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Capistrello – Il positivo riscontro suscitato dal nostro articolo sulla necessità di riaprire la strada provinciale SP63 pubblicato la scorsa settimana è testimoniato oltre che dalle numerose letture anche dalle telefonate giunte in redazione da componenti di associazioni o semplici cittadini disposti a dare un contributo per tenere alta l’attenzione sul tema.
Ad onor del vero non sono mancate le osservazioni dei contrari, non tanto alla riapertura della strada, quanto addirittura a parlarne. Voci provenienti dal quel mondo ambientalista incline all’ideologia del No a prescindere, che ritiene una vera e propria profanazione del territorio la riattivazione della Simbruina.
Per evitare il classico sterile ping pong fra le opposte tifoserie su un argomento che rappresenta una buona ragione per sollecitare il dibattito pubblico, abbiamo chiesto a un importante studio tecnico che si occupa di progettazioni di grandi infrastrutture, di fornirci un punto di vista basato sull’analisi macro dei dati. Lo studio si è reso disponibile ma solo a patto di non essere citato nell’articolo.
Il primo passo è stato cercare di individuare i punti di forza e di debolezza, le minacce e le opportunità di questo progetto che sicuramente ha un valore simbolico e culturale importante per le comunità che vivono stabilmente a Filettino e Capistrello.
La SP63, una volta riaperta, collegherebbe Abruzzo e Lazio, favorendo la cooperazione economica e culturale tra le aree montane più interne delle due regioni. Inciderebbe sullo sviluppo turistico facilitando l’accesso alle bellezze naturali della zona con ovvie ricadute positive su entrambi i versanti.
Elemento di forza è la riduzione dell’isolamento con ricadute positive sulla qualità della vita dei residenti e un più efficace accesso ai mercati locali, con promozione delle economie agricole e artigianali del territorio.
Fra i punti di debolezza c’è sicuramente il costo elevato dei lavori di ripristino che potrebbero richiedere investimenti significativi per il profilo orografico del territorio piuttosto impervio. Inoltre, dopo la riapertura, la strada richiederà manutenzione, con costi ricorrenti necessari per evitare nuovi problemi.
Altro elemento di minaccia è l’impatto ambientale: I lavori di ripristino potrebbero causare danni temporanei agli ecosistemi locali, se non gestiti adeguatamente. Inoltre la ridotta densità demografica della zona potrebbe limitare l’uso della strada rispetto ai costi sostenuti.
Il progetto potrebbe essere finanziato da fondi regionali e nazionali attraverso piani di sviluppo interregionali o programmi europei per le infrastrutture rurali. La strada potrebbe essere promossa come attrattore turistico grazie al percorso panoramico che offre e ai luoghi di notevole pregio naturalistico che consentirebbe di raggiungere in totale sicurezza.
La SP63 è anche una valida alternativa infrastrutturale. Basti ricordare che solo recentemente è stata riaperta la SR 82. Fino a non più di 8 mesi fa non vi era alcuna possibilità di utilizzare altre arterie stradali in caso di emergenze che avessero obbligato la chiusura della SS690
Di contro, le complessità e le lungaggini amministrative potrebbero ritardare il progetto. Le difficoltà operative legate al dissesto idrogeologico potrebbero scoraggiare l’iniziativa degli stakeholders e ingenerare uno scarso sostegno politico, sia localmente che a livello provinciale e regionale.
Per questo motivo occorrerebbe organizzare campagne di sensibilizzazione. Un tavolo di coordinamento composto da sindaci, associazioni no profit, associazioni di categoria, operatori turistici e enti sovracomunali potrebbe promuovere eventi, incontri con le comunità locali e conferenze stampa per evidenziare l’importanza della SP63.
Sulla base del contesto orografico in cui si snoda la strada già esistente, chiusa però da 15 anni, si può elaborare un piano dei costi considerando che gli interventi riguarderebbero una lunghezza complessiva stimata fra i 15 e i 20 km.
Va inoltre messa in conto l’eventualità di realizzare importanti opere: circa 3-4 km di gallerie artificiali per superare i tratti più soggetti a frane. Muri di contenimento per almeno il 30-40% della lunghezza della strada. Risanamento del manto stradale esistente e opere di drenaggio.
I costi stimati vanno dai 15 ai 45 milioni di euro a seconda che si decida di realizzare o meno gallerie artificiali nei tratti più critici del tracciato. La strada, data la sua natura montana, richiederà interventi costanti di manutenzione per la sicurezza e la funzionalità stimati fra i 400 e gli 800 mila euro all’anno.
Secondo lo Studio che abbiamo interpellato è possibile affrontare un piano finanziario di questo tipo sfruttando programmi come il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) per coprire parte dei costi iniziali e suddividendo i lavori in lotti funzionali per distribuire i costi su più anni.
La riapertura della strada provinciale SP63 avrebbe un impatto economico significativo sul territorio, sia a breve che a lungo termine. La ricaduta a breve si concretizzerebbe con la creazione di posti di lavoro: I lavori di costruzione, la realizzazione di gallerie, dei muri di contenimento e il ripristino della strada, coinvolgerebbero imprese locali e manodopera specializzata.
A ciò si sommerebbe l’indotto economico: i cantieri stimolano l’economia locale, aumentando la domanda di alloggi, ristorazione e altri servizi per i lavoratori impiegati. Inoltre sarebbero coinvolti i fornitori locali: materiali per l’edilizia, asfalto e attrezzature saranno acquistati da imprese locali, incrementando il fatturato delle aziende del territorio.
