Il Papa ai sacerdoti: vicini a Dio, vescovo, popolo e preti. Il rischio è di “vaneggiare”

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Il Pontefice incontra la comunità dell’Almo Collegio Capranica e la esorta ad avere cura del rapporto con Dio, con i vescovi e il popolo di Dio e ad esercitare il servizio pastorale con carità, offrendo anche “un piccolo ma prezioso servizio di assistenza a persone bisognose”curate la vostra missione nella Chiesa con uno stile sinodale

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Non “vaneggiare”, cosa che succede quando si trascurano le relazioni fondamentali, le quattro vicinanze: vicinanza con Dio, vicinanza con il vescovo, vicinanza con il popolo, vicinanza tra i sacerdoti. Francesco lo raccomanda a seminaristi, diaconi, presbiteri, alunni e formatori dell’Almo Collegio Capranica, ricevuti in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico oggi, 20 gennaio, vigilia della memoria di Sant’Agnese, patrona del collegio. Il Pontefice propone una riflessione citando un verso del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri, “quello nel quale l’anima di San Tommaso d’Aquino si riferisce all’Ordine dei Predicatori come a un ambiente ‘u’ ben s’impingua se non si vaneggia’: dove ci si nutre bene – letteralmente ‘si ingrassa’, ‘s’impingua’ – se non si gira a vuoto”. Un’affermazione che vale anche per tante comunità e dunque anche per l’Almo Collegio: “ci si può ‘nutrire bene’ se non si smarrisce la strada, ‘vaneggiando'”.

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Un momento dell’udienza

Avere cura della missione ecclesiale

Alla variegata comunità, in cui sono rappresentate trentanove diverse diocesi (ventisei italiane e quattordici non italiane, inclusa un’eparchia della Chiesa Siro-Malabarese) e nella quale “si riflette qualcosa del volto uno e molteplice del santo popolo fedele di Dio”, il Papa raccomanda inoltre di non dimenticare proprio “il santo popolo fedele di Dio, che siamo noi, la Chiesa”, e non dimenticare, come dice la teologia che “è infallibile in credendo”, e chiede anche impegno nella missione ecclesiale.

Abbiate cura della missione alla quale Gesù chiama oggi la Chiesa, in tempi complessi ma sempre raggiunti dalla misericordia divina. Vivete questa missione con lo stile che opportunamente qualifichiamo come “sinodale”.

LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO

Vivere e promuovere il cammino sinodale

Francesco ricorda che il Documento Finale della XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi definisce la sinodalità “un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria, per renderla cioè più capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di Cristo”, ed esorta “calorosamente” a sentirsi “parte di questo cammino e a promuoverlo fin da ora: in Collegio, nelle Università Pontificie dove studiate, nelle parrocchie di Roma, nella Casa di reclusione di Rebibbia, all’Ospedale Bambin Gesù”, luoghi in cui la comunità del Capranica fa esperienza pastorale.

La carità si esprime concretamente

All’almo Collegio, al quale è affidato da oltre un secolo “il servizio liturgico in alcune celebrazioni nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore” e di tanto in tanto coinvolto anche nelle liturgie che vengono celebrate nella Basilica di San Pietro, il Pontefice rivolge, poi, il suo ringraziamento, rimarcando che non c’è liturgia cristiana se ai gesti che vengono compiuti “non corrisponde una vita di fede, speranza, carità”.

La carità si esprime in modo concreto, non con parole, nel vostro Collegio, anche attraverso un piccolo ma prezioso servizio di assistenza a persone bisognose che sanno di poter trovare in voi un sostegno per affrontare con meno fatica il peso della vita. Vi aiuti anche questo servizio a non “vaneggiare”, come avviene quando si perde il contatto con chi si trova in situazioni di marginalità e di disagio.

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La foto di gruppo della comunità del Collegio Capranica con il Papa

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Curare il rapporto con il povero

E c’è da curare, in particolare, il rapporto interpersonale con i poveri, conclude il Papa, perché lì c’è Gesù.

Quando io confesso, domando, quando c’è l’opportunità: “Lei fa elemosina?”. “Sì, sì, la faccio”. “E quando fa l’elemosina, guarda gli occhi della persona e tocca la mano, o butta la moneta e va avanti senza guardare?”. Non è tanto l’elemosina l’importante, ma quel rapporto con il povero, con Gesù povero lì presente”.



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