Pagelle, consigli agli insegnanti – Focus Scuola

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La consegna delle pagelle, anche se ormai avviene virtualmente, è comunque un momento delicato. Ci si trova ad affrontare la reazione alla valutazione che è stata decisa per ciascuno studente. Soprattutto in caso di voti negativi, le reazioni possono essere molto diverse ma tutte da prendere seriamente in considerazione: c’è chi si arrabbia e magari si sfoga proprio con i docenti; chi si deprime e sembra spegnersi; chi rinuncia e si fa beffe di quelli che ancora ci provano… Per non parlare della reazione dei genitori, che anch’essa spazia dall’indifferenza all’incredulità, al risentimento e alla rabbia, fino ai casi estremi di violenza. Per affrontare questo delicato momento dunque può esserci d’aiuto il consiglio di un esperto come Stefano Rossi, psicopedagogista tra i più noti in Italia.

Far parlare i voti

Il suo consiglio per i bambini e i ragazzi è quello di fare amicizia con i voti, ovvero considerare un brutto voto alla stregua dell’avviso di un buon amico che cerca di farci capire che dobbiamo cambiare strategia.

«Lo stesso consiglio in sostanza vale anche per i docenti -spiega Rossi-. Un buon insegnante non usa un voto che si limita a fotografare una situazione senza suggerire alcuna via d’uscita».

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«Un buon insegnante deve saper trasformare il voto negativo in un trampolino che consenta allo studente di salire più in alto, non in un peso che lo faccia affondare. Un buon voto è quello che aiuta ogni bambino, ogni ragazzo, non solo a conoscere se stesso, ma a scoprire e a trovare nuove risorse. Quindi, per quanto non sia una cosa semplice visto che ogni insegnante ha tanti studenti, sarebbe importante far parlare questi voti in modo tale che le ali dei ragazzi si possano spalancare e non si vadano invece ad atrofizzare, intristendosi e demotivandosi».

Avere negli occhi il loro cuore

Ecco, sarebbe bello e opportuno trovare il tempo per parlare con ogni studente, spiegare i motivi che hanno portato a quella valutazione, suggerire strategie per invertire la rotta e recuperare.

«Intendevo dire che il numero fotografa, la narrazione parla -chiarisce ancora Stefano Rossi-. Affinché il voto sia un trampolino e non una gabbia, è fondamentale spiegarlo con empatia ai nostri bambini e ai nostri ragazzi. Spiegarlo con empatia significa che, se il bambino o anche l’adolescente sente che noi teniamo a lui veramente, non solo accetterà anche un voto non particolarmente brillante, ma sarà desideroso di crescere, di fare meglio».

“Io, per esempio, ho lavorato per tanti anni con ragazzi in abbandono scolastico, ragazzi che già si consideravano falliti e che, in qualche modo, avevano già abbandonato la scuola. L’elemento chiave che in molti casi mi ha permesso di ricostruire sia la loro autostima, sia il loro desiderio sincero di apprendere, fondamentalmente è stato solo uno: l’amore. I bambini e i ragazzi sentono benissimo se noi negli occhi abbiamo il libro o il loro cuore».

«Se noi negli occhi abbiamo il loro cuore, pur con le difficoltà che ogni bambino e ogni ragazzo può incontrare nell’apprendimento, avranno voglia di impegnarsi, avranno voglia di dimostrare a sé stessi e al mondo che ce la possono fare. Purtroppo, i bambini e i ragazzi che in molti casi hanno un rendimento scolastico non sufficiente, sono bambini e ragazzi che, a qualche livello, si considerano già battuti, sconfitti, non all’altezza. Ma i bambini e i ragazzi guardano a sé con gli occhi che li hanno guardati!».

«E allora al di là del voto la vera domanda che deve porsi un insegnante è: lo vedi davvero? Lo porti davvero nel tuo cuore? Tieni a lui veramente? Ecco, questo per me è un voto che parla, questo per me è un voto che diventa trampolino. Perché, se i ragazzi sentono il nostro incoraggiamento, se sentono il nostro cuore dentro di loro, allora trovano il coraggio, la forza e anche il desiderio di fare meglio di quanto hanno fatto fino ad ora».

Comprendere i genitori narcisi

Per quanto riguarda invece l’eventuale colloquio con genitori magari inferociti, Stefano Rossi ammette che il compito del docente non è affatto semplice.

«Non è semplice perché mentre i genitori di ieri volevano un bravo bambino, i genitori di oggi vogliono un figlio performante, vogliono un bambino di luce, vogliono un bambino eccellente. Sempre più i genitori ritengono di avere un figlio superdotato del tutto incompreso».

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«E allora il compito dell’insegnante diventa difficile, perché il genitore narciso dapprima proietta il proprio ego sul figlio, ma poi pretende che anche tutti gli altri riconoscano allo stesso modo la luce che lui stesso sta proiettando sul bambino o sull’adolescente. Di contro, gli insegnanti sono richiamati al compito di rappresentare un principio di realtà».

«È opportuno che i genitori comprendano che spesso gli insegnanti vedono i figli molto più di loro, che vedere i figli in un contesto sociale, relazionale, dà informazioni diverse a chi osserva il bambino o l’adolescente rispetto a quello che può vedere un genitore in casa. Ovviamente qui la sfida è quella della cooperazione, bisogna rimanere insieme, ma io credo, e questo mi sento di dirlo non solo agli insegnanti, ma soprattutto ai genitori, che non dobbiamo avere paura dei voti. Cioè, il voto non è il principio di un trauma. Il voto, come abbiamo detto, è un suggerimento, è un feedback, è un’indicazione».

«Ma se noi pensiamo che un voto possa traumatizzare un figlio, in realtà noi abbiamo già nei nostri occhi la pericolosa immagine che nostro figlio sia estremamente fragile. La realtà porta con sé anche degli spigoli, anche delle asperità, ma asperità e spigoli che fortificano le ali dei nostri ragazzi. Quindi dobbiamo tenere presente che un cattivo voto non porta con sé nulla di traumatico, ma ci chiede (e forse questa è la cosa più difficile dal lato genitoriale) lo sforzo di fermarci, di riflettere e di cercare di capire come aiutare nostro figlio non a essere uno studente perfetto, ma a trovare soddisfazione e realizzazione nell’apprendimento e nello studio a casa».



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