I problemi sul territorio ravennate ci sono, ma per fortuna non mancano le energie per risolverli e il primo passo è lavorare tutti insieme, mettendo ciascuno a disposizione le proprie competenze. È questa, in sintesi, la “ricetta” del nuovo prefetto di Ravenna, Raffaele Ricciardi, per risolvere le criticità che affliggono il territorio provinciale. Se i danni provocati dall’alluvione sono “impressionanti”, la gente romagnola non è a corto di pregi, primo fra tutti la volontà di lavorare e di farlo in squadra. E se da un lato le statistiche sulla criminalità, per il capo della Prefettura, andrebbero “lette e analizzate”, la gestione delle emergenze, sia per le alluvioni che per l’accoglienza dei migranti, è stata impeccabile.
A poco più di un mese dal suo insediamento in città, Ricciardi fa il punto sulla situazione della provincia. Sono partiti gli incontri con le istituzioni del territorio per ricavare le segnalazioni delle problematiche più urgenti e, allo stesso tempo, è iniziata l’analisi delle soluzioni da adottare per affrontare ogni criticità. Il prefetto ha risposto alle domande di RavennaToday su alcune delle tematiche centrali per il nostro territorio.
Ormai in carica da un mese, che idea si è fatto della città e della provincia?
Ho trovato una città, una provincia e un territorio dove le cose si fanno tutti assieme. Questo mi è balzato immediatamente agli occhi da quando sono qui e mentre approfondisco ogni singola tematica in tutte le realtà che sto conoscendo. C’è una concezione di condivisione radicata nel territorio, dove ognuno fa la propria parte per quanto gli consentono le proprie competenze o capacità. Sapere chi fa cosa consente di evitare sovrapposizioni. Questa è una tradizione dell’Emilia Romagna, che ben conosco e dove ho lavorato anche in passato.
Quali sono le principali criticità da affrontare?
Sicuramente il dato più emergente è quello della Protezione civile. Mercoledì ho partecipato al sopralluogo a Traversara e nelle zone alluvionate di Bagnacavallo. Quello che ho trovato è impressionante. Le immagini delle case sventrate mi hanno fatto pensare a ciò che avevo visto in Bosnia, dove però le abitazioni erano state colpite da bombe e proiettili. Nonostante la tragedia, c’è però una grande dignità e la volontà da parte di tutti di rimboccarsi le maniche. Non si aspetta che arrivi un aiuto dall’alto a risolvere i problemi. Li dobbiamo risolvere tutti assieme, e la disponibilità c’è. L’impegno di tutti, come detto dal presidente de Pascale all’incontro dei giorni scorsi a Bologna con il commissario Curcio, deve essere quello di rimettere a posto questo territorio. Venerdì scorso (10 gennaio, ndr) ho avuto il primo di due incontri specifici con i sindaci di tutti i comuni, sul tema della Protezione civile. In questi appuntamenti ascolto le situazioni specifiche di ogni comune. Nei territori di collina c’è il problema delle frane, poi ci sono i ponti ferroviari, i canali. Faremo poi un incontro analogo su ordine e sicurezza pubblica.
Dopo nemmeno una settimana dal suo insediamento, ha invece affrontato il primo sbarco di migranti. Come trova la macchina organizzativa ravennate su questo aspetto e quali passi in avanti si possono compiere?
La macchina funziona perfettamente. Lo ha dimostrato nel corso dell’ultimo sbarco. Nonostante il numero elevato di persone da accogliere (erano 163 e fra loro c’erano un neonato e una donna incinta, ndr), siamo riusciti a gestirla. Basti pensare che le prime persone sono sbarcate attorno alle 12 e le ultime sono poi partite da Pala De Andrè al termine dei controlli dopo nemmeno dodici ore. Ciò significa che il sistema funziona. Il mio predecessore De Rosa aveva messo su un sistema funzionante grazie all’impegno di tutti, pubblico e privato. Qui la famosa sussidiarietà si declina nel territorio. Ognuno fa la propria parte per ottenere il risultato. Anche la gestione dell’alluvione lo ha dimostrato.
C’è spesso il problema della disponibilità di uno scalo adatto, soprattutto quando il terminal crociere è impegnato nel corso della stagione estiva. Non sarebbe auspicabile creare uno spazio ad hoc, anche per i successivi controlli sanitari e di polizia?
Tutto dipende dal numero di persone che devono essere gestite dal punto di vista sanitario e di polizia. Un certo numero di persone da accogliere richiede un numero diverso di medici, per fare un esempio. Va parametrato il meccanismo di supporto e assistenza a seconda del target. Nel corso dell’ultimo sbarco avevamo molti bambini, in quel caso abbiamo potuto contare su un’associazione che ha intrattenuto i bambini al Pala De Andrè. Il sistema deve essere necessariamente flessibile. Sarebbe sbagliato creare un sistema sovradimensionato o sottodimensionato. Gli spazi e la strutture sul territorio non mancano. Un’eccessiva rigidità potrebbe essere un problema.
Passando al tema della criminalità, a Ravenna resta ancora alto il numero dei furti e si è notato nell’ultimo anno un aumento delle rapine. Cosa si può fare su quest’aspetto per migliorare?
Le statistiche vanno lette e interpretate. Dopo il Covid c’è stata una ripresa di tutte le attività, comprese quelle illecite. Poi va tenuto conto che questo è un territorio con un grandissimo senso civico, dove la gente denuncia anche un semplice furto di bicicletta. Detto questo, qui le forze di polizia sono costantemente impegnate. Anche il corpo della Polizia Locale è molto ben organizzato e può contare su tanti operatori. È evidente che anche in questo valuteremo quelle che sono le segnalazioni dei cittadini e dei sindaci e vedremo di focalizzare l’attenzione sulle maggiori criticità.
Tocchiamo infine il tema delle crisi aziendali sul territorio. Va avanti da due anni (dicembre 2023) la vertenza dell’ex Farmografica a Cervia, mentre in questi giorni si è aggiunta l’annunciata chiusura dello stabilimento Lafert a Fusignano. Si parla di decine di lavoratori a rischio per entrambi i casi. Come si possono muovere le istituzioni per risolvere le situazioni di crisi?
Mai come in questi casi si devono muovere assieme le istituzioni. Pochi giorni fa, ho avuto un incontro con i vertici di Confartigianato, poi con Cna. In entrambe le occasioni è emerso questo: se chiude un’azienda, la conseguenza è che i lavoratori rimangono a casa. Se affrontiamo queste situazioni tutti assieme, il lavoratore può essere utilizzato e formato per entrare in altre aziende del territorio. La singola impresa crea un problema per i singoli lavoratori. La risposta è intervenire tutti assieme e trovare le soluzioni: Camera di commercio, associazioni di categoria e sindacati.
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