di Benedetta Capelli
Vedere il mare dopo oltre un anno, andare in bicicletta, cercare nei resti della propria casa un qualcosa che sia un’ancora verso il passato, che non cancelli quanto vissuto prima: una foto, un oggetto che doni speranza per il domani e forza per ricostruire il futuro. Sono tante le immagini che racconta ai media vaticani padre Gabriel Romanelli, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, raggiunto a poche ore dall’inizio del cessate-il-fuoco.
Si può iniziare insomma a tirare un sospiro di sollievo a Gaza?
Sì, senz’altro anche se al momento dell’inizio indicato per il cessate-il-fuoco ancora c’erano sparatorie e bombardamenti, c’era infatti un ritardo nel rilascio dei nomi degli ostaggi però adesso la tregua è fatta. Veramente c’è speranza, le persone incominciano a pensare, a vivere. Qui ci sono diversi rifugiati che vogliono andare verso la loro casa o dove era la loro casa, però fino ad ora non è permesso perché è una zona militare e perché l’esercito si ritirerà piano piano. Alcuni vogliono andare al mare, soprattutto i pescatori, Gaza è sul Mediterraneo, quindi dopo più di un anno hanno il desiderio di vedere il mare. L’autorità israeliana ha spiegato che non ci si può ancora avvicinare al mare per pescare o per nuotare: in tanti volevano nuotare nonostante il freddo. Senz’altro c’è sollievo, le persone incominciano a pensare come fare per ricostruire la casa, per riprendere la loro vita, però ancora c’è incertezza.
Tra poco arriveranno importanti aiuti umanitari, anche di questo c’è grande necessità…
Gaza è veramente distrutta in tutte le strutture, sono poche quelle che sono in piedi e quindi l’aiuto umanitario è necessario, assolutamente necessario. Si aspetta un aiuto umanitario consistente senz’altro di cibo, di buona acqua, di diesel, quello che serve per i generatori e poi per tutto il sistema elettrico. Le persone aspettano già di capire come possono fare per ricostruire le loro case, però quello non è incluso nella prima tappa dell’accordo sul cessate-il-fuoco. Saranno comunque 600 camion al posto di 400 che venivano prima della guerra. Durante la guerra ci sono state giornate in cui non entrava niente e quindi 600 è una buona cifra, non è sufficiente certo, però si spera che la volontà di chi ha accettato la tregua e l’aiuto internazionale si concretizzi per salvare questa popolazione di 2 milioni e 300 mila persone.
Padre Gabriel, ci racconti della vicinanza di Papa Francesco. C’è stata la consueta telefonata che ogni volta il Pontefice le ha fatto per mostrare la sua vicinanza, sabato sera però è stata una telefonata particolare…
È stato molto bello, lui chiama religiosamente alle 8 di qua, alle 7 di Roma e quindi sabato sera ha chiamato. C’era un consistente numero di rifugiati, alcuni tra di loro sono malati, sono prostrati, c’erano bambini piccoli che già stavano dormendo perché fa notte presto e, avendo pochissima luce elettrica, la usiamo per esempio per far funzionare Internet. La sorpresa è stata che una gran parte dei rifugiati è venuta qui per dirgli grazie, grazie per essere sempre con noi, hanno fatto uno striscione con queste parole, l’hanno cantato a Papa Francesco, hanno detto una frase in spagnolo, in arabo, in inglese, in italiano e lui ha risposto che era bello vederli lì e che era contento che stava arrivando la pace a Gaza. Quella frase ha colpito tutti e sappiamo che la tregua, il cessate-il-fuoco non è sinonimo della pace però, come dice Papa Francesco, sta arrivando la pace, è un passo verso la fine di questa guerra e l’inizio di una nuova tappa nella vita della Striscia. Dall’inizio della guerra ha chiamato ogni giorno per pregare, per dare la sua benedizione, per preoccuparsi uno ad uno delle persone di Gaza ed è diventato, come ha detto il Patriarca di Gerusalemme, uno della nostra comunità, un parrocchiano.
Adesso qual è il suo stato d’animo e qual è il suo auspicio per il futuro?
Veramente siamo molto stanchi, molto, perché poi non ci dimentichiamo che la guerra è terribile ovunque, questa guerra è stata terribile e poi quando uno si rilassa arriva la stanchezza. In generale c’è un clima di serenità, ma bisogna pensare giorno dopo giorno, ci sarà tanto da fare e la Chiesa sarà sempre accanto alle persone che hanno bisogno spiritualmente, moralmente, materialmente. Ringraziando il Signore c’è stata la generosità di tante persone e la Chiesa qui a Gaza, per esempio, ha aiutato nel mese scorso 10.000 famiglie, circa 60.000 persone, donando un po’ di verdura, di frutta. Sono 3-4 giorni che stiamo aspettando altri aiuti, inviati dal Patriarcato Latino, dai Cavalieri di Malta, e che sono fermi al valico. Noi continueremo ad aiutare. La scuola l’abbiamo riaperta già da qualche mese, abbiamo salvato l’anno accademico scorso, ‘23-‘24, e abbiamo incominciato l’anno ‘24-‘25, però non possiamo ricevere alunni da fuori, è destinata soltanto a ragazze, bambini e bambini rifugiati. Ma speriamo di riaprire, ricostruire, ci sono diverse strutture della Chiesa pure bombardate, distrutte, però il Signore ci aiuterà e accanto a Lui tantissimi uomini di buona volontà, che ci sono dappertutto e che vogliono anche aiutare a costruire la pace qui a Gaza e in tutta la Terra Santa!
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