Tra miliardari, influencer e leader della destra mondiale, la lista dei vip che parteciperanno all’insediamento di Donald Trump è lunga, e ci sarà tra loro Giorgia Meloni. Ci saranno anche il presidente argentino Javier Milei e il vicepresidente cinese Han Zheng. Ma anche i ministri degli esteri di Giappone e India e il leader populista britannico anti-Ue Nigel Farage. Per l’Europa non è stata invitata la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e nessun membro delle istituzioni europee. Non ci sarà l’ungherese Victor Orban mentre ci saranno il leader del partito di estrema destra francese Reconquête, Éric Zemmour, e l’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, appena eletto leader dei conservatori di Ecr. La leader dell’ultradestra tedesca di AfD, Alice Weidel, è stata invitata ma ha fatto sapere di non poter partecipare a causa del fitto programma in vista del voto in Germania del 23 febbraio. Al suo posto invierà il co-leader del partito, Tino Chrupalla.
Alla cerimonia, spostata al chiuso per l’ondata di gelo che si sta abbattendo sugli Stati Uniti, sarà presente – secondo indiscrezioni – anche Mike Pence, il vicepresidente di Trump durante i suoi primi quattro anni. Vi parteciperanno anche Joe e Jill Biden, Hillary e Bill Clinton, George W. e Laura Bush. Barack Obama sarà presente senza la moglie Michelle, che ha deciso di non partecipare. Una scelta controcorrente che soltanto Trump e la consorte Melania hanno fatto prima di lei quando snobbarono l’insediamento di Biden quattro anni fa. Assente anche l’ex speaker Nancy Pelosi, la grande nemica del presidente eletto, colei che ha guidato una Camera che lo ha messo sotto impeachment due volte.
La Silicon Valley sarà schierata in prima fila per Trump. All’insediamento ci sarà l’inseparabile «first buddy» Elon Musk, il fondatore di Amazon Jeff Bezos e gli amministratori delegati di Apple, Google, TikTok, Meta e OpenAI. Un parterre di miliardari che mostra il cambio di rotta intrapreso da Corporate America verso posizioni politiche e sociali più conservatrici in vista dell’arrivo del presidente-eletto.
Mentre il Secret Service rivede i piani di sicurezza dopo l’inatteso cambio di programma dovuto al grande freddo, Washington accoglie anche le proteste anti-Trump. In piazza sono scese già ieri migliaia di persone ma la folla oceanica che invase la città nel 2017 è solo un lontano ricordo. Come ammesso dagli organizzatori la “resistenza” a Trump ha cambiato pelle riflettendo una nuova strategia ma anche una stanchezza dilagante. L’obiettivo delle proteste è, ammette Women’s March, una delle organizzatrici della manifestazione, evitare la «smobilitazione e dare alla gente qualcosa in cui sperare».
Per Giorgia Meloni è stata una decisione soppesata fino all’ultimo. Perché già ci sono stati due incontri, l’agenda è fitta di altri impegni internazionali e le grane interne le imporrebbero di rimanere in Italia. Una su tutte, il rinvio a giudizio della ministra Daniela Santanché sul quale la premier non si è ancora espressa. Ma alla fine ha prevalso il «piacere», come l’ha definito lei stessa in conferenza stampa a inizio anno, di esserci quando Donald Trump giurerà come 47esimo presidente degli Stati Uniti. Non ci sarà invece Matteo Salvini, perché il vicepremier – fanno sapere dal suo partito – resta in Italia a occuparsi delle ferrovie e dei presunti sabotaggi, ma la Lega parteciperà, col capodelegazione a Strasburgo, Paolo Borchia, assieme alla delegazione dei Patrioti europei, guidati dal presidente del gruppo e leader di Vox Santiago Abascal.
La presidente del Consiglio invece si prepara al secondo viaggio negli Usa nel giro di poco più di due settimane, anche per non fare uno sgarbo al tycoon che le aveva rivolto personalmente a Parigi l’invito a partecipare alla cerimonia di insediamento del suo secondo mandato alla Casa Bianca. Che la leader della destra italiana si possa ritagliare un ruolo di “ponte” tra Bruxelles e Washington è cosa che i suoi ripetono fin dall’elezione di novembre. L’esserci sottolineerebbe ancora una volta quel rapporto «privilegiato» tra Italia e Usa, che la premier ha coltivato anche quando alla Casa Bianca c’era il democratico Joe Biden. E renderebbe plastico, si ragiona tra i meloniani, l’intento di essere interlocutore e mediatore tra Usa e Ue. Senza contare, ricordano dal suo inner circle, il riconoscimento che già le ha tributato Trump, che a Mar-a-Lago a inizio gennaio l’ha definita «una donna fantastica» e una leader che «ha preso d’assalto l’Europa».
