A Como l’overtourism si riflette nei prezzi dello Spritz

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Per chi viaggia in Italia, il mix tra Aperol, prosecco e soda, comunemente conosciuto come spritz, è diventato ormai un’esperienza obbligatoria. Il drink, nato originariamente per l’aperitivo, è oggi amato dai turisti, soprattutto americani, che lo portano sulle proprie tavole anche durante i pasti.

Parlando con gli esercenti del lago di Como, il “drink arancione” è sempre il più venduto tra coloro che vengono a visitare il nostro paese. A causa di questo picco di vendite, nella città turistica lombarda (così come in altre mete italiane) è nata una sorta di inflazione dello spritz. Passeggiando per le vie del centro storico è sempre più difficile trovarne uno sotto i cinque euro, e in alcuni locali il prezzo si può triplicare o quadruplicare rispetto a quello standard.

Lo spritz detector

Da qui nasce l’idea di Giovanni Frassi, manager e imprenditore comasco, oltre che responsabile delle soluzioni digitali di Zucchetti Hospitality. Il suo team ha realizzato una web app, Spritzindex, la quale, attraverso una mappa digitale, segnala bar per bar, ristorante per ristorante, il prezzo, per l’appunto, dello Spritz: «Il progetto è frutto di una chiacchierata in un locale», racconta. «Parlavamo di come non fosse più possibile bere un aperitivo senza spendere un sacco di soldi a causa dei prezzi impazziti legati al turismo».

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E così la città di Como diventa il progetto pilota, prendendo spunto dal “Big Mac index”, uno strumento finanziario che stabilisce il costo della vita nelle diverse nazioni in base al costo del panino del McDonalds più conosciuto al mondo. «Abbiamo avuto molta collaborazione dai ristoratori», sottolinea. «Ogni cliente o esercente può compilare il form online e il gioco è fatto».

L’overtourism

L’aumento dei prezzi nel mondo della ristorazione del Comasco è frutto di un fenomeno chiamato overtourism, ovvero un incremento del turismo, solitamente in breve tempo, in maniera sproporzionata rispetto alle possibilità di accoglienza di una determinata località. «Negli anni i prezzi si sono moltiplicati – segnala Frassi –. È cresciuto il turismo di alto livello: sono stati aperti numerosi hotel a cinque stelle. Molti locali si sono convertiti, da luoghi per i residenti ad attrazioni per i turisti».

Il lago di Como è forse l’esempio più lampante di overtourism. La provincia lombarda è sempre stata un punto di riferimento per il turismo di lusso sin dagli anni Sessanta, soprattutto nelle aree intorno al lago. Questo, però, rappresentava solo una nicchia di pubblico, che chiaramente non ha mai inciso sulla qualità della vita dei residenti. La prima svolta è arrivata nel 2002, quando l’attore americano George Clooney acquistò Villa Oleandra a Laglio, un Comune a 20 minuti di auto dalla città. Da allora i primi curiosi, soprattutto americani, hanno iniziato a visitare le sponde del Lario (nome storico del lago).

Negli anni successivi i vip, che hanno acquistato una proprietà sul territorio, sono aumentati esponenzialmente: Robert Pattinson, Lionel Messi, Rupert Murdoch, gli ormai ex Ferragnez. Da mesi anche Taylor Swift, secondo rumor e fonti affidabili, starebbe cercando una villa nel Comasco. Tutto questo ha portato a una vera e propria ondata di turisti da tutto il mondo. Curiosi che vogliono vedere in prima persona dove le celebrità passano l’estate, circondati dal lusso.

I numeri

Esistono anche dei dati. Da quando è stato istituito l’Osservatorio regionale sul turismo di regione Lombardia nel 2019, il numero di visitatori che sono sbarcati nella provincia comasca è aumentato del 13,93 per cento (da 3,8 a 4,4 milioni nel 2023). Sempre secondo il centro, il turista del lago di Como è solitamente «straniero, di età compresa tra i 28 e i 42 anni, alto-spendente».

Tutto ciò ha portato negli anni a dei rincari importanti nel mondo della ristorazione: «Nelle piazze e in riva al lago l’affitto costa di più e questo incide tanto sui prezzi», puntualizza Davide De Ascentis, gestore del Krudo, uno dei locali più noti in centro città. «Per questo puntiamo sulla qualità dei prodotti. Inoltre vogliamo pagare bene i nostri dipendenti, che fanno bene il loro lavoro, per non farli solamente arrivare solo a fine mese. Poi chiaramente c’è anche chi se ne approfitta: prezzi alti ma bassa qualità».

Un altro degli effetti dell’overtourism è la cosiddetta “standardizzazione del cibo”: vengono serviti gli stessi prodotti in tutti i ristoranti, a scapito delle specialità locali: «La pizza e la pasta sono il modo più facile per fare più profitto», spiega. «Una cotoletta lombarda non è comoda: costa di più e ha una preparazione più lunga. Se non hai la pizza o la pasta, a volte capita che i turisti se ne vadano. Ci siamo dovuti un po’ adattare».

E su questo versante, uno dei prodotti più colpiti è il risotto al pesce persico, tipico del lago di Como: «Non è un piatto da mettere fisso nel menù. Quello pescato sul lago di Como non si trova tutte le settimane» racconta Luigi Gandola, chef del ristorante Salice Blu di Bellagio. A volte capita di trovare il piatto anche nelle cucine più prestigiose del Comasco, ma questo, per alcune specifiche ragioni, non è possibile. «I pescatori non possono uscire tutti i giorni, le imbarcazioni di turisti disturbano i pesci e sono più difficili da pescare. Ci sono dei posti dove prima passava una barca alla settimana, ora ne passa una al minuto».

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E quindi perché mai il pesce persico viene servito tutti i giorni in alcuni ristoranti? «Semplice: buona parte del prodotto arriva surgelato dall’Estonia, o se fresco viene dal lago di Bolseno». Questo succede anche con i funghi locali, come il porcino: «Ora i turisti fanno trekking dove una volta crescevano: ora non ce ne sono più».

Un fenomeno diffuso in tutta Italia

Ma il “troppo turismo” non coinvolge solo il lago di Como. In attesa dei dati ufficiali di fine anno, secondo Studio Eurispes, nel 2024 sarebbero arrivate in tutta Italia oltre 215 milioni di persone da tutto il mondo. Solo ad agosto 2024 sono arrivati 40 milioni di stranieri in Italia, con un giro di denaro da più di sei miliardi e mezzo di euro. Solo su Firenze, gli affitti brevi hanno un valore di 2 miliardi, per un gettito di circa 70 milioni di euro di tassa di soggiorno.

Nel 2023 la sola Airbnb ha versato nelle casse comunali della città circa un milione al mese di imposta (14 milioni e 389mila euro) pari a circa il 20 per cento di quanto pagato dai 393 hotel della città. Cifre mostruose, soprattutto considerato che il trend è fortemente in aumento. E i dati, con tutta probabilità, lo confermeranno.

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