMO!

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


Le giornate e le notti particolarmente gelide delle ultime settimane hanno riacceso l’attenzione per l’indecente razzismo istituzionale della Questura Immigrazione di Torino.
Ogni notte – in particolare nelle notti tra il lunedì e il martedì e nelle notti tra il mercoledì e il giovedì – centinaia di migranti sono costretti a passare la notte al freddo per sperare di essere “vincitori della lotteria” del giorno dopo. Sono abitanti di Torino, spesso qui da anni e anni, o dei paesi della cintura. Lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse, disoccupati e disoccupate, precarie, insegnanti in palestra, operai, addetti all’accoglienza, mediatrici, muratori… insomma ogni genere e sorta di persona è costretta a passare diverse notti per strada in corso Verona per ottenere un appuntamento. Solo 50, alle volte 40, sempre più spesso 35 “fortunati” riusciranno ad avere accesso agli uffici della Questura per poter rinnovare il permesso di soggiorno, integrare la loro pratica o ritirare uno tra i tanti documenti che asfissiano perennemente l’esistenza degli immigrati nel nostro paese. Tutti gli altri? Niente, dovranno tornare i giorni seguenti, passare un’altra notte al gelo, magari altre due, altre tre, e sperare di essere tra i primi.

Senza parlare dei tanti casi in cui la Questura semplicemente “rimbalza” le persone in fila da ore e ore chiedendo documentazione inutile, integrazioni non previste dalla legge. Dopo giorni passati al freddo i migranti spesso hanno pochi minuti per perorare al meglio la loro causa, per spiegare perché sono là e cosa devono fare. Se sei ancora più sfortunato può capitare che ti trovi davanti chi non capisce il problema o che non vuol perdere troppo tempo a capirlo; così ti dice di andar via e di ritornare la prossima volta. Solo che la “prossima volta” vuol dire altre notti al freddo, altre notti in fila.

Abbiamo incontrato chi è al quinto tentativo e non è detto che non ci sia di peggio.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Per fare qualche esempio, il “numero 1” della fila che avrebbe avuto accesso nella giornata di martedì pomeriggio scorso, era accampato là davanti dal sabato prima, senza mai muoversi da lì. Il “numero 8” ha dormito là per due notti di fila mangiando solo arance e panini e dormendo su dei cartoni. Tutti gli altri hanno passato lì almeno una notte e un giorno. C’è anche chi – non immaginando che la situazione potesse esser così vergognosa e assurda – si presento là davanti alle 5:00 del mattino chiedendo “chi è l’ultimo?” per poi sentirsi dire dalle persone che erano già lì a “dormire” che tanto valeva andarsene: era inutile aspettare perché non riuscirà mai a farsi ricevere dalla Questura con sole 9 ore di attesa sulle spalle. Evidentemente – all’interno dell’orizzonte del razzismo che pervade le nostre istituzioni – ci vuole una dose di sofferenza maggiore tra i requisiti necessari per ottenere il permesso di soggiorno. Così ci sono lavoratori e non costretti a diventare per diverse notti dei senza fissa dimora; uomini e donne in Italia da anni obbligati a non andare a lavoro per giorni per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno; mariti e mogli esausti a darsi il cambio in piena notte tra la casa e la coda per non lasciare da soli i figli o per accompagnarli poi a scuola.

Un altro tema è quello del lavoro. Tantissimi migranti ci hanno raccontato che i datori di lavoro non credono sia possibile che una persona per rinnovare il permesso di soggiorno debba passare 24 o 48 ore in fila in ostaggio. I padroni più arroganti, menefreghisti e meno consapevoli pensano siano solo scuse per non andare a lavoro. Minacciano il licenziamento alla prossima assenza. E molti il lavoro lo hanno perso davvero; costretti comunque risolvere, almeno temporaneamente, il ricatto del permesso di soggiorno in un modo o nell’altro.

E chi riesce ad entrare, a spiegare perché è lì (nonostante il clima a dir poco respingente ed ostile), non torna certo a casa con il permesso di soggiorno, ma al massimo un altro appuntamento, quindi una successiva data per un’altra giornata “persa” ad integrare una pratica con un documento inutile (o che comunque potrebbe essere inviato via mail); oppure “sprecata” per lasciare per la centesima volta le impronte. Per fare un esempio, chi ha avuto la fortuna di esser ricevuto la settimana scorsa ha ricevuto appuntamento per marzo. Poi, se si è fortunati, da quel momento si aspetterà per mesi l’emissione del permesso di soggiorno. Sopra il permesso ci sarà una data di scadenza. Così, dopo pochi mesi o qualche anno, bisognerà tornare a preoccuparsi di avere tutte le carte in regola, di non litigare con il padrone di casa o far incazzare il capo a lavoro e magari rischiare così di trovarsi senza i requisiti per il rinnovo. Quindi mettersi di nuovo in fila per notti e giorni, per posticipare ancora un po’ più avanti il feroce ricatto della scadenza del permesso di soggiorno. E poi così di nuovo.

