«Quell’estate in vespa a Porto Recanati, così ho conosciuto la mia terra: le Marche le porto nel cuore»

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Javier Pablo Lucca

di Maria Cristina Pasquali

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Javier Pablo Lucca è un marchigiano doc. Da anni membro sia della Associazione famiglia marchigiana di Rosario, sia della Federazione marchigiana del Centro Litoral della Repubblica Argentina – Femacel, della quale è ex presidente ed oggi segretario di organizzazione. Infine membro per il terzo mandato del comitato esecutivo dei Marchigiani nel mondo. Lo incontriamo nella sua casa di Rosario, provincia di Santa Fè, dopo aver partecipato insieme ad una puntata del suo famoso  programma “Voce alla radio” in onda da cinque anni alla Cnn Radio Rosario.

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Diva Mugianesi

Come cominciò la storia della sua famiglia marchigiana a Rosario?

«Mia madre si chiamava Diva Mugianesi, emigrata da Chiaravalle. Arrivò per la prima volta in Argentina nel 1950, dopo la guerra, insieme al primo marito Ferruccio Favi in viaggio di nozze. Avevano uno zio emigrato a Rosario. Speravano di fare fortuna guadagnando un po’ di soldi per poi tornare in Italia, nelle Marche, dove Diva aveva lasciato i genitori, Riccardo e Agostina, e la sua cara sorella Dina».

Come andarono le cose?

«Proprio mentre viaggiavano in nave verso l’Argentina, lo zio morí. Mia madre decise di fare base a Perez, il paese dove vivevano altri marchigiani, vicino a Rosario. Ferruccio, il marito, trovò lavoro nelle ferrovie e mia madre aprì un negozio di tessuti. Piano piano e con molto sacrificio riuscirono a risparmiare dei soldi e a farsi casa. Nel frattempo  avevano avuto un figlio, Daniel Ricardo».

diva-mugianesi-2-325x244Rimasero in Argentina?

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«Stavano già programmando di tornare in Italia quando, a causa di una peritonite acuta, Ferruccio morì. In quel momento mamma decise di tornare a Chiaravalle e partì con il figlio Daniel Riccardo per stare vicino alla sorella e alla sua famiglia. Tuttavia in Italia non si trovò bene e, avendo già una casa e un negozio a Perez, si convinse a tornare in Argentina proseguendo la sua vita qua in questo paese. In quel periodo moltissimi marchigiani venivano nella zona di Santa Fè. Mia madre si sentiva a suo agio in un ambiente pieno di marchigiani pertanto continuò con la sua attività commerciale con la tenacia che contraddistingue i nostri marchigiani».

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Diva e Dina Mugianesi

E che successe poi?

«Cominciò poi a ripensare alla sua vita affettiva pensando che doveva dare un padre a Daniel, mio fratello e ad un certo punto incontrò mio padre, Jimmy Nicolin Lucca, che era originario di Udine, nel Friuli e viveva con la sua famiglia a Pérez. I nonni si chiamavano Paolo e Ermelinda, ma della famiglia Lucca a Udine non abbiamo molte notizie. Facevano parte di quei migranti che una volta lasciata l’Italia chiudevano i ponti definitivamente con la loro terra. Tanto è vero che mio padre parlava solo spagnolo. Sua madre invece, che ricordo poco perché io avevo 5 anni, parlava italiano. Invece mia madre, Diva, aveva una sorella, Dina, ad Ancona, con cui aveva dei rapporti. Si scrivevano lettere su lettere anche se ci mettevano anche due mesi ad arrivare e qualche volta faceva una chiamata telefonica che costava tanto».

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Daniel Lucca intento a preparare i vincisgrassi

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Come mai sua madre alla fine continuò a vivere a Rosario?

«Mia madre si trovava bene in questa bella cittadina di Pérez perché c’erano tanti marchigiani. Nel frattempo ero nato io e  quindi si erano trasferiti  in una casa più grande. Mio fratello prendeva il treno per andare a studiare a Rosario. Rosario era una città grande e molto attraente e quindi ad un certo punto decisero di venire ad abitare qui. Mio padre Jimmy lavorava nelle ferrovie e mia madre aprì un altro negozio di vestiario».

