L’abbondanza di sciocchezze che generano titoli virali, almeno basandosi sull’esperienza, funge spesso da distrazione. E martedì, Donald Trump ha davvero superato se stesso. Dalle opzioni militari per l’annessione di Panama e Groenlandia, al rinominare il Golfo del Messico, fino alla minaccia di trasformare Gaza in un inferno, nonostante oggi quel luogo martoriato sembri più un resort del Club Méditerranée, il Presidente eletto si è trasformato in un Babbo Natale fuori stagione per i media globali. Titoli a pioggia, prime pagine che si scrivono da sole.
Peccato che tale abbondanza di follia serva spesso a nascondere problemi reali. Per esempio, mentre il magnate si esibiva nel suo spettacolo solista, l’asta dei titoli di stato USA a 10 anni si chiudeva con un rendimento del 4,68%, il più alto dal 2007, necessario per piazzare quel volume di debito che ammonta a oltre 36 trilioni. La Fed sembra avere tutto sotto controllo, preoccupata solo di ridurre ulteriormente i tassi e di manipolare l’inflazione. E attenzione a questo punto. Perché tra una dichiarazione sconcertante e l’altra, Trump ha inserito anche un elemento di verità inquietante, una frase che avrebbe meritato i titoli principali, ma che è stata relegata agli angoli meno visibili del discorso: Stiamo ereditando una situazione economica disastrosa dall’amministrazione precedente, che sta facendo di tutto per complicarla ulteriormente. L’inflazione continua a imperversare e i tassi di interesse sono troppo elevati.
Ora osserviamo questi due grafici che rappresentano un déjà vu allarmante. Il primo grafico mostra il trend dell’indice del dollaro oggi rispetto al periodo immediatamente successivo alla prima elezione di Trump. Anche allora il dollaro era forte, ma poi subì un crollo. Il secondo grafico offre una prospettiva ancora più ampia, ricordando le parole del magnate in gennaio 2017, poco dopo il suo insediamento: Le nostre aziende non possono competere perché la nostra valuta è troppo forte. E ci sta uccidendo. È importante ricordare che l’anno scorso, con l’avvicinarsi delle elezioni, Trump ha descritto così la forza del dollaro nei mercati valutari: Un enorme peso sulle spalle del suo progetto Maga. Trump ha appena dichiarato una guerra valutaria e commerciale, nel caso non fosse chiaro. Ma noi continuiamo a perdere tempo in deliri come un possibile attivazione dell’Articolo V della Nato per un attacco a un territorio di un membro dell’alleanza come la Groenlandia sotto sovranità danese. Eppure, gli USA vogliono che questa follia trovi spazio nel dibattito europeo perché sono interessati a eliminare gli effetti negativi di un dollaro troppo forte sulle esportazioni, sugli utili delle aziende e sull’intero ciclo di crescita economica.
E la stessa logica del dollaro forte si applica ai tassi troppo alti, come esplicitamente citato dal Presidente eletto. Cosa successe nel 2017, dopo quelle dichiarazioni allarmanti di Trump? Il dollaro subì una svalutazione significativa che aprì la strada a uno dei pivot monetari più significativi della storia, accelerando le performance degli asset più rischiosi. Un nuovo Eldorado di leva finanziaria, un rally senza preoccupazioni per il futuro. Un altro déjà vu all’orizzonte? Quasi certamente. E Trump non ha fatto nulla per negarlo. Ha semplicemente piazzato la bomba al centro della cortina fumogena, rendendo estremamente complicato intercettarla e disinnescarla in tempo.
Il problema ulteriore? Lo evidenzia questo grafico. Ieri sono stati pubblicati i dati sugli ordinativi industriali tedeschi di novembre. A fronte di una variazione su base mensile che a ottobre aveva segnato -1,5% e una previsione di -0,3%, il dato attuale è stato del -5,4%.
E non è tutto. Questo crollo deve essere contestualizzato in un ambiente macroeconomico che ha visto l’inflazione tedesca salire a dicembre al 2,6% dal 2,2% precedente. Nonostante ciò, si continua a insistere sulla retorica dannosa del taglio dei tassi. Il grafico è molto chiaro. L’attuale tendenza degli ordinativi industriali tedeschi non si riferisce più al periodo negativo della pandemia, ma a quello della Grande Crisi Finanziaria del 2008. Il 1929 ricaricato. USA e Cina lo sanno. E attendono a bordo fiume. La BCE tace. La Commissione Europea è assente.
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