le richieste dei lavoratori in sciopero, dai trasporti all’industria

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Per il rinnovo dei contratti scaduti, con l’adeguamento al costo della vita, e per condizioni di lavoro migliori, che rimedino a orari e carichi considerati insostenibili. Ma anche per questioni più settoriali, come la gestione dei bambini disabili che spetta ai collaboratori scolastici o i problemi specifici dell’aeroporto di Venezia. Le prime settimane dell’anno hanno visto la protesta dei lavoratori del trasporto pubblico locale, delle ferrovie e della scuola, oltre che delle tute blu dei metalmeccanici.

È stato un assaggio della massiccia dose di scioperi che proseguiranno tra gennaio e febbraio, con 50 proteste al mese organizzate in particolare dai sindacati autonomi. Del resto, pochi giorni fa il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri ha ricordato che ci sono 6 milioni di lavoratori con il contratto collettivo scaduto: da qui l’urgenza di mettere pressione a governo e imprese, anche se non è escluso un braccio di ferro tra i sindacati e il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, pronto a nuove precettazioni.

Lo stop degli autobus

Per chi usa bus e metro una giornata da segnare in rosso è il 31 gennaio, quando si fermeranno i dipendenti di alcune aziende del trasporto pubblico locale nel Lazio e in Lombardia. È stato invece revocato lo sciopero di 24 ore del gruppo Atm di Milano che era stato annunciato dai Cobas. Ma il 2025 si è già aperto con il primo venerdì nero per i trasporti, settore in cui ricade il 40 per cento degli scioperi, con lo stop del 10 gennaio voluto da Faisa Confail.

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«Mentre il costo della vita schizza alle stelle, con bollette insostenibili e spese quotidiane in aumento, ci troviamo di fronte all’ennesima umiliazione», dice Domenico De Sena, segretario amministrativo della Confail. Il riferimento è all’accordo sottoscritto l’11 dicembre dai sindacati confederali, che «prevede 500 euro per 16 mesi di arretrati e aumenti ridicoli: 60 euro da marzo 2025 e altri 100 euro da agosto 2026. È questo il valore che attribuiscono alla nostra fatica?».

Treni e aerei

Il 21 gennaio sarà invece difficile per i viaggiatori in Puglia, dove è previsto uno sciopero di Ferrovie del Sud Est, che opera nelle province di Bari e Taranto. A questo si aggiunge la protesta nazionale indetta dalla Cub trasporti e da Sgb per il 25 e il 26 gennaio. Il settore ferroviario si era già mobilitato il 10, quando a incrociare le braccia – su invito dei Cobas e di Anlm – è stato il personale addetto alla manutenzione delle infrastrutture.

Le proteste cadono in una fase di lavori intensi sulle tratte ferroviarie e di ritardi quotidiani. «Il tentativo di nascondere quello che sta succedendo ha portato ad attribuirne la responsabilità ai lavori del Pnrr. Ma in realtà l’obiettivo di Rfi è rendere inefficace la manutenzione fatta dai ferrovieri, per giustificare una privatizzazione che permetta ai soliti noti di mettere le mani su un grosso malloppo», è la tesi dell’Assemblea nazionale lavoratori manutenzione Rfi.

Altro giorno critico è stato il 17 gennaio, con scioperi che hanno coinvolto gli aeroporti siciliani, mentre la scorsa settimana si sono astenuti i dipendenti di Sea (gestore degli scali di Linate e Malpensa) e di Airport Handling (che si occupa dell’assistenza a terra) affiliati alla Cub trasporti. «I lavoratori di Sea – si legge in una nota del sindacato – chiedono il rinnovo del contratto nazionale, scaduto da oltre due anni, e la risoluzione di problemi aziendali che vanno dal lavaggio dei dispositivi di protezione alla carenza di personale».

«Sempre di venerdì»

Venerdì 10, 17 e 31 gennaio. È un fatto che gli scioperi cadono frequentemente a ridosso del fine settimana, con quasi la metà delle proteste che si tengono il venerdì o il lunedì (soprattutto per quanto riguarda il Tpl e i treni). Un’abitudine che esaspera i pendolari ma che viene anche usata come arma di propaganda contro i sindacati, descrivendo l’Italia come una terra senza legge dove chi lavora mira solo a prolungare il weekend.