E quindi aveva messo da parte l’idea di tornare in Italia?

«Diva in realtà non aveva mai smesso di parlare italiano e anche quando parlava spagnolo aveva sempre un accento marchigiano: per esempio non riusciva a pronunciare la “jota” di Javier. Mamma voleva fortemente che io imparassi l’italiano e allora mi mandò alla scuola Dante Alighieri di Rosario. A Rosario già esisteva l’Associazione famiglia marchigiana frequentata da alcuni marchigiani e dai loro figli».

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L’Associazione famiglia marchigiana

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Cosa facevano per continuare la Famiglia marchigiana?

«Per avere una sede, i marchigiani di Rosario comprarono un pezzo di terra su cui fu costruito un palazzo che si chiama “Le Marche” e il costruttore lasciò alla Famiglia marchigiana il primo piano. Questa associazione ha oggi 58 anni di vita. Mamma frequentava l’associazione dove si cucinava marchigiano, si parlava marchigiano e si facevano attività culturali riguardanti le Marche.  In quel periodo i miei genitori dovevano pensare ad andare avanti e fare studiare i figli quindi mamma non andava più in Italia».

Come si manteneva in contatto con la sua famiglia marchigiana?

«Solo per lettera. Zia Dina, nel frattempo si era sposata con Guerrino ed aveva due figli, Moira e Massimo. Io domandavo sempre a mamma come sono le Marche e lei mi diceva che erano belle che c’erano tutti i tipi di paesaggi, fabbriche animali, monti, colline e mare e la gente meravigliosa e di lavoro».

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Marchigiani nel mondo

Quale fu il suo primo viaggio nelle Marche?

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«Io desideravo molto andarci ma non si poteva fino a quando, nell’ ’84, il Consolato Italiano offrì ad alcuni studenti, che parlavano bene la lingua e conoscevano un po’ di cultura italiana, l’opportunità di fare un viaggio nella loro terra di origine d’estate. Mia zia e mio zio nelle Marche ovviamente mi aspettavano tantissimo. Zia era uguale a mamma solo un po’ più in carne. Zio Guerrino mi raccontava tutto della sua vita e anche con le lacrime agli occhi: per esempio, quando mi parlava della sua prigionia con i tedeschi durante la guerra. C’erano i miei cugini Monia e Massimo che avevano la mia stessa età e con loro uscivamo ed andavamo in spiaggia. Mi portarono prima a Senigallia poi a Porto Recanati. Andavamo con la Vespa, eravamo molto felici. Mia madre era molto contenta e qualche volta chiamava con telefono che però all’epoca era molto caro e da Rosario bisognava andare alla centrale e aspettare anche un’ora l’appuntamento. Era molto complicato telefonare. Da quel momento ho capito cosa erano le Marche e cosa rappresentavano per mamma e sono entrato sempre più attivamente in contatto nella Famiglia marchigiana di Rosario».

marchigiani-nel-mondoQuali erano le attività nella Famiglia marchigiana di Rosario?

«C’erano i corsi di italiano, feste, ballo marchigiano, coro, qualche conferenza sui personaggi delle Marche. Ho cominciato così a prendere parte nel Comitato esecutivo dell’associazione, ricordo sempre al presidente di allora Erugelio Carloni che mi incoraggiava ad intervenire e mi diceva che prima o poi sarebbe toccato a me essere presidente, cosa che successe veramente alcuni anni più tardi. La mia carriera nella marchigianità è venuta di conseguenza. Prima  alla Famiglia marchigiana di Rosario, poi presi parte alla Femacel e finalmente sono arrivato ad essere consigliere della Regione Marche, rappresentando la nostra Federazione  e non ho mai lasciato questo volontariato che mi piace molto».

E sua madre non è più tornata a Chiaravalle?

«Nel 2000 mamma decise di andare a trovare la sorella. È stato molto commovente l’arrivo all’aeroporto dopo 50 anni che non si vedevano. Poi è andata a trovare altri parenti, cugini ed amici un po’ qua un po’ là. L’ha fatto per quasi due mesi restando nelle Marche. Mio padre si arrangiava a farsi capire, ma poi sono tornati in Argentina, anche se era nata una bella amicizia con zio Guerino. Ma non è stata l’ultima volta in Italia, perché siamo tornati con mia moglie Giselle e il  nostro figlio Franco nel 2004 e mamma, tutti a casa di zia. Abbiamo lasciato mamma lì mentre  io e mia moglie giravamo un po’ l’Europa».

