I borghi più belli dell’Emilia-Romagna dal mare alla montagna «Un volano per il territorio, dove piccolo è meglio»

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di
Fernando Pellerano

Slow tourism invece di over tourism. E così i numeri di questi centri un tempo ritenuti marginali decollano. Anche in Emilia-Romagna dove si contano, certificati dall’associazione nazionale borghipiubelliditalia.it, ben 58 borghi

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C’è voluta una pandemia per accendere l’interesse e poi l’entusiasmo per i borghi del nostro Belpaese e, quindi, della nostra regione. Natura, silenzio, aria pulita, cibo, artigianato all’insegna dell’autenticità.

Slow tourism invece di over tourism. E così i numeri di questi centri un tempo ritenuti marginali decollano. Due anni fa, appena usciti dal Covid, l’attraversamento turistico dei borghi ha contribuito al Pil con oltre 5 miliardi di euro, grazie a circa 21,5 milioni di pernottamenti e un’affluenza di oltre 8,8 milioni di visitatori, poco meno della metà provenienti dall’estero. Dati che ulteriormente migliorati.




















































I borghi più belli d’Italia

Anche in Emilia Romagna dove si contano, certificati dall’associazione nazionale nata nel 2002 (borghipiubelliditalia.it), ben 58 borghi. Alcuni noti, altri meno. All’inizio dell’anno è arrivato il riconoscimento per Bertinoro che in Romagna si trova in ottima compagnia con un’altra trentina di borghi. Al di là dei sapori della tavola, ci sono sempre delle cose da imparare. Questi luoghi custodiscono tradizioni e storie. A Bertinoro c’è la colonna dell’Ospitalità detta «degli anelli», monumento cittadino del XIV secolo: sulla colonna c’erano 12 anelli, come le famiglie benestanti del paese, e a seconda di dove il viandante attaccava il proprio cavallo diventava ospite della famiglia e della comunità. La fama di questa ospitalità bertinorese è ricordata anche da Dante nel Purgatorio. E così c’è la festa del 5 settembre. Ma c’è anche la leggenda del nome, dato pare dalla principessa Galla Placidia che dopo aver assaggiato un calice di Albana in una semplice brocca disse «sei così buono che bisogna berti in oro». Il vino è diventato Doc un po’ dopo, nel 1967.

Allora — sorvolando sul paesaggio, sulla Rocca e tanto altro — sono questi dettagli, uniti a tanti altri, che rendono sempre unica la visita di questi borghi. In Romagna ce ne sono anche di mare: Bellaria e Borgo San Giuliano Rimini, Cervia, Cesenatico e più a nord Comacchio. Ma è l’entroterra a essere ricchissimo di centro da visitare con il circuito dei Malatesta e del Montefeltro. Si butta l’occhio sulla cartina e non si può sbagliare: da Casteldelci per le escursioni a Talamello per il formaggio di fossa, fino a Sant’Arcangelo di Romagna con il suo Festival di Teatro — perché contano anche gli eventi culturali — o i suoi percorsi sotterranei con le grotte, i granai, le ghiacciaie. Vie di fuga per un fine settimana. A Montegridolfo città dell’olio o a Pennabilli dove in strada si trovano le poesie di Tonino Guerra. Risalendo la via Emilia altre eccellenze, le sculture sul lungo fiume di Santa Sofia alle porte delle Foreste Casentinesi — tutto si tocca, tutto si allarga nell’esplorare — le terme di Castrocaro e Bagno di Romagna, l’architettura razionalista di Predappio, Forlimpopoli con Casa Artusi e il suo ricettario recentemente tradotto in cinese; più la via degli asini di Brisighella, i murales di Dozza (ma anche a Saludecio…), Gualtieri di Ligabue, Busseto di Verdi, Bobbio con il suo Festival cinematografico ideato da Bellocchio. Le pieghe meravigliose da scoprire sono tantissime.

Le sorprese

Disegnando un itinerario personalizzato, da un punto all’altro, è facile imbattersi in altre sorprese: castelli, fortificazioni, pievi e chiesette e poi arrivare in piazze progettate «per stare insieme», dove mangiare, chiacchierare, magari fare musica. Per gli stranieri «l’essenza del vero italian life style». Per noi qualcosa di perduto da ritrovare. Più in generale da valorizzare, salvaguardare e preservare. E magari ripopolare, frenando la fuga dei residenti.

Che però in questa «second life», ravvivata dalla riscoperta del patrimonio storico e di comunità e sostenuta dalle nuove tecnologie — si pensi ai nomadi digitali —, potrebbe rallentare, diminuire. Naturalmente è importante la visibilità di un riconoscimento come quello di borgo d’Italia, ma servono servizi, infrastrutture, collegamenti. Così si può frenare l’abbandono e tenere vivo territorio, tradizioni, conoscenze.

Il festival del turismo responsabile

Tema caro a Itacà, noto festival del turismo responsabile, attento alla ‘sostenibilità’ e al concetto di viaggio, ospitalità e residenza. «Lavoriamo con le reti del territorio, coprogettiamo itinerari ed esperienze con chi lì ci vive, lavoriamo sul potenziale trasformativo dove il turismo è un volano e uno strumento, mentre il fine è lo sviluppo del territorio», racconta Pierluigi Musarò, docente a Unibo di Sociologia e Diritto dell’Economia e membro del comitato scientifico di Itacà che ogni anno organizza decine e decine di eventi esplorativi sul territorio. 

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