Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi ha ricordato esordi e carriera di Antonio Lancioni
PIOMBINO — Antonio Lancioni non va confuso con Remo Lancioni – ultimo superstite di quella squadra che batté la Roma in serie B, vive a San Vincenzo e ha staccato il traguardo delle 94 primavere -, lui è un po’ più giovane, è nato a Piombino il 30 giugno del 1944, coetaneo di Aldo Agroppi. Piombinese di scoglio, ma bandiera del Chieti, perché con i neroverdi ha giocato circa 230 partite dal 1965/66 in poi – assente solo per una stagione in prestito al Genoa – fino al 1974, negli ultimi tre anni anche capitano della squadra in serie C. Resta il fatto che Antonio è piombinese, ha cominciato nello SportingClub di Emo Capanna a 15 anni, con Aldo Agroppi, e ha giocato per due stagioni nella gloriosa Unione Sportiva Piombino. Il suo debutto avviene nella stagione 1962/63 in Prima Categoria – ai tempi era la categoria che veniva subito dopo la serie D – campionato vinto dopo uno spareggio all’Arena Garibaldi di Pisa contro il Castelfiorentino. Fu un campionato molto combattuto, vittoria del proprio girone di un punto sul Casina, poi due finali per la serie D contro il Castelfiorentino, una vinta (0-1 in Val d’Elsa) e una persa (2-5 al Magona), che obbligarono al terzo spareggio in campo neutro, vinto per due a zero con entrambi i gol del cannoniere Profeti. Lancioni è un giovane del vivaio, viene impiegato nel ruolo di stopper per quasi tutte le partite(26 presenze), debuttante insieme al roccioso Edo Topi, terzino destro marcatore. Lancioni viene confermato anche in serie D, stagione 1963/64, una sofferta salvezza dopo gli spareggi contro Lavagnese e Sestri Levante, con la maglia da centromediano marcatore, ben 36 presenze. A fine stagione è ceduto a La Spezia, dove resta un anno, qui viene scoperto da Guido Angelini che lo vuole in Abruzzo. Lancioni chiede consiglio a Franco Cioni (centrocampista nerazzurro) sulla città dove sarebbe dovuto andare a giocare, quest’ultimo gli parla molto bene di Chieti dove aveva disputato alcune stagioni facendosi onore. La scelta di Antonio sarà definitiva. Il primo contratto prevede ingaggio, vitto e alloggio, anche se il padre del giovane calciatore avrebbe preteso qualche vantaggio economico maggiore. Nel 1965/66 inizia l’avventura di Lancioni in serie C con la maglia neroverde, agli ordini di Giosuè Stucchi, ex difensore della Roma, ma non è il solo mister ingaggiato, perché la società cambia diversi allenatori e alla fine retrocede in serie D. Lancioni, il calciatore con più presenze (34), viene dato in prestito al Genoa in serie B per un anno, quindi torna all’ovile dopo una stagione nel campionato Primavera. Antonio gioca in Nazionale Dilettanti, ricorda ancora oggi una trasferta in Inghilterra dopo un mese di preparazione all’Acquacetosa, debutto in amichevole ad Alassio, contro la Germania (partita vinta per 2 reti a una), poi gioca in terra britannica contro Svizzera, Scozia ed Eire. Ma in seguito lo vediamo anche nella rappresentativa di serie C a fianco di campioni come Chinaglia e Wilson che giocavano nell’Internapoli. La vita di Antonio si stabilizza a Chieti quando sposa Mariella, una ragazza del posto, abbandonando definitivamente l’idea di tornare a Piombino. Mariella gestisce il Piccolo Bar di Corso Marruccino, frequentato dai calciatori teatini, ed è tra quei tavoli che s’innamora di Antonio, ormai abruzzese adottivo. Barbara e Luca sono i due figli nati dalla loro unione. Tra l’altro Nedo Sonetti e Aldo Agroppi sono testimoni di nozze, con il primo Antonio ha disputato il campionato di serie D 1963/64 nel Piombino, alternandosi e dandosi man forte sulla linea mediana, anche se