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Michele Monti

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Come è venuta l’idea di scrivere un libro?

«Mamma dopo tutti questi ricordi voleva scrivere un libro e lo ha fatto facendosi aiutare da un italiano di Ancona che viveva a Rosario, Michele Monti, scrittore. Per tre mesi si sono incontrati a casa di mamma che gli preparava sempre il mate o il caffè. Il libro si intitola “Diva, con forza dall’Italia all’Argentina”, è stato anche presentato nelle Marche con un bello spettacolo insieme a Marco Santini e Lucia Santini. In conclusione devo dire che mamma ha trascorso una bella vita anche se con momenti difficili in particolare durante la guerra e i bombardamenti, il padre le diceva sempre di mettersi sotto lo stipite della porta per evitare le bombe e infatti durante un bombardamento si salvò per miracolo proprio in questo modo mentre la casa del nonno era andata distrutta e si dovettero tutti trasferire da una zia. Mia madre non si scoraggiava mai e diceva sempre “Avanti sempre avanti perché indietro non si può andare” Io ho ereditato un po’ questa filosofia di mia madre. Lei ricordava sempre  le Marche, in un viaggio ritornò con alcune amiche a trovare la sua sarta a Chiaravalle,  che quando la riconobbe nonostante fosse anziana chiamò tutti i vicini per festeggiare e tutta la strada era piena in pochi secondi».

marco-e-lucia-santiniSua madre si dedicava alle attività della famiglia marchigiana?

«Qui a Rosario mamma aveva molti amici e fra essi  varie coppie di marchigiani che si ritrovavano per cucinare a turno piatti delle Marche; lei sapeva fare i vincisgrassi, c’erano signore che facevano la porchetta. Poi chiacchieravano o ascoltavano musica. Le piaceva molto Jimmy Fontana anche se mi ricordo ascoltavamo pure musica argentina o del Brasile. Mamma era tradizionalista. Teneva molto al valore della famiglia.  Lo ha insegnato anche a noi figli e ogni domenica il pranzo era obbligatorio con tutti i figli mogli e nipoti a casa sua».

Come ha influito tutta questa marchigianità nella sua vita?

«Dopo tutto quello che ho raccontato non potevo non avere un ruolo all’interno delle associazioni. Sono stato presidente della famiglia marchigiana grazie a Carloni che mi spingeva sempre poi sono stato presidente alla Femacel e poi membro del comitato esecutivo, da quattro legislature, dei Marchigiani nel Mondo e spero di continuare a lavorare per far conoscere le Marche ovunque. Insieme agli altri rappresentanti dei Marchigiani nel mondo portiamo avanti progetti con gli incentivi che ci dà la Regione, grazie alla nostra legge regionale. Poche regioni si rendono conto come le Marche della potenzialità delle nostre associazioni nel mondo. Dopo parecchi anni di tutta questa istituzionalità io insieme al mio amico marchigiano Gustavo Sant’Andrea, di Rosario e a Silvia Tamburiello di Ancona, abbiamo pensato di dedicare un’ora alla settimana ad un programma radio che si chiama  “Voce alla radio” e che va in onda ogni sabato alle 10 in Argentina su  Cnn Radio Rosario in italiano. E’ il primo e solo programma in italiano alla Cnn Rosario. Questo programma viene poi rilanciato da tante altre emittenti in giro per il mondo. Si tratta dunque di una bella realtà che porta il mondo delle Marche in giro per tutti i continenti e di questo siamo fieri. Sono contento della mia vita, ringrazio Dio per tante cose e per darmi la possibilità di vivere bene in Argentina insieme a mia moglie Giselle, ai miei figli, Franco e Iara Maria. Questa realtà delle Marche la porterò sempre nel cuore. Sempre avanti perché indietro non si può andare come diceva mamma, questa frase sua rappresenta la tenacia marchigiana, la forza nel lavoro e nella vita».

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Maria Cristina Pasquali e Javier Pablo Lucca a Cnn Rosario





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