Di certo la cronaca per il momento racconta che Meloni dovrebbe essere l’unico capo di un governo europeo a partecipare. È possibile, ma non ci sono conferme ufficiali, che anche in questo caso la premier si sia confrontata con Ursula von der Leyen, come ha fatto prima del blitz in Florida (legato in gran parte alle trattative per la liberazione dal carcere iraniano di Evin di Cecilia Sala, avvenuta pochi giorni dopo). Si dovrebbe trattare – per la seconda volta – di un passaggio abbastanza rapido, non più di una notte al massimo, almeno nelle intenzioni. Ma il programma resta riservato, salvo la presenza a Capitol Hill, come è rimasta incerta fino alla tarda sera di venerdì la conferma del viaggio.
A Washington Meloni troverà anche la delegazione di Ecr, il partito dei Conservatori europei che ha guidato fino a metà gennaio, quando al suo posto è stato eletto il polacco Morawiecki. Con il presidente ci saranno i vice, tra cui Carlo Fidanza che è anche il capo delegazione FdI al Parlamento europeo, e il segretario generale di Ecr Antonio Giordano, che già sono negli States e avranno diversi incontri a latere dell’inauguration day con associazioni e think thank dei conservatori Usa. Non mancherà nemmeno il deputato meloniano eletto negli Usa Andrea Di Giuseppe (che è un habitué alla corte di Trump).
Trump: il primo atto da presidente? Le espulsioni di massa
Donald Trump inizia dall’immigrazione, il cavallo di battaglia che gli ha regalato la Casa Bianca nel 2016 e che ha contribuito in modo sostanziale alla sua vittoria contro Kamala Harris. Già domani, nel suo primo giorno alla Casa Bianca, il presidente eletto intende firmare un raffica di decreti esecutivi, circa un centinaio, la maggior parte dei quali dedicati alla stretta sui migranti. Fra questi c’è l’avvio di un’operazione straordinaria a Chicago per rimuovere coloro che sono negli Stati Uniti illegalmente. L’ha ribadito ieri in un’intervista: «Dobbiamo cacciare i criminali dal nostro Paese. Non so come qualcuno possa non essere d’accordo».
«Operation Safeguard» inizierà martedì, all’indomani dell’insediamento, e vi parteciperanno fra i 150 e i 200 agenti federali. La scelta di Chicago non è casuale: colpendola Trump e i suoi uomini vogliono inviare un messaggio chiaro alle altre città democratiche santuario, quelle che proteggono i migranti non aiutando le autorità federali a far rispettare le leggi sull’immigrazione. La polizia di Chicago assicura che «non interverrà e non interferirà con le agenzie governative che svolgono i loro compiti», anche se – ha spiegato il portavoce Don Terry – «non condividerà informazioni con le autorità federali per l’immigrazione».
Nel corso della sua campagna elettorale Trump ha promesso «espulsioni di massa» per i milioni di illegali che vivono negli Stati Uniti. Una promessa che, secondo un sondaggio del New York Times, il 55% degli americani vuole vedere rispettata. E che Tom Homan, lo zar del confine del presidente eletto, ha assicurato che sarà mantenuta con vaste operazioni a livello nazionale, da Los Angeles a New York, non escludendo neanche la separazione delle famiglie.
L’ipotesi proroga per Tik Tok
Nelle sue prime ore alla Casa Bianca, comunque, l’immigrazione non sarà l’unico tema a occupare Trump. La squadra del presidente eletto sta infatti valutando una proroga di 90 giorni per TikTok per evitare il divieto previsto dalla legge. «Se deciderò, lo annuncerò lunedì», ha detto Trump a Nbc, annunciando che alla fine della prossima settimana potrebbe volare a Los Angeles per toccare con mano i danni causati dagli incendi. «Ci sarei andato ieri ma penso sia meglio andarci da presidente. È più appropriato», ha spiegato.