È però sbagliato attribuire la scelta del venerdì alla convinzione che uno sciopero a ridosso del fine settimana garantisca una maggiore partecipazione, sfruttando il fascino del weekend lungo, tanto più che i lavoratori dei trasporti operano anche il sabato e la domenica. In realtà interrompere il servizio di venerdì comporta un aumento dei disagi per chi viaggia e quindi per l’azienda, consentendo ai lavoratori di far valere di più le loro ragioni.

Le tute blu

Tra i contratti scaduti ci sono quelli dei metalmeccanici, con le trattative per il rinnovo del contratto Federmeccanica-Assistal, il più importante della categoria, che si sono interrotte a novembre. La rottura è profonda, hanno denunciato Fim, Fiom e Uilm, perché Confindustria ha presentato una sua piattaforma – alternativa a quella dei sindacati – priva di garanzie per i dipendenti in caso di cambio di appalto e «senza disponibilità a regolamentare i contratti precari tramite la contrattazione nazionale».

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Da qui le proteste del 13, 14 e 15 gennaio, con scioperi e presidi declinati in modo autonomo in diverse province, da Milano e Reggio Emilia fino a Lecce. A incrociare le braccia sono stati anche i lavoratori del settore dell’aerospazio, difesa e sicurezza, che hanno fatto registrare un’adesione molto alta: «Allo stabilimento Leonardo di Pomigliano è stata del 95 per cento, del 100 per cento nei siti del Fusaro e di Nola, del 98 per cento presso l’unità produttiva di Giugliano», dice Biagio Trapani, segretario generale della Fim Napoli.

Sanità in subbuglio

A poche settimane dall’approvazione della manovra e a due mesi dall’ultimo sciopero della sanità, a protestare contro il governo tornano anche i medici. «Le risorse stanziate non bastano, l’aumento di 17 euro al mese è davvero nulla. Così gli stipendi restano tra i più bassi d’Europa, lontani da quelli di Francia e Germania», ha detto Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici. Per questo il 25 gennaio la Fnomceo e i sindacati si incontreranno per concordare uno sciopero della categoria.

Nel frattempo si sono interrotte le trattative per il rinnovo del contratto 2022-24 del comparto Sanità, che interessa oltre 580mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale (tra infermieri, tecnici e personale non medico). La fumata nera è arrivata il 14 gennaio, con i sindacati che all’ultimo si sono divisi e hanno impedito il raggiungimento del quorum per la firma. Il rinnovo porterebbe a un aumento medio mensile di 172 euro, il 6,8 per cento in più rispetto a ora.

«Ma cosa c’entra?»

Lo sciopero del 10 gennaio ha coinvolto anche la scuola, con la mobilitazione del personale docente e Ata iscritto alla Csle. I lavoratori hanno avanzato rivendicazioni a tutto raggio, salariali e di competenze. «Vogliamo un aumento più oneroso degli stipendi, l’abolizione dell’obbligo per i collaboratori scolastici di effettuare cambio di pannolini agli alunni disabili e l’abolizione del decurtamento orario sulle ferie per chi aderisce agli scioperi», recita una nota della Confederazione sindacale lavoratori europei.

Come si vede, gli scioperi delle ultime settimane non includono grandi temi slegati dagli interessi diretti delle singole categorie, che invece sono stati presenti in altre occasioni. Andavano in questa direzione gli scioperi dei mezzi pubblici indetti nel 2024 dal sindacato Usb, la cui piattaforma chiedeva lo stop all’invio di armi in Ucraina, e quello dei Cobas scuola dello scorso febbraio, che esigeva «il blocco immediato del traffico di armi a Israele».

Richieste che forse strappano un sorriso – inevitabile quando si associano le traversie dei trasporti romani a temi di politica internazionale – ma che assumono senso per chi pensa che discriminazioni diverse vanno affrontate in modo unitario, recuperando l’idea di sciopero come lotta comune. «Noi scendiamo in piazza con studenti, movimenti ambientalisti, femministi e no-war. Le nostre richieste si saldano con la lotta per la libertà d’espressione, per i diritti di cittadinanza e contro l’economia di guerra, i cui costi ricadono sulle masse povere», ha scritto Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas.

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