Vino, in Campania l’alcoltest dimezza i consumi al ristorante: ora una bottiglia si beve in quattro

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di
Gimmo Cuomo

L’impatto delle nuove norme imposte ai guidatori su gestori, agenti e produttori.«Clienti terrorizzati, preferiscono limitarsi a un calice a testa»

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Calano drasticamente i consumi di vino nei ristoranti, in taluni casi risultano più che dimezzati. A poco più di un mese dall’entrata in vigore delle nuove norme sulle conseguenze dell’assunzione di bevande alcoliche prima di mettersi alla guida. Proprio i ristoranti, del resto, rappresentato il sensore più avanzato per cogliere i mutamenti nelle abitudini dei clienti. Il responso è, con qualche eccezione, generalizzato. 

«Già abbiamo avvertito il contraccolpo», ammette Gianni Lotti, il patron di CrudoRe in via Carlo Poerio nel cuore di Chiaia. «I nostri ospiti — confida — non sono rilassati, specialmente se con loro non c’è almeno una persona che si astiene dal bere per poter condurre l’automobile in sicurezza. Ormai il consumo si è dimezzato: se prima una bottiglia si consumava in due, oggi la stessa si consuma in quattro». Lotti traccia anche il profilo del cliente maggiormente penalizzato dalle nuove norme. «È un consumatore evoluto, non incline agli eccessi, di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Ha paura perché ormai nel fine settimana c’è un’auto delle forze dell’ordine fuori a tutti i garage della zona». 




















































Stessa situazione viene riscontrata in un altro locale del centro di Napoli, la Trattoria Medina a pochi passi dal municipio. «Inutile negarlo — rivela il patron Giampaolo Quagliata — la contrazione del consumo di vino si è avvertita, in particolare quello delle bottiglie. Oggi una coppia si limita a ordinare due calici». L’imprenditore non risparmia l’ironia. «In compenso — afferma — si è incrementato il consumo di acqua minerale». Ancora più apocalittico lo scenario descritto da Gianni Piezzo, sommelier di lunghissimo corso, da anni attento gestore dell’ampia cantina della Torre del Saracino di Vico Equense. «Dal 14 dicembre — osserva — si respira un clima di terrore mediatico. La gente è spaventata. Clienti storici, abituati ad aprire bottiglie importanti, sono esitanti, hanno paura. Non è difficile prevedere che la drastica diminuzione dei consumi avrà un’inevitabile ripercussione sul fatturato complessivo». 

In controtendenza l’esperienza raccontata da Puccio Fischetti, comproprietario con i fratelli di Oasis di Vallesaccarda, raggiungibile di solito uscendo sull’A16 (Napoli-Canosa) allo svincolo di Vallata. «Dico la verità — afferma — credo che al di là della comunicazione francamente terroristica, oggi si beve come si beveva prima. Da noi si continua di norma a consumare una bottiglia in due durante il pasto. Magari si evita il superalcolico alla fine. Del resto se non si beve a stomaco vuoto, in questi limiti, non si corre alcun rischio, specialmente se, come spesso accade, alla fine del pranzo o della cena ci si trattiene al ristorante prima di mettersi al volante». 

Tutt’altra zona: la Divina Costiera, meta di turisti di ogni parte del mondo. «Da noi — spiega Antonio Dipino, chef e patron della Caravella di Amalfi — la maggior parte degli ospiti arriva e rientra con le navette degli alberghi o con auto con conducente. Ma per quel 30 per cento di utenti che giunge con auto propria il problema si porrà: difficilmente si continueranno a chiedere bottiglie intere, si opterà per un paio di calici. E poiché il nostro locale si è sempre caratterizzato oltre che per l’0fferta culinaria anche per l’ampia proposta di etichette di alta qualità, qualcuno nella prospettiva di doversi limitare, potrebbe decidere proprio di non venire». 

Ripercorrendo a ritroso la filiera, ecco il pensiero di chi vende vino ai ristoranti. «La questione della riduzione dei consumi — osserva Giuseppe Cimmello, decano degli agenti di commercio — è reale, ma riguarda soprattutto i locali di periferia e di provincia. A Napoli, tutto sommato, ci si può sottrarre al pericolo della sospensione della patente utilizzando i taxi. Non prevedo grossi sconvolgimenti anche a Capri, dove ci si sposta a piedi, o in Costiera amalfitana dove gli alberghi mettono a disposizione servizi di navetta». Per Emanuele Sepe, anch’egli agente, il fenomeno attuale rappresenta un’aggravante della riduzione dei consumi registrata nel corso del 2024. «Già l’anno scorso molti ristoratori mi dicevano che i clienti preferivano bere un calice invece che ordinare l’intera bottiglia. L’inizio del 2025 è caratterizzato da un andamento degli acquisti ancora più lento: c’è una contrazione degli ordini, in molti preferiscono aspettare». Ancora più a monte i produttori. «C’è un calo di vendite concreto», svela Salvatore Avallone, proprietario con la sorella Maria Ida dell’azienda Villa Matilde. «Molti operatori delle ristorazione preferiscono non sovraccaricarsi. Credo che la nuova situazione imponga la gestione di nuove abitudini. Per esempio deve passare l’idea che portare a casa la bottiglia smezzata non rappresenta una vergogna. In questo mi attendo una mano anche dai nostri amici e partner, i ristoratori, che dovrebbero fornire ai clienti tappi e bustine per incentivare l’asporto. Io li lascerei di default sul tavolo».
Non è particolarmente pessimista Rosanna Petruzziello, anima della Cantina I Favati di Cesinali. «I nostri vini — osserva — si collocano in una fascia medio alta. E sono destinati a consumatori consapevoli, che privilegiano l’abbinamento vino-cibo e preferiscono la qualità alla quantità. Certamente chi butta giù una bottiglia tanto per bere, ha problemi oggi ma ne aveva anche prima. Se paragoniamo le norme non notiamo un cambiamento radicale della disciplina. Diciamo che le nuove disposizioni sono state comunicate in maniera più allarmistica».


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