L’app cinese intanto si avvia a entrare nella storia americana come la prima piattaforma online a essere vietata dalla legge. A meno di un intervento dell’ultima ora da parte di Joe Biden, la popolare app usata da 170 milioni di americani si spegne da oggi negli Stati Uniti. Ma lo stop potrebbe essere appunto temporaneo, forse solo di 24 ore: Donald Trump potrebbe infatti sospendere il divieto per 90 giorni già domani, giorno del suo insediamento. Una proroga di 90 giorni «è certamente un’opzione che prenderemo in considerazione. Dobbiamo esaminarla. Se deciderò di farlo, lo annuncerò domani», ha detto il presidente eletto con Nbc. Un’estensione di tre mesi è un’ipotesi consentita dalla legge se si verificano specifiche condizioni. In un appello in extremis all’attuale Casa Bianca, l’app ha chiesto chiarezza: deve assicurare che non attuerà la legge altrimenti «ci oscureremo», ha detto invitando l’amministrazione a dire espressamente come intende muoversi. La legge entra in vigore oggi e la squadra di Biden ha rilasciato dichiarazioni contrastanti. Inizialmente ha infatti detto che il presidente non ha l’autorità per concedere più tempo all’app senza «un piano credibile» per la sua vendita. Successivamente, però, ha precisato che, data la tempistica della legge, la sua «attuazione spetta semplicemente alla prossima amministrazione». Una posizione che, secondo TikTok, non è chiara e non offre alcuna rassicurazione a Apple, Google e agli altri provider, chiamati a rimuovere l’app dai loro negozi online con l’entrata in vigore della norma approvata dal Congresso.
Il divieto di TikTok è uno dei primi temi che Trump affronterà una volta entrato alla Casa Bianca. L’app è stata uno dei temi al centro del colloquio che il tycoon ha avuto con il presidente cinese Xi Jinping, e l’amministratore delegato di TikTok sarà alla cerimonia per l’insediamento di Trump in programma. Una presenza che, secondo molti osservatori, è una prova di forza contro l’amministrazione Biden, con la quale il braccio di ferro va avanti da mesi a suon di azioni legali e ricorsi arrivati fino alla Corte Suprema. I saggi hanno stabilito che la legge può entrare in vigore perché sostenuta dal timore che i dati degli americani raccolti da TikTok, controllata dalla cinese ByteDance, finiscano in mano al governo di Pechino.
Inizialmente favorevole al divieto previsto dalla legge, Trump nel corso dei mesi ha cambiato posizione schierandosi a favore di un salvataggio della app, risultata determinante nella sua vittoria, soprattutto tra i giovani. Una delle strade percorribili per Trump è un ordine esecutivo che consenta a TikTok di continua a operare mentre si cerca un acquirente. Nelle ultime settimane una delle ipotesi emerse era quella di un’acquisizione da parte di Elon
Dazi e protezionismo: Trump col gotha dell’economia alla prova di Davos
Nei primi intensi giorni da presidente, Trump è atteso anche alla prova di Davos, dove da domani si riunisce il gotha dell’economia mondiale e non solo. Il presidente eletto vi interverrà in videocollegamento giovedì e non è escluso che parli di quei dazi che ha promesso in campagna elettorale e che fanno temere una nuova ondata di protezionismo con conseguenze tutte da definire per l’economia globale. Nel mirino delle tariffe di Trump ci sono paesi alleati come il Canada e il Messico, ma anche quelli ritenuti più ostili come la Cina, per la quale non ha escluso dazi al 100%.
Con una squadra ancora da confermare – nessuno dei suoi nominati ha ricevuto ancora il via libera del Senato – , il presidente eletto si appresta da subito ad affrontare anche l’emergenza di un possibile default americano. Per evitare di superare il tetto del debito, la segretaria al Tesoro Janet Yellen ha avvertito che saranno necessarie misure di emergenza a partire da martedì. Trump ha nominato Scott Bessent al Tesoro e, anche se una sua conferma appare scontata, un via libera ufficiale ancora non c’è. Nessuna approvazione neanche per Pete Hegseth, scelto da Trump per guidare quel Pentagono che ha un ruolo cruciale per la guerra in Ucraina e il sostegno a Israele.
Il fronte ucraino
Sul fronte di Kiev il presidente eletto ha assicurato che lavorerà senza sosta per la pace, rinunciando però a dire che risolverà la guerra con la Russia in 24 ore, come ripetuto per mesi. In Medio Oriente la futura amministrazione si troverà a monitorare l’accordo sul cessate il fuoco fra Israele e Hamas, e lavorare a una pace definitiva.
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