Le ricadute a medio e lungo termine, dopo la riapertura, si avvertirebbero nell’aumento del flusso turistico: La SP63, una volta ripristinata, migliorerà l’accessibilità alle aree di interesse naturalistico e storico tra Abruzzo e Lazio, attirando un turismo di tipo ambientale. Il territorio, i parchi naturali e i paesi possono beneficiare di maggiore visibilità e affluenza.
Le attività economiche locali, in particolare la filiera agro alimentare, turistica e dell’artigianato, avrebbero ricadute positive con un migliore accesso ai mercati per i produttori locali. Lo stesso dicasi per il commercio e i servizi, con incremento della clientela per negozi, ristoranti, alberghi e altre imprese del territorio.
In buona sostanza la riduzione dell’isolamento e l’integrazione economica generano un aumento delle entrate fiscali locali perché la maggiore attività economica fa aumentare il flusso delle imposte comunali (IMU, TARI, ecc.) e delle entrate indirette, che possono essere reinvestite in infrastrutture e servizi.
Importanti benefici sociali si materializzano attraverso una rinnovata resilienza territoriale che rende più capace la comunità di affrontare le emergenze e garantire continuità economica in caso di eventi critici come terremoti e calamità naturali.
Studi effettuati in aree montane simili forniscono risultati che dicono che ogni euro investito in infrastrutture può generare un ritorno economico fino a 2-3 volte l’investimento, in termini di crescita economica e occupazionale. Ciò vuol dire un incremento del PIL locale del 5-10% negli anni successivi alla riapertura, principalmente grazie al turismo e all’incremento delle attività economiche.
Un’efficace promozione territoriale potrebbe favorire un aumento del traffico turistico del 30-50% nei primi 2-3 anni dopo la riapertura. Il traffico pendolare fra Lazio e Abruzzo, nella zona montana, potrebbe aumentare del 20-30% mentre quello commerciale del 10-15%
A Capistrello ci sarebbe una maggiore affluenza di visitatori e pendolari che farebbero del paese un punto strategico per escursioni e visite verso le aree montane e i parchi naturali. Ciò vorrebbe dire potenziale sviluppo di nuove attività turistiche, come B&B, albergo diffuso, noleggio attrezzature outdoor e guide locali.
Ciò si traduce in maggiore attrattività della zona e migliore qualità della vita per famiglie residenti e turisti. Secondo gli esperti che abbiamo coinvolto in questo ragionamento i benefici per Capistrello si tradurrebbero in un incremento del fatturato per commercio e turismo di 2-3 milioni di euro l’anno.
L’analisi proposta si basa su casi concreti del tutto simili, come la riapertura o il ripristino di strade montane o interregionali che hanno portato benefici significativi alle comunità locali.
Per esempio la Strada Provinciale 12 del Passo Gavia in Lombardia che riguardava il ripristino e la messa in sicurezza della strada montana che collega Ponte di Legno (BS) a Santa Caterina Valfurva (SO), con interventi su gallerie artificiali e muri di contenimento.
Dopo la riapertura della strada c’è stato un significativo incremento del turismo sportivo, soprattutto ciclistico, con eventi come il Giro d’Italia. Sono state valorizzate le località alpine circostanti, favorendo lo sviluppo di strutture ricettive. Il tutto si è tradotto in maggiore sicurezza per residenti e turisti, con una riduzione degli incidenti dovuti a frane e maltempo.
Altro esempio è la Strada Provinciale 65 della Futa, fra Toscana e Emilia Romagna. Un progetto di messa in sicurezza e adeguamento della storica strada appenninica tra Firenze e Bologna con la costruzione di nuovi muri di contenimento e opere di drenaggio.
Anche in questo caso la strada è diventata meta di appassionati di mototurismo e storia. da ciò sono scaturite maggiori opportunità per le attività locali, come agriturismi e ristoranti. Inoltre, riconnettere le aree montane fra le due regioni ha favorito gli scambi commerciali di quelle zone.
Terzo caso di successo è la Strada Provinciale 63 della Cisa sempre fra Emilia Romagna e Toscana con interventi volti a garantire la percorribilità della strada attraverso opere di manutenzione straordinaria e il consolidamento di tratti franosi.
I vantaggi apportati hanno riguardato le economie locali attraverso una maggiore accessibilità ai borghi storici. Un aumento del numero delle attività turistiche legate alla natura e alla gastronomia e la riduzione del traffico su strade alternative con miglioramento della mobilità sostenibile.
In definitiva, la valorizzazione e la riattivazione delle strade montane o panoramiche, porta sempre a un incremento significativo del turismo. Le comunità locali traggono vantaggio da una maggiore accessibilità e da nuove opportunità commerciali. I lavori migliorano la sicurezza stradale, riducendo il rischio di incidenti e l’isolamento in caso di emergenze.
Questi progetti, se ben gestiti, attivano un circolo virtuoso di crescita economica e una maggiore attrattività del territorio. La SP63 potrebbe seguire lo stesso percorso, diventando un esempio positivo di infrastruttura strategica per la connessione e lo sviluppo territoriale. Ma i primi a crederci devono essere coloro che i territori li vivono quotidianamente, a partire dalle istituzioni locali.
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