Il parroco di Gaza e la frutta in tavola: «Ora ricominciamo a vivere»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 




Palestinesi che camminano tra le macerie di case ed edifici, a Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza – .

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

A Gaza l’inizio della tregua tra Hamas e Israele sta portando segnali di speranza nella vita quotidiana della gente. È quanto si evince dalla testimonianza di padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia, unica chiesa cattolica della Striscia. «La gente è contenta anche se sa che la tregua non è ancora la pace – riferisce il missionario argentino – ma speriamo che sia l’inizio di un cammino di pace e di una fase nuova in Terra Santa, di riconciliazione e giustizia tra palestinesi e israeliani». Tra le novità concrete anche «un silenzio assordante perché ti fa pensare. Non c’era alcun rumore di spari, armi e non c’erano nemmeno droni». E poi anche l’arrivo sulla tavola di frutta e verdura grazie anche alle donazioni del Patriarcato latino di Gerusalemme.

«L’annuncio della tregua è arrivato come una boccata di speranza: non riuscivamo a crederci perché è dall’inizio della guerra che si parla di un cessate il fuoco» spiega il sacerdote verbita argentino, ricordando come l’ultima pausa nei combattimenti c’è stata nel novembre 2023: «Da allora nemmeno un giorno di tregua: per questo c’è molta speranza e gioia, e abbiamo celebrato una Messa di ringraziamento perché sappiamo che milioni di persone, nel mondo hanno pregato per la pace. La tregua non è la pace, ma il primo passo verso di essa anche se si è continuato a combattere fino all’ultimo: come in passato, i giorni prima della tregua sono i peggiori. Speriamo che ora le armi cessino veramente».

Appena sarà possibile, quale sarà la prima necessità da soccorrere? Immagino siano aiuti per i malati e i disabili che accogliete in parrocchia?

L’aiuto veramente serve in ogni genere di cose, ma la priorità certamente è per i feriti gravi e i malati, quelli anziani soprattutto. In questo momento il sistema sanitario è collassato, le persone vivono come in una pandemia perché gli ospedali sono le strutture più distrutta. Ad esempio pochi giorni fa abbiamo inviato all’ospedale anglicano, ancora attivo, una signora anziana che vive letteralmente nella chiesa con due figlie: l’hanno riportata indietro e inviato un infermiere perché l’ospedale è strapieno, non c’è spazio nemmeno per un lettino, nemmeno per terra. La priorità credo sia questa. E poi l’acqua, che non era buona già prima del terribile 7 ottobre: e, anche, la bonifica della terra con migliaia di armi, esplosivo, bombe disperse ci vorrà tempo. Ma l’acqua è una priorità. E poi occorre far arrivare cibo, avere un po’ di varietà per alimentarci: carne, latte, latticini. Da un anno e mezzo non ne abbiamo. Già adesso c’è chi domanda di riavere una casa, ritrovare i parenti, ma il solo fatto di poter uscire per strada senza essere bombardati o colpiti dai cecchini, questo darà molta più serenità nonostante la città di Gaza e tutta la Striscia sono devastate. Sanità, acqua, cibo: e per iniziare serve il gasolio per i trasporti, per i generatori, per produrre energia per i purificatori dell’acqua e per dare ossigeno ai malati.

Avete timore per la vostra sicurezza, come comunità cristiana? C’è il rischio di un ulteriore vuoto di potere nella Striscia, o avete avuto qualche forma di garanzia?

A dire il vero no. Il Signore ci ha protetto in questi 15 mesi dove il pericolo di morte era reale: come sapete, due signore cattoliche sono stati uccise da un cecchino, all’interno del compound e tanti altri sono stati feriti all’interno delle nostre strutture. E nella chiesa greco ortodossa di San Porfirio, diciotto persone sono state uccise. Il pericolo esiste, in particolare a Gaza, ma avendo passato questa guerra, non abbiamo paura. In questa parte del quartiere dove siamo noi, le famiglie sono organizzate nello stile mediorientale: noi abbiamo sempre avuto un eccellente rapporto con loro, un aiuto civile. Tanti dei loro figli sono alunni delle nostre scuole, e già da prima della guerra beneficiavano degli ospedali della Chiesa cattolica. No, non abbiamo paura.

Ma rafforzata la tregua e una volta aperti i valichi, i cristiani tenteranno di uscire da Gaza o vorranno restare?

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Alcuni vorrebbero andarsene e adesso, benché i valichi siano chiusi, stanno riconsiderando questa possibilità. Ma la maggior parte vuole rimanere. Dicono: noi siamo cristiani di Terra Santa, la nostra parrocchia è dedicata alla Santa famiglia perché qui, fuggendo in Egitto, Gesù, Giuseppe e Maria sono passati. Noi, come ha detto il cardinale Pierbattista, saremo accanto alla comunità, ma rispettando la loro libertà come quella di tutti gli altri abitanti di Gaza: due milioni e 300mila abitanti che devono poter sperimentare una vita degna di un essere umano.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link