Lancioni era un arcigno difensore. Il 21 giugno 1970 si celebra il matrimonio di Antonio Lancioni nella Chiesa del SS. Crocifisso a Chieti Scalo, alla presenza dell’amico Aldo Agroppi, Guido Angelini e Nedo Sonetti. Sono molti i toscani di scoglio che occupano posti importanti nella storia del calcio italiano, a Chieti hanno giocato altri piombinesi della stessa generazione come Franco Cioni ed Enzo Badiani. Dal 1967/68 al 1973/74 per Antonio passano sette stagioni di fila con la maglia del Chieti, negli ultimi tre da capitano, prendendo il posto del compagno di squadra Arturo De Pedri. Lancioni gioca in un Chieti sempre di buon livello, molti campionati di serie C e una sola retrocessione in D (1966), calca il terreno di gioco del vecchio stadio della Civitella (sterrato) ma anche del nuovo impianto del Marruccino, detto anche di Santa Filomena. Le battaglie più esaltanti sono i derby con il Pescara, sempre vinto dal Chieti nelle partite casalinghe, ai tempi di Lancioni, che nel 1968 segna un gol contro i biancazzurri. Lancioni gioca da stopper, il nostro difensore centrale, con la maglia numero 5, marca l’attaccante più pericoloso della squadra avversaria, pur non disdegnando le discese in attacco. È il Chieti del presidentissimo Guido Angelini, indimenticabile per chi ha indossato quella maglia e per tutti i tifosi, anche per il gesto finale di aver donato la società alla città. Adesso lo stadio comunale porta il suo nome. Antonio lascia Chieti nel 1974 – sportivamente ma non come residenza – per andare a giocare poco lontano, nel Francavilla, dove inizia la carriera come tecnico del settore giovanile, curando il vivaio. Da allenatore si fa valere sia nelle giovanili come in Eccellenza abruzzese alla guida di molte società della provincia di Chieti, tra queste l’Ortona, il Guardiagrele e il River. Antonio Lancionivive ancora a Chieti con la sua bella famiglia, città dove è noto anche come assicuratore. Dalle colonne de Il bello di Chieti, Antonio Lancioni fa sapere di essere rimasto esterrefatto dalla notizia della morte di Aldo Agroppi, piombinese come lui, entrambi nati nel 1944 (Aldo in aprile, Antonio a giugno), accomunati dalla passione per il calcio, dalla condivisa gioventù, da una vita vissuta senza mai perdersi di vista. Sempre in contatto, sempre stretti da un legame nato nei primi anni di scuola. Ricorda Lancioni: “Più che grandi amici, eravamo fratelli. Abbiamo frequentato nella stessa classe le elementari, le medie e le commerciali. Poi, sempre insieme, abbiamo fatto i commessi in un negozio di alimentari e in farmacia, i primi calci al pallone li abbiamo dati nello Sporting Club Piombino. Nell’estate del 1961 il Piombino trasferì entrambi al Torino. Lui venne preso, io non superai le visite mediche. Fu allora che le nostre strade calcistiche si divisero. Aldo iniziò la sua carriera separata dalla mia, perché tornai a Piombino, feci l’Eccellenza (in realtà si chiamava Prima Categoria, nda), poi la Quarta Serie (Serie D, nda), infine il passaggio allo Spezia da dove venni al Chieti. Siamo rimasti legati per tutta la vita pur avendo percorso, da una certa età, strade diverse. Dopo aver perso mio fratello Franco, mancato pochi mesi fa, ora è come se mi avesse lasciato un altro fratello. Aldo con la sua simpatia, la sua schiettezza, la sua lealtà, la sua ironia era un personaggio amato da tutti. La scomparsa è una grande perdita. Invio alla famiglia il mio più profondo cordoglio”. E anche noi oggi con questo breve articolo ricordiamo due amici e due grandi calciatori che non devono essere dimenticati.
Le foto sono tratte da Almanacco Naroazzurro di Giovanni Gualersi.
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