“Detesto avere ragione” dicono i pessimisti che vorrebbero essere ottimisti, ed io sono uno di quelli. Una mia amica insiste a dire che l’umanità avanza verso orizzonti luminosi, verso le magnifiche sorti e progressive vagheggiate da Terenzio Mamiani e amaramente sbeffeggiate da suo cugino Giacomo Leopardi ne “La Ginestra”, il suo meraviglioso quanto sconsolato testamento spirituale.
D’accordo nel mio piccolo col grande recanatese, nel mio libricino “Operette immorali” io avanzo invece una tesi opposta. Il corso della Storia, a mio parere, è paragonabile a quello di un fiume, la cui corrente procede diritta fin quando un ostacolo non la costringe a deviare; ma poi, per grosso che sia l’ostacolo, il flusso torna a correre nel suo alveo. Proprio come quegli ostacoli, rivoluzioni e guerre danno la sensazione di modificare radicalmente il corso degli eventi storici, finché tutto torna alla normalità. Gli esempi sono innumerevoli, dalla rivoluzione inglese che decapitò il re Carlo I per poi incoronarne il figlio, a quella francese, che la testa la tagliò a Luigi XVI ma pochi anni dopo adorò l’imperatore Napoleone, agli anni che hanno seguìto la Seconda Guerra Mondiale, quando è sembrato che finalmente, almeno in Europa occidentale, prevalesse il principio della parità di diritti fra gli esseri umani e della giustizia sociale. Attenuatasi la memoria degli orrori delle due guerre mondiali, anche qui le società stanno ora tornando all’antico, col prevalere dei nazionalismi, degli egoismi e dei diritti del più forte e del più ricco. Un altro esempio, forse più eclatante, è la Cina cosiddetta comunista, ridotta ad arena e campo di battaglia del più sfrenato – e spietato – rampantismo capitalistico.
L’umanità si crede razionale ma si dimostra invece vittima della più elementare delle leggi naturali: la legge del più forte.
L’illusione della democrazia si sta rivelando, appunto, per quello che è: un’illusione. L’umanità si divide in due ben distinte categorie: il branco e il gregge. I pochi che stanno nel branco tendono a comandare e pretendono di fare la storia, e chi sta nel gregge – la stragrande maggioranza, gli ignavi di dantesca memoria – lascia che la storia gli scorra addosso e che i membri del branco facciano i padroni.
Ecco così che i Trump, i Musk, i Netanyahu, gli Orban, i Milei, sono oggi al timone del mondo occidentale e dialogano serenamente con i Putin, gli Xi Jinping, i Lukashenko, i Kim Yong-un del mondo delle dittature; ecco che ideologie e movimenti politici apertamente e dichiaratamente legati al peggiore passato del secolo scorso riconquistano le ribalte politiche e il governo di quegli stessi Paesi – come l’Austria e la Germania – che pure hanno subìto sulla loro pelle le conseguenze di quelle ideologie.
L’Italia, come già con Mussolini, vanta con Berlusconi il non invidiabile primato di aver dato il via a questo mesto riflusso storico, questo presente prologo di un futuro che è un ritorno al passato. Donald Trump e il suo sodale Elon Musk (non a caso tanto ammirati dalle destre italiane) non sono, in fondo, che dei Berlusconi più ricchi e più potenti, ma sul tramontare del XX secolo il primo a capire quanto fosse facile pilotare e dominare il gregge con gli strumenti del più sfacciato populismo è stato l’uomo di Arcore.
Le conseguenze del successo di Mussolini non sono bastate, agli italiani, per condannarne in modo definitivo e irrevocabile la memoria; quanto a Berlusconi, nonostante le condanne penali, gli scandali personali e la fallimentare politica che ha condotto negli anni di potere, ancora il suo partito raccoglie incomprensibili consensi e gli si dedicano strade e aeroporti.
Le greggi amano seguire un capobranco, e così oggi la gente segue i Trump, i Musk, i Netanyahu, gli Orban, i Milei, i Putin, gli Xi Jinping, i Lukashenko, i Kim Yong-un; altri, in Europa, si uniranno presto al clan dei capibranco e le greggi, plaudenti o anche silenti, ma comunque complici, applaudiranno.
Prima o poi, da questo e dall’altro lato dell’Atlantico, le pecore si accorgeranno, come sempre succede, di essersi consegnate a un branco di lupi e beleranno la loro protesta, dicendo “noi non (l’)abbiamo votato”, “non avevamo capito”, “non potevamo sapere”. E non servirà a niente dir loro, come già avvertiva, profetico, Fabrizio De Andrè, “per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”.
Giuseppe Riccardo Festa
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