Vogliamo essere chiari, noi non pensiamo che questa situazione sia un “effetto collaterale” della mancanza di personale, della disorganizzazione degli uffici o del numero di permessi di soggiorno da rinnovare. Non pensiamo sia un malfunzionamento. Per i nostri governi l’Ufficio Immigrazione deve funzionare proprio così, come uno degli ingranaggi del fiaccante percorso ad ostacoli nel quale sono intrappolati gli immigrati. E così migliaia di persone “sprecano” parte della loro vita non per stare bene, passare il tempo con i propri amici, leggere, scrivere, lavorare, informarsi, partecipare, vivere, ma in fila per i loro documenti, sotto il ricatto che vada tutto bene e che riescano a parlare, a farsi capire, a ottenere un appuntamento e poi – dopo mesi – un permesso di soggiorno valido per un altro po’ di tempo.

Migliaia di abitanti del nostro paese, migliaia di cittadini della nostra città, migliaia di nostri colleghi di lavoro, migliaia di nostri vicini di casa, subiscono tutto questo. Il razzismo istituzionale vuole che passino vite in attesa, sotto ricatto, in fila, in soggezione, subendo la discrezionalità di chi in divisa determina la possibilità di accesso o meno ai propri diritti.

Come Potere al Popolo siamo stati tra i promotori della catena di solidarietà che si è attivata in queste settimane. Decine di persone stanno andando di fronte all’Ufficio Immigrazione di Corso Verona a portare thè caldo, qualche coperta, tanta indignazione e la propria solidarietà. Non è la prima volta che avviene e non siamo certo i primi a denunciare la situazione, ma vogliamo aggiungere la nostra voce, i nostri spazi e le nostre energie per cercare di sostenere chi vede violati i propri diritti.

Sappiamo bene che il thè caldo e le coperte non bastano. Pensiamo che il permesso di soggiorno sia uno strumento di ricatto e sosteniamo ogni battaglia tesa all’abolizione del permesso di soggiorno o eventualmente alla sua estensione come diritto garantito a tutte e tutti.
Nel contempo, dobbiamo cercare di spezzare il legame tra permesso di soggiorno e apparati repressivi dello Stato. È inaccettabile che la gestione e l’emissione del permesso di soggiorno sia affidata a chi si occupa di ordine pubblico! Senza contare come tali istituzioni e le forze dell’ordine siano in maniera evidente uno degli apparati statali più inquinato dal razzismo e dalla tendenza agli abusi contro i migranti. Come può essere proprio tale pezzo di Stato quello dedicato alla gestione dei permessi di soggiorno? In tal senso – ferma restando la centralità della battaglia per il superamento del permesso di soggiorno – sosteniamo tutte le battaglie tese alla civilizzazione della procedura di ottenimento del permesso, a strappare dalle mani della polizia e degli apparati di repressione la possibilità di concedere o meno i diritti ad esso connesso.

Infine, pensiamo che le responsabilità siano a tutti i livelli. Ci chiediamo come possa il Comune di Torino accettare che migliaia di suoi cittadini siano costretti a passare la notte al freddo per accedere ai propri diritti. Garantire strutture e strumenti che rendano meno dura la situazione là fuori (bagni, stufe, cibo caldo, tendo-strutture…) sono certamente dei palliativi. Ma non fare nemmeno questo è uno schifo. Anche rispetto alla civilizzazione del permesso di soggiorno, pensiamo che le istituzioni locali potrebbero fare molto di più. A macchia di leopardo compaiono dichiarazione d’intenti e proclamazioni a favor di telecamera che vanno in tal senso, ma nulla di concreto è stato fatto perché si facciano passi avanti. Il governo della nostra città è espressione di uno dei partiti che più si è reso responsabile dell’inseguimento delle parole d’ordine della destra sul tema immigrazione. Questa ci sembra essere una delle spiegazioni della sostanziale immobilità – anche a livello locale – nel risolvere la situazione di corso Verona e nel tentare di impedire che tanti abitanti di Torino siano costretti a questo calvario per le strade della nostra città.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

La situazione di corso Verona non è un buco nero. È uno dei “normali” episodi di razzismo istituzionale, coerente con le politiche profondamente razziste e sostanzialmente indistinguibili portate avanti dai partiti di destra e di falsa sinistra. Il legame ricattatorio tra permesso di soggiorno e lavoro, le politiche repressive ai confini, l’accesso differenziale ai diritti per cittadini e migranti, le misure “anti-degrado”, l’utilizzo della detenzione amministrativa contro i migranti (e l’elenco potrebbe continuare per pagine), sono solo alcune delle coordinate profonde che hanno caratterizzato gli interventi e l’azione sul tema immigrazione dei governi nazionali di ogni colore. In tale contesto, costringere i migranti a buttare il loro tempo nelle sabbie mobili fatte di norme burocratico-repressive; addossare sulle loro vite un aggravio di fatica, incertezza e discrezionalità; e infine, “fiaccare” i migranti tenendoli in ostaggio in fila al freddo nel percorso di ottenimento del permesso di soggiorno, non è un malfunzionamento, ma il normale funzionamento del razzismo istituzionale.

Invitiamo singoli e realtà ad essere presenti nelle notti tra lunedì e martedì, e nelle notti tra mercoledì e giovedì di questi mesi più freddi, di fronte all’Ufficio Immigrazione della Questura di corso Verona, per denunciare, documentare, dare sostegno, fare rete, discutere con chi è lì in fila su come poter intervenire e tentare di cambiare le cose.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale