BeBeez ha visto per voi in anteprima, al Cinema Anteo di Milano, Luce, il secondo film di Silvia Luzi e Luca Bellino, che firmano anche il soggetto e la sceneggiatura, interpretato da Marianna Fontana con la voce di Tommaso Ragno, in sala dal 23 gennaio.
Con Barz and Hippo, il film è una produzione Bokeh Film, Stemal Entertainment con Rai Cinema, prodotto da Donatella Palermo. La fotografia è di Jacopo Maria Caramella; il montaggio dei registi; il suono a cura di Paolo Benvenuti e Daniele Sosio; musica di Stefano Grosso e Alessandro Paolini; con il contributo di MIC-DG Cinema e Audiovisivo e il sostegno di Regione Campania e Fondazione Film Commission Regione Campania.
Il film, per il quale è previsto un tour con i registi lungo la Penisola, è un cinema difficile, non per tutti i palati, cupo e scuro a dispetto del titolo. A metà tra il documentario sociale, affresco di un meridione non collocato in modo geografico e specifico, il film è quasi tutto girato in interni, non riconoscibili, e l’analisi psicologica, fotografa il disagio lavorativo soprattutto al femminile, una denuncia che emerge dalle voci delle stesse operaie impiegate in una fabbrica di lavorazione delle pelli, con una mano leggera del regista ma uno sguardo inequivocabile. Nello stesso tempo si intreccia la storia di una ragazza, giovane e convincente interprete, come tutte le altre che recitano loro stesse con una forte spontaneità, e il film assume toni drammatici e onirici a un tempo.
Una trama minimale, senza un vero svolgimento né un epilogo, e una conclusione lasciata aperta allo spettatore, una scelta registica precisa, che recupera, in questa seconda prova, i temi della famiglia, della solitudine affettiva e del precariato, dolente soprattutto al femminile. Interessante il modo in cui è girato, con una telecamera che è sempre puntata sul particolare, sullo scorcio, non didascalica, non estetica; tesa piuttosto a guardare in profondità, a girare intorno a quei visi stanchi, nervosi, esasperati, dal sorriso spesso forzato. I toni sono lividi e la luce, che quando appare è quella del neon, ferisce; il clima è esasperato dai rumori, non solo quelli della catena di montaggio, con lo stridore metallico. Sono il battere contro una porta con rabbia, la musica sempre troppo alta, le voci che gridano per sovrastare i suoni delle macchine. Regna desolazione, disarmonia, anche negli abiti, nei trucchi un po’ sfatti, nel fumo compulsivo, nel disordine delle case, negli incontri spigolosi, dove non c’è ironia ma sarcasmo.
Venendo alla storia, una giovane donna e una voce al telefono, in un sud Italia freddo e montagnoso: un’operaia la cui unica distrazione è la musica, il suo gatto e accompagnare la zia a ballare, in un posto per gente di mezza età che cerca un po’ di distrazione e di rimediare alla vita. La voce di uomo nella quale crede o cerca di riconoscere il padre che vuole trovare o ritrovare, la chiama insistentemente. C’è un crescendo di tensione perché all’inizio si percepisce l’ansia dell’ignoto, di un respiro che si fa affannoso; poi la paura e il fastidio fino a che c’è un’attesa reciproca. Nasce così il piccolo sogno di due solitudini che si trovano e si fanno compagnia tra realtà e finzione, nel quale una linea sottile separa i bisogni dai desideri e l’immaginazione dalla realtà. E la luce? Essa filtra in un gioco di ruoli tra sogno e realtà e forse è solo quella che troviamo dentro di noi, grazie all’immaginazione, perché come dice il film “i desideri sono migliori delle promesse”.
“In Luce“, hanno dichiarato Silvia Luzi e Luca Bellino, “siamo tornati a temi a noi cari come la famiglia e il lavoro, provando a non tradire il nostro pensiero sulla realtà e sull’immagine, le nostre convinzioni sui fragili confini tra vero e falso. Volevamo continuare a raccontare il rapporto con il potere, che sia padre o padrone, quel potere che quando è famiglia ti schiaccia e quando è lavoro ti aliena. Abbiamo provato a farlo attraverso il tumulto di una giovane donna in un contesto che la vuole operaia, ignorante, sottoposta, e che la induce a una scelta malsana alla ricerca di un’assenza e di una voce che diventano vita parallela. Forse inventata, o forse più vera del vero. Il metodo di lavorazione”, hanno aggiunto i due registi, “è quello che amiamo: una sceneggiatura riscritta giorno per giorno, luoghi veri, persone reali, riprese in sequenza, una recitazione che non è più finzione ma messa in scena di se stessi. Luce è per noi una storia di pelle, di voci e fatica, dove tutto è reale ma non tutto è vero”.
Chi sono Silvia Luzi e Luca Bellino
Registi, sceneggiatori e produttori, la loro opera prima, Il Cratere (Crater, 2017), è stata presentata in anteprima alla 74esima Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia (Settimana della Critica, in concorso). Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria al 30° Tokyo Film Festival e numerosi altri premi. Hanno anche diretto documentari pluripremiati, tra i titoli: La Minaccia (The Threat, 2008) e Dell’Arte della Guerra (On The Art Of War, 2012).
a cura di Ilaria Guidantoni
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